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Il Natale dei clochard della Stazione ferroviaria di Amantea

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A Natale siamo tutti più buoni. Forse. Per questo anziché chiamarli barboni li chiamiamo clochard : é piú elegante. Non si sa chi siano, non si sa da dove vengono.

 

Sono uomini senza famiglia, senza casa, che vivono -se vita è la loro- come possono e dove possono. Finchè vivono.

In questi giorni di freddo intenso, vivono e dormono nell’atrio della stazione ferroviaria.

No, non quella di Milano o di Roma.

No, quella di Amantea, la piccola stazioncina ferroviaria di Amantea.

È l’unica cosa aperta in questa città vanagloriosa e falsa.

Questa città che fa finta di non sapere, se non addirittura chiude gli occhi per non vedere, le orecchie per non sentire, la bocca per non parlare.

Ma la verità è lì davanti a noi.

Una verità terribile, che bisogna dire, che occorre diffondere

Sono italiani, o forse rumeni, o di chissà quale nazionalità. No, non sono neri di pelle, quelli vengono presi in carico dal sistema solidale italiano ed in qualche modo assistiti , nutriti, vestiti, curati .

Questi no, questi sono “altri” e non hanno gli stessi “diritti”

Per loro non scatta la solidarietà umana e statale.

Per loro non esiste comune, chiesa, Croce Rossa, protezione civile , legge, rispetto, amore.

Hanno freddo , un freddo terribile. Li vedi muoversi lentamente. Sono come congelati. Camminano come zombi in viaggio verso la morte.

E forse davvero stanno camminando verso la morte .

Le due stanze con grandi vetrate sono fredde.

E c’è un solo divanetto per non dormire per terra, gli altri dormono per terra, sui cartoni.

No possiamo, né vogliamo mostrarvi le loro foto.

Vi mostriamo però le loro cose.

Stamattina era presente solo uno di loro . Il volto bianco, ghiaccio, tetro, che procedeva lentamente , trascinando due enormi piedi . Era andato ad urinare in quella che fu la vecchia villa della stazione di Amantea dove c’era la grande vasca con i pesci rossi ( che stranamente non ci sono più).

Già, perché nella stazione di Amantea, come abbiamo ripetutamente denunciato i servizi igienici sono chiusi.

E’ uno spettacolo triste da vedere, triste e destabilizzante.

Non sai che fare, vorresti fare qualcosa, ma Dio buono, che cosa?

Li guardi e ti senti in colpa.

Li guardi e ti senti impotente , vergognosamente inadatto.

Un impotenza che diventa parossistica.

Vorresti che la tua città avesse un sistema di solidarietà per i più deboli, per i più fragili, per quelli che davvero, come loro, che nemmeno conosci , sono i più poveri, gli ultimi

Vorresti che la tua città avesse un comune che aprisse una delle sue stanze, riscaldata, arredata con cinque. dieci posti letti ed un cucinotto dove si può riscaldare un po’ di latte.

Vorresti che avesse quelle associazioni di solidarietà, di solito od all’occorrenza tanto vantate, e mostrate nelle loro belle divise, magari durante le processioni

Vorresti che avesse la “caritatis” prima e più che la “caritas” capace di sentire le grida di dolore che emanano dai corpi silenziosi dei “nostri” clochard.

Vorresti che il sentimento comune di umana pietà fosse capace di esorcizzare queste situazioni.

Vorresti avere il coraggio di fare quello che stai pensando di fare.

Ed invece , restiamo inani, scavalchiamo i loro corpi, gettiamo una monetina, quando li vediamo vivi, capaci di guardarci, al più preghiamo una preghiera muta al Signore perché cessi questo terribile freddo.

Sono , forse, l’inevitabile arredo di una società arrivista, “la tragica risacca di una società globalizzata” che ha perso anche la dignità, quella società dove la ricchezza massima si unisce alla povertà massima, dove i “colti” giustificano il pagamento di prebende da 4 milioni di euro di soldi pubblici per due serate del comico che va per la maggiore, quello che meglio interpreta la intera società italiana che si divide tra il finto cattolicesimo ed il finto social-comunismo, mentre milioni di uomini “veri”, non finti , aspettano nelle gelide stanze delle stazioni ferroviarie , nemmeno riscaldate, di morire di freddo.

Come chiedere loro – e poi ha senso- perché si sono ridotti così, si sono abbandonati così, si lasciano morire senza reagire.

E’ il loro atroce destino , scritto da tempo e da altri od hanno semplicemente perso il lavoro e non lo ritrovano? O la loro famiglia ha voltato loro le spalle, come del resto questa società dove nessuno vuol sapere.

Lo dico a me stesso, ma anche a voi. Sono ancora lì, stasera 31 dicembre 2014, pronti a ricevere il nostro aiuto!

Che il 2015 porti loro una diversa attenzione umana

Giuseppe Marchese

Ultima modifica il Giovedì, 01 Gennaio 2015 12:00
Redazione TirrenoNews

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