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Redazione TirrenoNews

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Il 4 luglio 2013 è la fatidica data di inizio del processo sul fiume Oliva.

Un processo che vede imputati “per disastro ambientale ed avvelenamento delle acque l’imprenditore di Amantea Cesare Coccimiglio ed altre quattro persone proprietarie di terreni risultati contaminati”.

Il processo doveva iniziare il 16 aprile ma l’udienza è stata rinviata al quattro luglio dal giudice della Corte d’assise di Cosenza, Antonia Gallo, che ha accolto la richiesta del Pm di Paola, Giovanni Calamita,  che ha chiesto il rinvio per consentire di notificare alle parti offese il rinvio a giudizio degli imputati ed eventualmente consentire loro di costituirsi parte civile.

In particolare gli inquirenti intendono offrire questa opportunità ai familiari della persona che ritengono possa aver perso la vita a causa dell’inquinamento dell’Oliva e dell’amico con cui si recava a pesca nel torrente, attualmente gravemente malato per le stessa causa.

Dal processo si potrà sapere finalmente la verità sull’inquinamento del fiume Oliva. O forse, è il caso di dire, sugli inquinamenti.

Una verità voluta dalla Giustizia, per conto della società, ed anche da enti ed organizzazioni : tra questi la Regione Calabria, il ministero dell’Ambiente, il Wwf Italia, Legambiente Calabria, l’associazione Anpana e il Vas, oltre che i comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d’Aiello.

Ovviamente saranno cercati gli di inquinanti nelle loro tipologie originarie e derivate e parimenti le cause di inquinamento.

Il sospetto che l’alveo del fiume Oliva sia stato e sia depositario di rifiuti di ogni specie non è affatto peregrina, anzi ben giustificata. Un sospetto che si spinge indietro nel tempo e che viene scoperto solo da poco grazie alla nuova, forte attenzione della procura di Paola, competente per territorio, ma anche della società civile ben più attenta all’ambiente di quando il fiume ed il suo alveo erano ricettacolo di ogni rifiuto, compresi quelli urbani dimenticati e mai sanzionati da alcuno che ben avrebbe dovuto, e del loro terribile percolato!.

Beh, ormai è certo. Google ha grossi limiti e se continua così troverà molti denigratori. Ora è successo nientemeno che a Dagospia. Che cosa? Ecco, per circa 24 ore gli internauti che provavano a collegarsi al famoso portale di Roberto D'Agostino si trovavano l’annuncio : “Dagospia è un sito malevolo e potrebbe danneggiare il tuo computer»

Un blocco improvviso che i browser motivavano con la presunta presenza di malware.

Presunta è dir poco, dato che da Dagospia, oltre a parlare di «danno enorme», fanno sapere che il sito era assolutamente pulito: «Il malware non l'ha trovato né Telecom (ovvero il server) né il webmaster, né qualunque antivirus usato dai nostri lettori». E’ vero che bastava cliccare su "procedi comunque".

Già ma se non c’era alcun virus perché Dagospia sia finito tra i siti considerati "pericolosi" da Google?

Ed ecco lì incredibile!

“A quanto pare basta che un gruppo di persone si metta d'accordo e segnali che un sito è malevolo affinché Google intervenga bloccandolo preventivamente”

Poi sono i gestori a dover chiedere di tornare "accessibili".

Già ma perché qualcuno dovrebbe segnalare a Google che un sito è malevolo?

Due, almeno, le possibili ragioni.

La prima è la concorrenza verso altri siti

La seconda è la pubblicazione di notizie “scomode” per qualcuno

Ora il portale di D'Agostino è ritornato accessibile.

Troppo famoso. E poi ecco cosa ha dichiarato: « Siamo stati segnalati come sito dannoso ma non lo siamo. Qualcuno si è incazzato per un articolo scomodo. Sappiamo che le segnalazioni sono arrivate per un articolo pubblicato ieri, molto scomodo per alcuni (quello sui derivati?, ndr). Stiamo risolvendo il problema, continuate a navigare su Dagospia».

E Google si è così giustificato: “ Per aiutare a proteggere gli utenti dai rischi del malware, utilizziamo scanner automatici che perlustrano costantemente il nostro indice per individuare malware e tentativi di phishing. Le pagine che sono identificate come potenzialmente dannose da questi scanner vengono segnalate con un avviso agli utenti che cercano di vistare il sito. Noi notifichiamo il problema ai webmaster e lavoriamo con loro per offrire informazioni e risorse che li possono aiutare a ripulire i loro siti».

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Amantea. Si concludono stasera gli incontri “Venerdì letterari fronte mare. Tramonti culturali sul Tirreno”. Ospite d’eccezione Nicola Gratteri , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, impegnato in prima linea contro la ‘Ndrangheta, di recente chiamato dal Presidente del Consiglio Letta a far parte della task force contro la ‘ndrangheta.

Il PM Gratteri sarà intervistato dal giornalista Orfeo Notaristefano, e presenterà il suo ultimo libro, scritto con Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti di mafia, “Dire e non dire. I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”.

Edito da Mondadori, il libro racconta, in duecento pagine, l’universo criminale calabrese e spiega la ‘ndrangheta attraverso le parole, i pensieri, le riflessioni di chi l'ha abbracciata, difesa, ma anche tradita. Le fonti sono intercettazioni, “pizzini”, verbali di atti giudiziari e sentenze dal 1860 ad oggi. Parlano gli uomini della 'ndrangheta e parlano di tutto: di famiglia, regole, potere, di vita e di morte, ma anche del loro rapporto con la politica e lo Stato. Per gli affiliati la 'ndrangheta è "la più bella cosa perché ha le più belle regole": ha rituali, precetti, norme, principi. Dietro la disumanità della strategia criminale si cela il rispetto di un preciso codice di comportamento: "non si sgarra e non si scampana", "chi tradisce brucerà come un santino", "la famiglia è sacra e inviolabile".

Scrivono Gratteri e Nicaso: «I mafiosi nascondono il loro credo criminale e la ferocia dei loro comportamenti dietro espressioni e gesti in apparenza normali, persino insignificanti nella loro sgrammaticata sintassi. Spesso non si riesce a leggerne la pericolosità. Ogni parola, ogni gesto va a completare il lessico criminale, il “dire e non dire” di chi ha scelto di vivere seguendo un proprio sistema di regole alternative a quelle dello Stato».

Appuntamento oggi venerdi 28 giugno al Grand Hotel la Tonnara, ore 18.30.

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