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Racconta la storia di un senzatetto tra miseria e disperazione, ma non se lo porta a casa!

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Un giornalista sensibile racconta una storia di solitudine e di abbandono di alcuni profughi che vivono su una terrazza che si è trasformata nel rifugio di alcuni senzatetto del quartiere.

Descrive uno scenario fatto di lenzuola, indumenti e materassi accatastati l’uno sull’altro.

Conosce Khaled, un marocchino che da quasi quindici anni si è trasferito in Italia.

Narra della sua vergogna a mostrarsi, del fatto che vive di elemosina e di piccoli lavoretti, quando riesce a trovarne.

Khaled, ha gli occhi stanchi e gli dice di essere tornato da poco, dopo una lunga giornata senza aver guadagnato quasi nulla, mangiando dove e quando può, e senza avere la possibilità di accedere sempre alle mense pubbliche.

Una vicenda strappalacrime, così tanto che un qualsiasi lettore sarà obbligato a chiedersi perché Khaled continui a restare in questa Italia insensibile al suo dramma ( salvo il giornalista, ovviamente) e non ritorni nel suo paese dove SICURAMENTE starebbe meglio, dove avrebbe di che mangiare ogni giorno e dove dormire ogni notte, dove avrebbe la speranza di un futuro roseo e non a certezza di un futuro nero e drammatico come quello che aspetta in quel di Napoli.

Perchè insomma un quotidiano infame e senza futuro e non la sua terra, la sua patria.

Che cosa ha lasciato Khaled per fargli accettare questa condizione impossibile?

E’ venuto qui in Italia pieno di speranze ed ora il ritorno in patria sarebbe una inaccettabile confessione del fallimento ?

Non solo ma in questo tugurio sempre più spesso ci sono“nuovi arrivi”.

E quando sono in parecchi e si ubriacano “urlano e danno fastidio, a volte arrivano anche alle mani”.

Tanto che i condomini, sono stati costretti a rivolgersi alle forze dell’ordine per liberare la zona.

Sgomberi eseguiti puntualmente anche se puntualmente la necessità riporta questi “clochard a occupare nuovamente il posto”.

Poi la reazione delle gang e dei delinquenti del quartiere che li violentano.

Quante sono le situazioni simili in Italia?

E che cosa occorre fare?

Rimpatriare queste persone come faceva l’America agli inizi del novecento?

Chiedere al governo tunisino ed alla famiglia di rimpatriare essi Khaled ?

Chiedere alla Chiesa il minimo della assistenza dovuta?

Assistere a spese dello Stato Khaled e quanti altri a tal punto verranno in Italia?

Far finta di niente, leggere l’articolo e farselo scorrere sulla pelle?

Chiedersi se sia umanamente giusto che i giornalisti che vengono a conoscenza di queste situazioni drammatiche rimangano inerti o chieder loro di adottarne uno per dargli speranza ed amore e non solo parole.

Redazione TirrenoNews

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