
PALERMO - Una trentina di arresti e un centinaio di perquisizioni sono in corso di esecuzione da parte della guardia di finanza. L'inchiesta, diretta dalla procura di Palermo, è per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e abusiva attività finanziaria. Sono coinvolti un magistrato del Tar, commercialisti e funzionari di banca.
Gli arresti eseguiti dal nucleo di polizia valutaria sono 34, 85 le perquisizioni. Tra gli arrestati, oltre al magistrato del Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, ci sono avvocati, commercialisti e appartenenti alle forze dell' ordine. L' organizzazione criminale - nella quale per mesi si è infiltrato un finanziere - operava in tutta Italia e anche all' estero. Era dedita a violazioni valutarie in titoli, valori e strumenti di pagamento, ed inoltre a illecite movimentazioni finanziarie e di capitali anche transnazionali.
L' attività investigativa diretta dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e dai sostituti procuratori Daniele Paci, Lia Sava e Dario Scaletta, ha portato all' esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare in carcere e di 12 ordinanze di arresti domiciliari. Tra gli arrestati, anche persone che operavano nell' area dell' intermediazione finanziaria e che, secondo gli inquirenti, facevano capo a Gianni Lapis, noto avvocato tributarista palermitano, ritenuto in passato prestanome dell' ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, condannato per mafia. Gli avvocati, il giudice del Tar e i due carabinieri arrestati, dietro la prospettiva di lauti compensi - secondo gli investigatoti - avrebbero offerto il proprio apporto nella programmazione e nella realizzazione degli affari di cambio valuta di provenienza illecita.
Una perquisizione, durata più di due ore, è stata svolta nell'ufficio del Tar del Lazio del consigliere Franco Angelo Maria De Bernardi, il magistrato arrestato nell'ambito dell'inchiesta diretta dalla Procura di Palermo. Apposti i sigilli alla stanza del magistrato, e prelevati documenti dagli uomini del nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, alla presenza del pm di Palermo, Dario Scaletta, e del collega romano, Stefano Pesci.
Numerosi i reati ipotizzati a carico dei responsabili: non solo associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, finalizzata al riciclaggio di ingenti quantitativi di denaro in divisa estera e al commercio dell'oro, attraverso l'esercizio abusivo della professione di intermediario finanziario con modalità tali da eludere il sistema della tracciabilità delle operazioni (aggirando il circuito bancario e consentendo di fatto l'immissione nei mercati di denaro contante), ma anche falsificazione, spendita e introduzione nello stato di monete falsificate, detenzione illegale di armi e munizionamento, truffa e violazioni alla disciplina del mercato dell'oro. Fondamentale per la ricostruzione dei fatti e l'addebito delle singole responsabilità è stato l'impiego di un finanziere «sotto copertura» che, infiltrato nelle diverse organizzazioni, ha partecipato alle trattative necessarie per concludere le operazioni di cambio, acquisendo così precisi elementi di prova.
Doveva essere in udienza, questa mattina al Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, il magistrato amministrativo arrestato questa mattina nell'ambito dell’inchiesta palermitana sul riciclaggio. L'udienza della II/a sezione quater (sezione alla quale De Bernardi era assegnato) si è svolta regolarmente. Torinese di nascita, 64 anni fra un mese, De Bernardi è magistrato amministrativo dal 1994, proveniente dai ruoli civili del Ministero dell'Interno. Dopo un incarico al Tar Lombardia, il magistrato è arrivato al Tar del Lazio nel giugno 2001, affidato alla III sezione. Poi, passaggi alla I sezione ter e alla I sezione bis, da qualche tempo prestava servizio alla II sezione quater. Bocche cucite in tribunale, nessun commento alla notizia dell'arresto.
C'è anche un funzionario della Regione siciliana, Leonardo Di Giovanna, tra i 34 arrestati dalla guardia di finanza. Il funzionario, insieme ad altre 11 persone, è ai domiciliari. Agli indagati è contestato, a vario titolo, il reato di associazione a delinquere finalizzato al riciclaggio «attraverso l'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria e attraverso l'uso di artifici diretti a eludere il sistema della tracciabilità delle operazioni finanziarie aggirando il circuito bancario». Ad alcuni degli indagati viene contestata anche l'associazione a delinquere finalizzata all'importazione e al commercio in Italia di oro. La parte più ampia dell'indagine verrà trasferita alla procura di Roma competente per territorio, a Palermo rimarrà la tranche relativa al commercio di oro che coinvolge, tra gli altri, il tributarista di Vito Ciancimino Gianni Lapis
Pressioni e minacce di licenziamento ai dirigenti che non si dimostravano propensi a favorire l’Ilva. È il nuovo terremoto giudiziario che questa mattina si è abbattuto su Taranto e ha travolto la politica locale. All’alba di oggi, infatti, la Guardia di finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del presidente della provincia Gianni Florido (nella foto con Vendola), dell’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva e dell’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, già detenuto dal 26 novembre scorso. Arresti domiciliari invece per l’ex direttore generale della provincia di Taranto e attualmente in servizio nella provincia di Lecce, Vincenzo Specchia. Le ipotesi di reato contestate dalla procura ionica nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto” vanno dalla concussione per induzione alla tentata concussione per costrizione.
