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Vi anticipiamo la puntata di Report di domani 19 maggio su RAI 3 alle ore 21.30:

La puntata si intitola: "IL TRANSATLANTICO DELLE NEBBIE"

Di Sabrina Giannini

Il finanziamento pubblico verrà dimezzato, ai politici non rimane che ricorrere alla generosità, spesso più che interessata, dei privati. Il meccanismo l'hanno già rodato da anni: è quello delle donazioni e delle Fondazioni, sulle quali si sa poco o nulla, ma grazie alle quali i politici raccolgono e nascondono le tracce delle mani che donano. Eppure il piatto è ricco. Solo di donazioni dichiarate le Fondazioni politiche raccolgono 80 milioni l'anno. Il meccanismo è studiato però per non rendere facilmente accessibili le cifre, i nomi dei donatori e soprattutto i trasferimenti delle proprietà. Ogni politico che conta ne ha una. E con il passare del tempo, crescono le inchieste della magistratura che hanno al centro delle indagini le Fondazioni come strumento per mascherare il passaggio di tangenti.

E inoltre: "LA METRONOTTE"

Di Paolo Mondani

L'Istituto di vigilanza privata Metronotte Città di Roma gestisce la sicurezza di alcuni degli ospedali più importanti della Capitale: San Camillo, Forlanini, Spallanzani e del 118. Dominus della società è Fabrizio Montali, figlio di Sebastiano, sottosegretario socialista alle Partecipazioni statali negli anni Ottanta, a processo per riciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni con l'aggravante della mafiosità perchè Montali sarebbe un prestanome dell'ex cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti. Oggi ritroviamo Montali in associazione temporanea d'impresa con la Union Security, società di vigilanza che fa capo al presidente della Lazio Claudio Lotito. Nell'agosto del 2012 Montali e Lo Tito vincono il 60 per cento degli appalti di vigilanza della Regione Lazio allora diretta da Renata Polverini.

Per la rubrica C'è chi dice no: "EUGENIA ADDORISIO"

Di Giuliano Marrucci

Voleva solo fare quello per cui era pagata, l'ispettrice per la sicurezza sul lavoro della Asl di Foggia. Glielo hanno impedito, e allora Eugenia Addorisio ha denunciato tutti. Cinque anni dopo gli arresti, con il processo in corso, sono tutti di nuovo al loro posto, a parte lei, che è stata mandata in un consultorio a fare l'infermiera.

I video e le trascrizioni delle due inchieste saranno resi disponibili sul sito www.report.rai.it pochi minuti dopo la fine della trasmissione.

Buona visione                                                                                               La redazione

NdR: Grazie, ragazzi!

 

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PALERMO - Una trentina di arresti e un centinaio di perquisizioni sono in corso di esecuzione da parte della guardia di finanza. L'inchiesta, diretta dalla procura di Palermo, è per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e abusiva attività finanziaria. Sono coinvolti un magistrato del Tar, commercialisti e funzionari di banca.

Gli arresti eseguiti dal nucleo di polizia valutaria sono 34, 85 le perquisizioni. Tra gli arrestati, oltre al magistrato del Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, ci sono avvocati, commercialisti e appartenenti alle forze dell' ordine. L' organizzazione criminale - nella quale per mesi si è infiltrato un finanziere - operava in tutta Italia e anche all' estero. Era dedita a violazioni valutarie in titoli, valori e strumenti di pagamento, ed inoltre a illecite movimentazioni finanziarie e di capitali anche transnazionali.

L' attività investigativa diretta dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e dai sostituti procuratori Daniele Paci, Lia Sava e Dario Scaletta, ha portato all' esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare in carcere e di 12 ordinanze di arresti domiciliari. Tra gli arrestati, anche persone che operavano nell' area dell' intermediazione finanziaria e che, secondo gli inquirenti, facevano capo a Gianni Lapis, noto avvocato tributarista palermitano, ritenuto in passato prestanome dell' ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, condannato per mafia. Gli avvocati, il giudice del Tar e i due carabinieri arrestati, dietro la prospettiva di lauti compensi - secondo gli investigatoti - avrebbero offerto il proprio apporto nella programmazione e nella realizzazione degli affari di cambio valuta di provenienza illecita.

Una perquisizione, durata più di due ore, è stata svolta nell'ufficio del Tar del Lazio del consigliere Franco Angelo Maria De Bernardi, il magistrato arrestato nell'ambito dell'inchiesta diretta dalla Procura di Palermo. Apposti i sigilli alla stanza del magistrato, e prelevati documenti dagli uomini del nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, alla presenza del pm di Palermo, Dario Scaletta, e del collega romano, Stefano Pesci.

Numerosi i reati ipotizzati a carico dei responsabili: non solo associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, finalizzata al riciclaggio di ingenti quantitativi di denaro in divisa estera e al commercio dell'oro, attraverso l'esercizio abusivo della professione di intermediario finanziario con modalità tali da eludere il sistema della tracciabilità delle operazioni (aggirando il circuito bancario e consentendo di fatto l'immissione nei mercati di denaro contante), ma anche falsificazione, spendita e introduzione nello stato di monete falsificate, detenzione illegale di armi e munizionamento, truffa e violazioni alla disciplina del mercato dell'oro. Fondamentale per la ricostruzione dei fatti e l'addebito delle singole responsabilità è stato l'impiego di un finanziere «sotto copertura» che, infiltrato nelle diverse organizzazioni, ha partecipato alle trattative necessarie per concludere le operazioni di cambio, acquisendo così precisi elementi di prova.

