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Redazione TirrenoNews

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Siamo tutti innamorati dei luoghi natii. Il che poi significa in via astratta il paese, ed a volte, per le grandi città, il quartiere o la via. E comunque tutti qui luoghi dove siamo cresciuti, dove abbiamo giocato, dove ci siamo innamorati. Il che è certamente un bene, salvo che per il fatto che spesso vediamo i luoghi natii con gli occhi del cuore, il che ci rende difficile vedere il vero, quel vero che viene ammantato dal sogno delle memoria, addolcito dal ricordo di altro che la nuda immagine osservata dai nostri occhi.

E’ un po’ come il volto della persona cara che osserviamo con gli occhi del cuore in luogo di quelli della testa.

Ma amare significa vedere bene la realtà, cogliere se il volto amato presenta segni di sofferenza, tristezza, dolore. Capire quante rughe sono nate dall’ultima volta che abbuiamo guardato intensamente

Una città , un quartiere, un luogo si ama anche segnalando le cose che non vanno. Saremmo cioè ipocriti ed illusi a leggere soltanto con gli occhi del cuore.

Posto così le cose Amantea è una città giovane, in crescita, sorridente, con il viso pulito, l’anima netta, gli occhi splendenti, o, piuttosto, è una città vecchia che mostra i suoi limiti. La mancanza di attenzione da parte della sua gente, cittadini ed amministratori in primis?

Guardate alcune di queste foto e valutate.

Perviene e pubblichiamo il comunicato dei Giovani PD

“Dalle ultime notizie “esplosive” emerse nelle scorse ore in Calabria sui rimborsi “immorali” compiuti da alcuni consiglieri regionali, appare incontrovertibile la necessità di chiarezza da parte di chi oggi si trova nella massima istituzione rappresentativa calabrese.

Come Giovani Democratici della Calabria chiediamo al gruppo del Partito Democratico in seno al Consiglio Regionale di fare chiarezza sui propri bilanci e di renderli pubblici. Se il PD è un partito orientato a rappresentare la parte migliore ed i valori sani della società è ora che dimostri ai calabresi di essere una forza che crede nel perseguire la buona politica. Si tolga da ogni equivoco, perché questa vicenda rappresenta un evidente impasse che rischia di trascinare nel baratro totale la nostra regione, già mal governata da molte stagioni e gravemente sofferente dal punto di vista economico e sociale. Da anni i calabresi assistono a casi di malasanità, falsi invalidi candidati in Parlamento, città invase dai rifiuti, infiltrazioni mafiose e scioglimento di comuni, tra cui quello di Reggio Calabria per "contiguità mafiosa". E dall’altra parte tasse regionali tra le più alte d’Italia ma con servizi inadeguati.

Per tali ragioni chiediamo immediatamente a tutti i consiglieri coinvolti di dimettersi dal Consiglio Regionale dimostrando un minimo di quel “rispetto mancato” nei confronti dei calabresi. Allo stesso tempo, chiediamo al PD Calabria di dare inizio ad un percorso indirizzato a sciogliere il Consiglio Regionale e tornare al più presto alle urne.

Oggi più che mai, appare chiaro, che il Paese e la nostra Regione necessita di una legge capace di regolamentare i finanziamenti ai gruppi consiliari, senza demagogia, ma basata sulla moralità istituzionale, con un tetto massimo di spesa per ogni gruppo consiliare che rispetti la situazione economica reale della Regione. Una legge che assicuri minime risorse solo ai gruppi che producono seriamente politica sui territori, che mobilita l’interesse collettivo, e che definitivamente metta al riparo le stesse anche da ogni tipo di finanziamento dato da “esterni” per tornaconti personali. Si sgombri il campo da ogni equivoco, pubblicando sul web i bilanci dei gruppi in modo dettagliato, ed affidando il controllo degli stessi all’esame incrociato delle commissioni di controllo regionale e della Corte dei Conti. La stagione dei finanziamenti legate al solo motivo d’arricchimento personale deve terminare. Basta rimborsi o agevolazioni inaccettabili e lontane dal proprio mandato istituzionale. Trasparenza, limpidezza, etica e moralità non possono essere calpestate quotidianamente da chi dovrebbe garantire attraverso il potere legislativo una maggiore equità economica e sociale.

La nostra indignazione ed il nostro agire “eticamente sano” lo dobbiamo ai tanti calabresi sconvolti da queste ultime vicende. Una grande ingiustizia avvenuta, tra l’altro, in un momento di crisi finanziaria, di disagio sociale, di difficoltà quotidiana delle famiglie e delle aziende, di disoccupazione dilagante e di pieno smarrimento delle giovani generazioni. Uno strappo ed una ferita al cuore di tutti quei cittadini calabresi che con coraggio combattono nella propria terra natia contro criminalità e diseguaglianze di ogni genere, per dare un futuro ai propri figli o alla propria vita, con sacrifici e credendo nella meritocrazia.

A persone e giovani con competenze, moralità ed etica spetta il compito di rappresentare una Calabria diversa e più giusta. GIOVANI DEMOCRATICI CALABRIA Lamezia 4/4/2013

Contro l’ENI ed in difesa della Gabanelli e della verità.

Giovedì, 04 Aprile 2013 20:15 Pubblicato in Mondo

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota:

“Come si fa per impedire a un giornalista di indagare e permettere ai cittadini di conoscere la verità? Fascismo, stalinismo e logge massoniche avevano i loro metodi coercitivi. Oggi la censura preventiva e l'intimidazione si attuano con espedienti più moderni, e solo apparentemente meno perversi e repressivi. Ad esempio intentando una causa nei confronti di una giornalista e chiedere un risarcimento milionario perché una sua inchiesta ha cercato di fare luce sulle zone d'ombra di una multinazionale.

È ciò che ha fatto l'Eni, sesto gruppo petrolifero mondiale per giro di affari che con una querela di ben 145 pagine accusa Report di Milena Gabanelli di averne leso l’immagine per un'inchiesta del dicembre 2012. Cospicua la richiesta di risarcimento: 25 milioni di euro. Chi si sente diffamato ha tutto il diritto di tutelarsi ma è chiaro che in questo caso l'obiettivo è un altro: un palese tentativo di intimidazione. Il termine tecnico è "querele temerarie," un'azione di sbarramento compiuta nei confronti di un giornalista per dissuaderlo dal proseguire il suo filone di inchiesta. E ovviamente per disincentivare altri cronisti dall'occuparsi dello stesso tema.

Per impedire l'uso di questo strumento intimidatorio il Parlamento ha avviato un lavoro bipartisan nella passata legislatura. Un iter che ovviamente giace ora impolverato nei cassetti di Montecitorio e Palazzo Madama. Per questo oggi lanciamo una petizione per chiedere che il nuovo Parlamento voglia immediatamente mettere mano ad una revisione della materia che preveda una sostanziosa penalità nei confronti di chi utilizza strumentalmente questo tipo di richieste, condannando il querelante, in caso di sconfitta in sede giudiziaria, al pagamento del medesimo importo: se cioè chiedi 25 milioni di euro alla Gabanelli di risarcimento e poi perdi la causa la risarcisci della stessa cifra. E vince il diritto di informare ed essere informati. Stefano Corradino via Change.org

Per firmare la petizione:

https://www.change.org/it/petizioni/salviamo-report-e-il-diritto-di-informare#share

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