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Redazione TirrenoNews

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Il 20 marzo l’udienza preliminare davanti al GUP del tribunale di Cosenza

Il pm Giuseppe Cozzolino ha chiesto il rinvio a giudizio di 46 imputati.

Ben 60 degli indagati per il momento restano fuori dal prossimo processo

Corsi fantasma finanziati con i fondi Por sono finiti nel mirino dei finanzieri di Amantea, che hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Cosenza 106 persone per truffa e malversazioni ai danno dello stato

Tutto nasce dall’associazione “Prometeo” di Cosenza.

Il fatto contestato riguarda corsi che non sarebbero mai stati in realtà svolti. Solo in qualche caso sarebbero stati tenuti ma in forma parziale. La conferma sarebbe arrivata dalla maggior parte dei lavoratori interessati alle iniziative di formazione che avrebbero negato d’aver seguito i programmi annotati sui registri.

Non solo: i finanzieri avrebbero accertato la totale assenza del materiale didattico e di cancelleria previsto dai progetti.

Il pm Cozzolino, adesso, vuole processare 46 persone imputate, a vario titolo, di truffa.

Si tratta di:

Aniello Bafaro, 51 anni, di Cosenza;

Loredana Naccarato, 51, di Cosenza;

Antonio Scornaienchi, 37, di Cosenza;

Maria Luisa Vivacqua, 44, di Cosenza;

Paola Vivacqua, 46, di Cosenza;

Michael Bruzzese, 44, di Cosenza;

Gregorio Tullo, 39, di Cosenza;

Libero Cafaro, 48, di Cosenza;

Nicola Pranno, 46, di Cosenza;

Carlo Bruno, 40, di Cosenza;

Giovanna Spataro, 48, di Cosenza;

Andrea Piluso, 29, di Cosenza;

Anna Maria Caristia, 52, di Cosenza;

Paola Sanna, 45, di Cosenza;

Sergio Tempo, 50, di Amantea;

Anna Maria Mannarino, 46, di Amantea;

Diana Bruni, 59, di Amantea;

Lina Falsetti, 32, di Amantea;

Vincenzo Ganci, 40, di Amantea;

Domenica Falsetti, 37di Amantea;

Rosa Spurio Fasci, 48, di Ardore Marina;

Ada Ruffolo, 48, di Belmonte Calabro;

Gerardo Colavolpe, 54, di Belmonte Calabro;

Anna Russo, 35, di Bisignano;

Rosario Marra, 49, di Borgia;

Maria Terromoto, 30, di Carolei;

Emilia Aiello, 30, di Castrolibero;

Vincenzo Merenda, 51, di Castrolibero;

Rosanna Mannarino, 33, di Longobardi;

Giacinto Mannarino, 38, di Longobardi;

Loredana Attanasio, 35, di Longobardi..

Renato Filice, 67, di Mangone;

Carmine Ruggiero, 52, di Maierà;

Elvira Venneri, 42, di Mendicino;

Salvo Milioti, 46, di Milazzo;

Antonio Malizia, 37, di Montalto;

Francesco Manno, 48, di Montalto;

Franca Falbo, 53, di Paola;

Silvio Buono, 46, di Paola;

Paolo Romagno, 46, di Paola;

Mario Pescatore, 33, di Pedace;

Antonella Biondi, 31, di Rende;

Domenico Tonnera, 46, di San Lucido;

Esterina Brancati, 56, di Spezzano Sila;

Natale Ermes Manzi, 35, di Spezzano Sila;

Restano fuori 60 indagati. A più tardi i nomi

Per ora vince Roberto Perrotta . Per ora vince la forma sulla sostanza.

La storia è quella del governo di centrodestra al comune di Paola guidato da Basilio Ferrari che ha dichiarato il dissesto economico e finanziario dell’ente locale.

E di conserva, la storia è quella di una parte del centro sinistra guidata dall’ex sindaco Perrotta che ricorre al TAR per bloccare la procedura di dissesto

L’attuale amministrazione era ed è difesa dagli avvocati Oreste Morcavallo e Giovanni Spataro, mentre la precedente amministrazione era ed è difesa dall’avvocato Pino Pitaro.

I ricorrenti hanno sostenuto che la proposta di deliberazione consiliare con cui è stato dichiarato il dissesto «non risulta sottoposta al Collegio dei Revisori dei Conti e, conseguentemente, è assente la relazione dettagliata di quest’ultimo organo prevista dall’articolo 246 1° comma del Tuel, né si evincono dalla delibera impugnata i presupposti previsti per la dichiarazione di dissesto».

Ed i giudici catanzaresi hanno ritenuto tale carenza importante sospendendo la procedura di dissesto.