Doveva essere in udienza, questa mattina al Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, il magistrato amministrativo arrestato questa mattina nell'ambito dell’inchiesta palermitana sul riciclaggio. L'udienza della II/a sezione quater (sezione alla quale De Bernardi era assegnato) si è svolta regolarmente. Torinese di nascita, 64 anni fra un mese, De Bernardi è magistrato amministrativo dal 1994, proveniente dai ruoli civili del Ministero dell'Interno. Dopo un incarico al Tar Lombardia, il magistrato è arrivato al Tar del Lazio nel giugno 2001, affidato alla III sezione. Poi, passaggi alla I sezione ter e alla I sezione bis, da qualche tempo prestava servizio alla II sezione quater. Bocche cucite in tribunale, nessun commento alla notizia dell'arresto.

C'è anche un funzionario della Regione siciliana, Leonardo Di Giovanna, tra i 34 arrestati dalla guardia di finanza. Il funzionario, insieme ad altre 11 persone, è ai domiciliari. Agli indagati è contestato, a vario titolo, il reato di associazione a delinquere finalizzato al riciclaggio «attraverso l'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria e attraverso l'uso di artifici diretti a eludere il sistema della tracciabilità delle operazioni finanziarie aggirando il circuito bancario». Ad alcuni degli indagati viene contestata anche l'associazione a delinquere finalizzata all'importazione e al commercio in Italia di oro. La parte più ampia dell'indagine verrà trasferita alla procura di Roma competente per territorio, a Palermo rimarrà la tranche relativa al commercio di oro che coinvolge, tra gli altri, il tributarista di Vito Ciancimino Gianni Lapis

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Pressioni e minacce di licenziamento ai dirigenti che non si dimostravano propensi a favorire l’Ilva. È il nuovo terremoto giudiziario che questa mattina si è abbattuto su Taranto e ha travolto la politica locale. All’alba di oggi, infatti, la Guardia di finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del presidente della provincia Gianni Florido (nella foto con Vendola), dell’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva e dell’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, già detenuto dal 26 novembre scorso. Arresti domiciliari invece per l’ex direttore generale della provincia di Taranto e attualmente in servizio nella provincia di Lecce, Vincenzo Specchia. Le ipotesi di reato contestate dalla procura ionica nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto” vanno dalla concussione per induzione alla tentata concussione per costrizione.

I quattro, secondo le accuse, avrebbero esercitato direttamente o indirettamente, pressioni sui dirigenti dell’amministrazione provinciale perché si adeguassero ad “assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva”. Nell’ordinanza firmata dal gip Patrizia Todisco, gli investigatori documentano le pressioni nei confronti dell’ex dirigente del settore ecologia Luigi Romandini “colpevole” di aver negato le autorizzazioni in materia ambientale allo stabilimento e finito così al centro di “pressioni reiterate nel tempo accompagnate da minacce di licenziamento, dall’invito a presentare le dimissioni, da minacce di trasferimento ad altro incarico” e infine anche di “pretestuose riorganizzazioni dell’ufficio” che in realtà avevano come unico scopo quello di “influire sui poteri del dirigente”. L’obiettivo era di costringere Romandini a firmare “a vista” tutte le richieste formulate dall’azienda anche facendo a meno di “un esame approfondito delle pratiche”. In particolare il presidente Florido e l’ex assessore Conserva avrebbero caldeggiato la concessione dell’autorizzazione richiesta dall’Ilva per l’uso della discarica di rifiuti speciali nella “Cava Mater Gratiae”. Un via libera che avrebbe permesso all’azienda di smaltire i rifiuti prodotti nel ciclo di lavorazione ottenendo così un significativo vantaggio economico.

Una discarica nella quale, come già mostrato da ilfattoquotidiano.it, l’azienda stoccava anche sacche contenenti amianto accanto a scorie di lavorazione ancora fumanti. Pressioni vane, però, perché Romandini non solo decise di non firmare quelle autorizzazioni, ma dopo il suo trasferimento in un altro ufficio dell’amministrazione denunciò tutto alle fiamme gialle guidate dal maggiore Giuseppe Dinoi. Una rimozione che Girolamo Archinà commentò pochi giorni dopo dicendo “abbiamo tolto una peste… e ne abbiamo tre di pesti” perché anche il successore di Romandini, il dirigente Ignazio Morrone, si mostrò altrettanto riottoso nei confronti della grande industria. Secondo quanto emerso dalle indagini, Gianni Florido (presidente della provincia al suo secondo mandato e presidente del Partito democratico di Taranto) si interessa personalmente alle vicende che riguardano l’Ilva. Parla al telefono direttamente anche con Fabio Riva, interviene su assessori e sull’operato dei dirigenti. “Circostanze – scrive il gip Todisco – che confermano il sollecito, premuroso, fattivo e perdurante interessamento del Florido in soccorso delle esigenze di natura economica della proprietà dell’Ilva”.Francesco Casula

Articolo integrale su Ilfattoquotidiano di oggi 15 maggio 2013

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