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L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Soldi e favori in cambio di benefici ai detenuti legati ai clan mafiosi di Cosenza

Cosenza. I carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip presso il Tribunale di Catanzaro, nei confronti di due assistenti della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Cosenza, ritenuti responsabili di concorso esterno in associazione mafiosa.

Le indagini dei militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza, con il coordinamento della Dda di Catanzaro, hanno accertato che, in violazione dei propri doveri e dietro corresponsione di somme di denaro, o di altri benefici di vario genere, i due agenti avrebbero posto in essere condotte finalizzate a favorire detenuti nel carcere di Cosenza, appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”.

Dagli accertamenti è emerso che i due appartenenti alla Polizia Penitenziaria si erano messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare ad avere contatti con l’esterno ed in particolare, con i sodali liberi, veicolando agli stessi messaggi, anche mediante “pizzini”, per sviare indagini in corso su omicidi o per impartire disposizioni sugli imprenditori destinatari di attività estorsiva, per recuperare somme di danaro dovute per pregresse forniture di stupefacente o, ancora, per far filtrare notizie su reclusi che intendevano avviare percorsi di collaborazione con la giustizia.

Nel carcere i detenuti “influenti” ricevevano droga e alcol

Gli approfondimenti, anche sulla base di convergenti dichiarazioni di 9 collaboratori di giustizia, hanno inoltre, portato alla luce un quadro della vita all’interno dell’istituto penitenziario caratterizzato da una sorta di piena libertà di manovra, specie per i detenuti di maggiore caratura, che potevano riunirsi nelle celle, benché sottoposti a diverso regime carcerario, o ricevere stupefacenti, alcolici, generi alimentari o altri prodotti utili a rendere più confortevole la detenzione o, ancora, non essere sottoposti a perquisizioni o avere preventive informazioni sulle attività di verifica pianificate. Nel medesimo contesto risulta indagato un altro appartenente al Corpo, non raggiunto da provvedimento cautelare poiché nel frattempo andato in quiescenza e, quindi, non più in grado di reiterare le condotte in argomento all’interno del carcere di Cosenza.

I dettagli sull’operazione saranno illustrati alle 11 in una conferenza stampa presso la Procura di Catanzaro, alla quale parteciperà il Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri.

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COSENZA - Un 29enne immigrato irregolare è stato arrestato per il reato di atti sessuali con minore dai carabinieri di Cosenza.

A conclusione di una attività investigativa scaturita dalla denuncia di aggressione ai danni una ragazza minorenne cosentina, i militari hanno fermato il giovane, originario della Guinea, sprovvisto di documenti di riconoscimento, senza fissa dimora, con procedenti di polizia, richiedente protezione internazionale, giunto a Lampedusa il 3 novembre 2016.

Le indagini sono partite il 13 giugno quando negli uffici del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza, i genitori di una tredicenne hanno formalizzato una denuncia per aggressione.

La ragazzina nel rientrare a casa è stata avvicinata da un persona che dopo un primo apprezzamento verbale, si è avventato su di lei palpeggiandola.

La minore è riuscita a chiamare telefonicamente il padre, il quale stava attendendo il suo arrivo in piazza Bilotti, a Cosenza.

L’uomo ha immediatamente raggiunto la figlia e contattato la centrale operativa tramite il numero di emergenza del 112.

Il ragazzo immigrato della Guinea si è allontanato velocemente dalla zona facendo perdere le proprie tracce.

La vittima accompagnata dai genitori negli uffici della stazione di Cosenza Nord ha fornito agli inquirenti informazioni utili per l’individuazione del responsabile.

Ilquotidianodelsud

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Cosenza. Un vero e proprio blitz nel mondo della Scuola quello che i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno messo a segno con l'avviso di conclusione indagine nei confronti di 25 insegnanti che, secondo l'accusa, avrebbero avuto accesso alla professione presentando titoli di studio falsi.

I provvedimenti sono stati notificati dai carabinieri della Compagnia di Cosenza tra le province di Cosenza, Lecce, Pistoia, Milano, Bergamo, Forlì-Cesena.

Gli investigatori nel corso della loro indagine hanno anche individuato la stamperia, un vero e proprio "diplomificio", dove venivano realizzati i titoli di studio ed il falsario, un pensionato 69enne di Mangone.

Nel corso di una perquisizione i carabinieri hanno trovato computer, stampanti e materiale informatico, nonché copie cartacee di diplomi già falsificati.

In particolare, sono state trovate 30 stampe di diplomi apparentemente rilasciati dall’"Istituto Nazionale Scuole e Corsi Professionali" compilati con nominativi di insegnanti già emersi nel corso dell’operazione oltre a due risme di carta pergamenata per diplomi, in bianco, pronte per la stampa.

Gli insegnanti sono indagati, a vario titolo, per falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità materiale commessa da privato in concorso, falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.

L’indagine dei carabinieri ha portato alla luce un vero e proprio sistema volto alla falsificazione ed all’utilizzo, sull'intero territorio nazionale, di diplomi apparentemente rilasciati da istituti magistrali statali e paritari della provincia di Cosenza e di Reggio Calabria, nonché da scuole di specializzazione per l’insegnamento di sostegno agli alunni portatori di handicap, dall’Istituto Nazionale Scuole e Corsi Professionali di Cosenza.

I titoli falsi sono stati acclusi dagli indagati alle domande per essere inseriti sia nelle graduatorie ad esaurimento, sia in quelle d’istituto per l'assunzione come insegnante nelle scuole primarie e dell’infanzia, su posto comune e sul sostegno.

Una indagata ha riferito che il falsario, per il tramite di un intermediario, avrebbe chiesto alla donna la somma di 3.000 euro in cambio del titolo falso.

L’inchiesta è uno sviluppo di una prima fase di indagini conclusa nel 2017.

Nella vecchia tranche, gli insegnanti indagati furono 33.

Il clamore suscitato da quella inchiesta ha spinto diversi dirigenti scolastici a svolgere controlli approfonditi sui titoli presentati dagli aspiranti insegnanti.

Ed è proprio dall’input giunto ai carabinieri da due dirigenti che è nata la seconda fase di indagine che ha visto un fitto scambio di informazioni tra gli stessi dirigenti e la Sezione operativa dei Carabinieri di Cosenza.

I risultati dell’indagine, condotta in sinergia con gli Usr-Atp di tutta Italia, ha già portato all’allontanamento di molti degli insegnanti in possesso dei titoli falsi.

Da Ilquotidianodelsud.

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