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Non si è spenta l’eco delle operazioni di polizia che ha permesso l’arresto di diversi profughi trovati in possesso di marijuana ed eccone un’altra con una droga di maggiore pericolosità.

 

Per fortuna non si ferma l’azione di controllo del territorio da parte dei carabinieri di Amantea.

Affatto.

 

Anche oggi, a conclusione di una intensa e continuata azione di indagine, è stato fermato un pusher minorenne che trasportava un mezzo panetto di hashish.

Non più, quindi, soltanto marijuana!

E chissà cos’altro circola per questa cittadina dove tutto sembra normale, dove i genitori sicuramente disconoscono i problemi di dipendenza dei propri figli e poi se li trovano in caserma o come nel caso in tribunale.

Una situazione che impone una ben maggiore attenzione da parte della scuola, delle parrocchie, delle associazioni, della società civile, del sistema sanitario, dell’amministrazione comunale, intesa come espressione della politica, parte della quale pensa di risolvere il problema depenalizzando il consumo della marjuana.

 

Una situazione nella quale i carabinieri di Amantea si trovano soli a condurre una lotta a difesa della legalità.

Una situazione gravissima se si riflette sul fatto che per lo spaccio ed il pusheraggio si usano profughi e minori, cioè le persone più fragili, magari usandoli , questi ultimi, dopo che sono diventati consumatori abituali.

Ora il tribunale dei minori dovrà trattare il caso e certamente il procuratore non mancherà di tentare di accertare da dove giungesse l’hashish, chi governasse il giovane pusher e tanto altro per scoperchiare una situazione che in tanti negano esista o negano abbia raggiunto un livello fortemente espressivo e pericoloso.

Ovviamente all’Arma i complimenti della società civile amanteana.

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immigrati

 

Interi popoli sono in movimento in tutto il pianeta e in modo particolare in Africa, nel vicino Oriente, nell’Asia centrale e nell’Asia del Pacifico. Fuggono da guerre, stragi, povertà; hanno come destinazione i Paesi e i continenti di antica opulenza, suscitando rari sentimenti di accoglienza e molto più frequentemente reazioni di chiusura e respingimento.

Non è il caso della Cooperativa “Attivamente” di Amantea. Per i ragazzi che hanno deciso di onorare il termine “ospitare”. Per questi straordinari ragazzi il rifugiato è una persona che nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato.

 

Il rifugiato è anche chi essendo apolide e trovandosi fuori dal suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. Al loro arrivo dieci giorni orsono mi son trovato insieme a questi ragazzi appartenenti alla Cooperativa quando è arrivato un pullman con dei rifugiati.

Uno di loro, un Eritreo, nello scendere dall’autobus, mi si è rivolto in inglese dicendomi: “Non sono pericoloso, sono in pericolo”. Questo suo dire mi ha portato alla mente ciò che qualche tempo fa si chiedeva un amico in Rai. Si domandava come fu possibile che i tedeschi degli anni Trenta non si fossero accorti dell'Olocausto, come poterono voltarsi di fronte al dramma degli ebrei e delle minoranze in genere. Ebbene, concludeva, è nello stesso identico modo nel quale noi ci voltiamo di fronte a questo scempio. Non ci sono i reticolati dei campi di sterminio, ma c'è un confine. Non ci sono i forni, ma navi piene di corpi in fondo al mare. Non ci sono i gerarchi in divisa nera, ma ci sono politici in camicia verde.

 

Non ci sono sfilate militari, ma silenziosi contractor ingaggiati a tempo pieno. Non ci sono le leggi razziali, ma la sospensione di Shengen. Non ci sono i treni piombati, ma campi profughi nelle stazioni. Non ci sono i nasi aquilini, ma c'è la scabbia.

Oggi alcuni di questi rifugiati, insieme ai ragazzi della Cooperativa Attivamente, hanno deciso di pulire il centro Storico di Amantea. Nel periodo di permanenza di questi giovani rifugiati verrà insegnato loro l’italiano, affidata qualche mansione di interesse sociale e per chi decide di restare, si cerca la possibilità di un lavoro. Non ci si può più nascondere davanti a tragedie di questa portata.

Questo è quello che spinge questi giovani Amanteani della Cooperativa “Attivamente” ad aprire gli occhi e riconoscere i problemi della nostra epoca, migrazioni dovute a guerre, estremismo, miseria, fame e cambiamenti climatici.

Non possiamo pensare di arrenderci o soccombere ma nemmeno di nascondere il problema o scaricarlo sul vicino, bisogna avere il coraggio di essere adulti, chiamare tutti alle responsabilità e chiamare le cose con il loro nome. Evitare di girarsi dall’altra parte regalando migliaia di disperati al lavoro nero e alla criminalità organizzata.

Quello che è sicuro è che in un contesto simile siamo tutti responsabili.

Ognuno di noi, nei propri spazi sociali e digitali, fa informazione. E quindi partiamo da noi: abbiamo il dovere di fare qualcosa. Di impegnarci per quanto possibile a diffondere anticorpi contro questo veleno fatto di mancanza di empatia verso la miseria e la tragedia di altri esseri umani e di razzismo esibito, ostentato in maniera trionfante e spavalda.

 

Belati di pecora giungono dai pendii rocciosi, dalla costa arriva il mormorio del mare e intanto da qualche parte l’utopia dei giovani della Cooperativa è diventata realtà.