I quattro, secondo le accuse, avrebbero esercitato direttamente o indirettamente, pressioni sui dirigenti dell’amministrazione provinciale perché si adeguassero ad “assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva”. Nell’ordinanza firmata dal gip Patrizia Todisco, gli investigatori documentano le pressioni nei confronti dell’ex dirigente del settore ecologia Luigi Romandini “colpevole” di aver negato le autorizzazioni in materia ambientale allo stabilimento e finito così al centro di “pressioni reiterate nel tempo accompagnate da minacce di licenziamento, dall’invito a presentare le dimissioni, da minacce di trasferimento ad altro incarico” e infine anche di “pretestuose riorganizzazioni dell’ufficio” che in realtà avevano come unico scopo quello di “influire sui poteri del dirigente”. L’obiettivo era di costringere Romandini a firmare “a vista” tutte le richieste formulate dall’azienda anche facendo a meno di “un esame approfondito delle pratiche”. In particolare il presidente Florido e l’ex assessore Conserva avrebbero caldeggiato la concessione dell’autorizzazione richiesta dall’Ilva per l’uso della discarica di rifiuti speciali nella “Cava Mater Gratiae”. Un via libera che avrebbe permesso all’azienda di smaltire i rifiuti prodotti nel ciclo di lavorazione ottenendo così un significativo vantaggio economico.
Una discarica nella quale, come già mostrato da ilfattoquotidiano.it, l’azienda stoccava anche sacche contenenti amianto accanto a scorie di lavorazione ancora fumanti. Pressioni vane, però, perché Romandini non solo decise di non firmare quelle autorizzazioni, ma dopo il suo trasferimento in un altro ufficio dell’amministrazione denunciò tutto alle fiamme gialle guidate dal maggiore Giuseppe Dinoi. Una rimozione che Girolamo Archinà commentò pochi giorni dopo dicendo “abbiamo tolto una peste… e ne abbiamo tre di pesti” perché anche il successore di Romandini, il dirigente Ignazio Morrone, si mostrò altrettanto riottoso nei confronti della grande industria. Secondo quanto emerso dalle indagini, Gianni Florido (presidente della provincia al suo secondo mandato e presidente del Partito democratico di Taranto) si interessa personalmente alle vicende che riguardano l’Ilva. Parla al telefono direttamente anche con Fabio Riva, interviene su assessori e sull’operato dei dirigenti. “Circostanze – scrive il gip Todisco – che confermano il sollecito, premuroso, fattivo e perdurante interessamento del Florido in soccorso delle esigenze di natura economica della proprietà dell’Ilva”.Francesco Casula
Articolo integrale su Ilfattoquotidiano di oggi 15 maggio 2013
Forse è utile che gli anziani sappiano di più sugli assegni sociali che li riguardano
Ecco qualcuna delle novità.
Di conseguenza, in applicazione della legge n. 122/2010 e della riforma “Fornero” (legge n. 214/2011), l’accesso all’assegno sociale nonché all’assegno sociale sostitutivo della pensione d’inabilità civile, all’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali e alla pensione non reversibile ai sordi, è previsto solo dal compimento dei 65 anni e 3 mesi di età.
Naturalmente con l’innalzamento del requisito anagrafico per l’assegno sociale dal 1° gennaio 2013, la pensione d’inabilità civile, l’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziale e la pensione non reversibile ai sordi, sono concesse, tenuto conto del riconoscimento sanitario e sussistendo le altre condizioni socio economiche previste - limiti di reddito – (vedi tab. A) a tutti coloro di età non inferiore al diciottesimo anno e fino al compimento del 65° anno e 3 mesi.
Chi, invece, provvede a presentare all’Inps la domanda di assegno sociale e compie 65 anni entro il 31 dicembre prossimo, in presenza anche dei requisiti socio economici necessari (vedi tab. B) ha diritto alla prestazione secondo la normativa previgente e quindi 65 anni di età. La stessa possibilità è prevista anche per gli invalidi civili titolari di pensione di inabilità, assegno mensile per invalidità parziale e pensione non reversibile ai sordi, che compiono 65 anni entro il 31 dicembre 2012.
Oltre all’adeguamento del requisito anagrafico in base alla speranza di vita, previsto con cadenza triennale dal 2013 e biennale dal 2021, cioè 3 mesi dal 2013 e ipotizzati in 4 mesi dal 2016, a partire dal 1° gennaio 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale, degli assegni sociali sostitutivi dell’assegno mensile di assistenza a favore dei sordomuti, della pensione di inabilità civile e dell’assegno mensile a favore dei mutilati e invalidi civili, sarà aumentato di un anno oltre all’incremento della speranza di vita di cui si è fatto cenno prima. (Vedi tab. C)
Vediamo adesso quali sono i presupposti per l’accesso all’assegno sociale dell’Inps e alle prestazioni assistenziali di invalidità civile.
L’assegno sociale
Si tratta di una prestazione di carattere assistenziale che prescinde del tutto dal pagamento dei contributi e spetta ai cittadini che si trovino in disagiate condizioni economiche.