Non solo ma i giudici hanno tenuto altresì conto delle rilevanti conseguenze pratiche determinate dalla delibera di dissesto : «Licenziamento-mobilità del personale dipendente e la rideterminazione della pianta-organica da parte dell’Ente, diminuzione dei servizi essenziali comunali, congelamento dei crediti, aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni patrimoniali nella misura massima consentita dalla legge, eliminazione dei servizi non indispensabili».

Né può escludersi la valenza delle conseguenze politiche che subirebbero gli amministratori ritenuti responsabili del dissesto «perché sarebbe impedito loro, ex lege, la possibilità di ricoprire incarichi pubblici e politico-amministrativi»

Ora la parola passa alla udienza di merito stabilita per il prossimo 11 ottobre.

Era il 1995 quando il capitano De Grazia morì improvvisamente nei pressi di Salerno, dopo aver pranzato in una stazione di servizio sulla A3, in direzione La spezia, dove avrebbe dovuto arrivare per compiere alcuni accertamenti in merito alle fatidiche indagini.

Dopo 18 anni di dubbi, ora la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti rassegna una relazione nella quale si afferma con certezza che il capitano De Grazia non è morto di causa naturale.

Ora 18 anni dopo l’ex ex pm della Procura di Reggio Calabria, Francesco Neri, nonché titolare dell'inchiesta sulle navi dei veleni, dichiara “il capitano è stato ucciso” spiegando che tutto questo può essere affermato “alla luce di quanto emerso dalla relazione conclusiva della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti".

Sottolinea Francesco Neri, oggi consigliere della Corte d'appello di Roma, che: "Le circostanze relative alla morte del capitano De Grazia le avevo già segnalate all'allora Presidente della Repubblica, Ciampi, con una relazione in cui, oltre a chiedere l'assegnazione all'ufficiale di una medaglia d'oro al valore militare, affermavo che nella malaugurata ipotesi in cui il capitano di corvetta Natale De Grazia fosse stato ucciso, chi aveva commesso l'omicidio aveva compiuto un'operazione chirurgica per bloccare le indagini, che poi effettivamente registrarono uno stallo essendo De Grazia un insostituibile esperto in questo tipo di indagini. Mi auguro che alla luce dei nuovi elementi emersi dall'indagine parlamentare la Procura di Nocera Inferiore disponga la riapertura dell'inchiesta sulla morte dell'ufficiale, così come invocato dalla famiglia".

Ed ora è un fiorire di articoli che richiamano il capitano De Grazia, al tempo in cui, ancora in servizio presso la capitaneria di porto di Reggio Calabria, iniziò una lunga collaborazione con la Procura reggina di cui faceva parte anche Neri, impegnato nelle indagini su traffico di rifiuti tossici e radioattivi nel mediterraneo.

Tra tutti anche chi ricorda che De Grazia era sulle tracce delle navi dei veleni che venivano utilizzate per inabissare sostanze tossiche. Ed era arrivato a scoprire storie pericolose. Il mistero dei cargo affondati nel Mediterraneo poteva essere risolto.

Natale De Grazia la notte in cui morì si stava recando a La Spezia, porto nel quale doveva fare una serie di approfondimenti, incontrando anche alcune fonti "riservate". A La Spezia, sapeva, essere in porto anche una strana imbarcazione la Latvia, una motonave dell'ex Unione Sovietica, che era stata dei servizi segreti russi.

Scrive la Commissione: "Dell'esistenza di questa nave si dà conto per la prima volta nell'annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Corpo forestale dello Stato di Brescia in data 26 ottobre 1995, nella quale si evidenzia che la nave, venduta ad un prezzo superiore al valore reale, avrebbe potuto essere destinata al trasporto di rifiuti nucleari e/o tossico-nocivi". E ancora: "Nell'area portuale di La Spezia è presente la motonave Latvia adibita al trasporto passeggeri, ex-sovietica, giunta nei cantieri Oram prima della caduta del blocco orientale. Nave ritenuta come appartenente ai servizi segreti sovietici (Kgb) (...). Attualmente è ormeggiata alla diga di La Spezia, è stata messa in vendita (forse dal tribunale) ed acquistata da una società Liberiana con sede in Monrovia, tramite un ufficio legale di La Spezia. Da fonte attendibile risulta che il prezzo pagato è superiore di quello del valore reale, e questo fa supporre che potrebbe essere utilizzata come "bagnarola" per traffici illegali di varia natura, in particolare di rifiuti nucleari e o tossico-nocivi (...)".

Un indizio, una strada da percorrere per giungere alla verità? Forse. D’altro canto in Italia siamo abituati ad avere risposte molto tardive. Chi non ricorda il caso delle 81 morti dell’Itavia al quale la cassazione solo pochi giorni fa ha data la risposta finale : missile, da tutti negata!!

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