Nel 2010 il regista tedesco Wim Wenders è venuto in Calabria per girare un documentario sul problema dei rifugiati.

Ma dopo aver sentito del paese dei rifugiati, ha deciso di raccontare la storia di Riace con una pellicola dal titolo “Il Volo”. “La vera utopia” ha dichiarato Wenders lo stesso anno, in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario della riunificazione delle due Germanie. “Non è stata la caduta del muro di Berlino, ma la convivenza serena della gente di Riace”.

Oggi questo ruolo anfitrionico spetta ad Amantea che, attraverso questi suoi giovani di cui andar fieri, ha l’opportunità di mostrare la propria generosità, ospitalità e umanità a questi altrettanto giovani rifugiati scampati alle profondità del Mediterraneo.

In questa Cittadina, tra brulle pareti rocciose di un antico, dimenticato splendore, e il mormorio del mare ho scorto frammenti di un mondo migliore.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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pupa“Mi devo contentare del suo alone brillante, di una luce riflessa, fuori dalla sua sfera.?”

Le nuove tecnologie hanno in questi anni rivoluzionato il modo di pensare e la convivenza umana. Sarebbe in atto una rivoluzione epocale, se è vero che le grandi tappe della storia sono segnate dal passaggio dal nomadismo alla stanzialità, quando le tribù nomadi di pastori si sono convertiti all'agricoltura; dall'affermarsi della macchina a vapore che ha sostituito la fatica muscolare umana; dalla comunicazione di massa e ora dall'informatizzazione interattiva, resa possibile dalla combinazione informativa elettronica e telematica, la quale ha aumentato a dismisura l'informazione, modificata la stessa logica razionale e resa possibile la fruizione di mondi virtuali. A nessuno è sfuggito come gran parte delle notizie che leggiamo sono più o meno la stessa cosa, non importa quale giornale o sito web viene consultato: tutti sembrano riciclare notizie fornite dalla stessa “fonte-agenzia”. Poi ci sono gli incurabili ottimisti e gli Sparaballe, portavoce del potere costituito, che vanno in giro dicendo che il Web e il mondo digitale sono una panacea per il miglioramento dei diritti umani, delle condizioni di vita, dei diritti delle minoranze e via discorrendo. In effetti il Web e tutta la nuova tecnologia avrebbero il potenziale per facilitare migliorie sociali. La dura realtà è che, il mondo digitale viene utilizzato dai potenti per erodere la privacy, aumentare la concentrazione del potere economico e aumentare le disuguaglianze. Sempre gli ottimisti e i vari portavoce (Sparaballe) del Sistema, come sempre, continuano a diffondere notizie rassicuranti, come sfruttare Internet per servire gli interessi dei loro cittadini, come hanno in gran parte fatto con altre tecnologie quali strade, telegrafia, telefonia, trasporto aereo, prodotti farmaceutici. Va anche detto che, hanno usato questi mezzi per servire solo gli interessi dei propri cittadini e non gli interessi universali del genere umano. Ma questo non sembra essere il caso per quanto riguarda il Web e la nuova tecnologia. Questi vengono utilizzati in gran parte per servire gli interessi di pochi individui molto ricchi e potenti, con determinati interessi geo-economici e geo-politici . E’ ridicolo come Internet, il campione tanto sbandierato di maggiore potere ai consumatori e più concorrenza spietata fra i venditori, sia diventato uno dei più grandi generatori di monopolio nella storia economica. Quello di utilizzare la tecnologia per favorire interessi particolari, non l'interesse generale, non riguarda solo Internet. Nonostante le sue tante decantate promesse, nel voler migliorare l’aspetto “democratico” nella società moderna, ciò che è sotto gli occhi di chi vuol vedere, Internet è una forza che in realtà toglie libertà e capacità di agire alla maggioranza delle persone, per favorire interessi particolari del sistema di potere. 2500 anni fa Aristotele fotografava la situazione odierna dell’Occidente. Il filosofo greco diceva: “La democrazia esisterà quando gli indigenti, e non gli uomini potenti saranno i governanti”. Infatti, quello che si vede oggi su internet è la ricchezza concentrata in forma di grandi aziende private che esercitano crescente influenza su questioni di politica pubblica, che arrivano al punto di definire apertamente sistemi di 'insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un'istituzione, di una globalizzazione in cui hanno poteri decisionali pari se non di più degli eletti rappresentanti del popolo. Gli attuali meccanismi di governance di Internet si celebrano come esempi di successo delle masse, mentre in realtà i padroni del mondo non hanno mai avuto in mente di realizzare la promessa sociale di Internet. Oggi viene invece detto a chiare lettere che la nuova tecnologia non ha bisogno di essere democratica. A mano a mano che le tecnologie informatiche si diffondono, scrive David Lyon, "I modelli di lavoro, la vita familiare, gli svaghi, il tempo libero e persino il modo in cui percepiamo noi stessi, in quanto esseri umani, sono tutti destinati a subire importanti trasformazioni”. Il pericolo maggiore è rappresentato dalle possibili nuove forme di colonizzazione. Non pochi autori temono un totalitarismo elettronico dovuto all' alto costo di tali tecnologie e alla società dell'informazione, nella quale non diminuiscono certo il centralismo, i monopoli, le disuguaglianze. Ogni volta che viene offerto un nuovo servizio a domicilio aumentano le informazioni raccolte sugli interessati.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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