A chi spetta
I requisiti richiesti sono i seguenti:
- cittadinanza e residenza sul territorio nazionale. Ne hanno comunque diritto anche i rifugiati politici, nonché i cittadini dell’Unione Europea, purchè risiedano in Italia;
- 65 anni di età, sia per gli uomini e sia per le donne (ma la riforma dal 2013, come si è detto, innalza questo requisito e lo aggancia all’adeguamento alla speranza di vita);
- Assenza di redditi, ovvero conseguimento di redditi inferiori ad un determinato limite (vedi Tab. B);
- Dal 1° gennaio 2009, inoltre, è richiesta una ulteriore condizione costituita dal soggiorno legale, in via continuativa, per almeno dieci anni in Italia.
L’importo spettante
L’importo dell’assegno sociale viene fissato in base all’entità del reddito personale e, nel caso di persone sposate, si tiene conto del reddito cumulato con il coniuge: la prestazione può essere liquidata in misura intera o ridotta.
Per esempio, se il richiedente ha un reddito annuo di duemila euro, avrà diritto ad un assegno sociale annuo di 3.577 euro pari a 275,15 euro mensili, tenendo conto del fatto che quest’anno l’importo dell’assegno è di 429 euro e il limite di reddito, del richiedente non coniugato, è di 5.577 euro.
Se un richiedente coniugato ha un reddito, cumulato con il coniuge, di 8mila euro, avrà diritto ad un importo di 3.154 euro annui pari a 242,62 euro mensili, tenendo conto del fatto che l’importo dell’assegno sociale è di 429 euro e il limite di reddito del richiedente coniugato è pari al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale, cioè 11.154 euro.
Non si avrà diritto all’assegno se si possiedono redditi superiori al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale.
Quali redditi
Ai fini del diritto all’assegno sociale, per reddito si intende tutto ciò che il soggetto richiedente e il proprio coniuge possiedono in via continuativa, compresi i redditi esenti da irpef (come, ad esempio, la pensione di guerra) e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (interessi bancari, Bot, Cct ecc.).
Non contano, invece, il reddito derivante dalla casa di proprietà, purchè direttamente abitata dal richiedente, i trattamenti ricevuti a titolo di liquidazione per fine rapporto di lavoro e le competenze arretrate soggette a tassazione separata, lo stesso assegno sociale e i proventi provenienti da alcune forme assistenziali (le indennità di accompagnamento, gli assegni per l’assistenza personale continuativa erogati dall’Inail per invalidità permanente assoluta, gli assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’Inps ai pensionati per inabilità, l’indennità di comunicazione per i sordomuti, l’assegno agli ex combattenti di guerra).
Le altre prestazioni assistenziali
Malgrado le modifiche introdotte nel 2010 e 2011 dalle leggi approvate con le diverse manovre economiche, nulla è cambiato e, allo stato attuale, sono considerati invalidi tutti coloro affetti da minorazioni non riconducibili a causa di guerra, di servizio e di lavoro, che appartengono ad una delle seguenti categorie:
- I cittadini di età compresa tra i 18 e i 65 anni affetti da menomazioni congenite o acquisite che comportano una riduzione della capacità di lavoro non inferiore ad 1/3;
- I minori di 18 anni con difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni proprie dell’età;
- I cittadini con più di 65 anni non autosufficienti.
- L’assegno di assistenza
Agli invalidi, con età tra i 18 e 65 anni ed un grado di invalidità compreso tra il 74 e il 99 percento, spetta un assegno mensile di assistenza per 13 mensilità.
Per fruire dell’assegno – pari quest’anno a euro 267,57 mensili – l’invalido deve essere disoccupato, residente in Italia e avere un reddito annuo personale (quello del coniuge non conta) che non superi un determinato limite (euro 4.596,02 per il 2012).
In presenza di queste condizioni, anche i cittadini stranieri, compreso gli extracomunitari se titolari di carta di soggiorno, possono ottenerlo.
- La pensione di inabilità
Spetta agli invalidi ai quali sia stata riconosciuta un’inabilità lavorativa totale e permanente del 100 per cento.
L’importo è pari a quello stabilito per l’assegno di assistenza, ma le condizioni di accesso sono più facili in quanto il limite di reddito annuo personale è molto più elevato (euro 15.627,22 per il 2012.)
- L’indennità di accompagno
Questa prestazione è un sostegno economico che viene erogato alle persone che non sono in grado di camminare o di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita (mangiare, lavarsi, vestirsi ecc.). L’importo dell’indennità, pari a euro 492,97 mensili, viene erogato per 12 mensilità.
Detta prestazione viene concessa a prescindere dall’età e dalle condizioni economiche dell’interessato. Possono ottenerla a qualsiasi età, sia le persone meno abbienti che i benestanti.
Non è poi legata alla composizione del nucleo familiare e non è reversibile.
E’ cumulabile con la pensione d’inabilità e con altre prestazioni spettanti per altre minorazioni civili ai ciechi e ai sordomuti.
E’ opportuno, comunque, data la particolare materia rivolgersi agli uffici del Patronato