Sono quasi certo di non essere pazzo. Semplicemente ho sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano accettabili, perché non hanno in loro ciò che cerco. Prima non lo sapevo. Molto tempo fa. Questo mondo così com'è fatto non è tollerabile. Ho bisogno di Marte, o della felicità o dell'immortalità e sono oggi in perfetta sintonia con un mio antico professore di filosofia molto incazzato con il primo uomo che aveva deciso di morire.
Ho un bisogno vitale di qualcosa che sia demenziale forse, ma che non faccia parte delle banalità di questo mondo mediocre e insopportabile. Non mi riferisco all’espressione: “ Siate realisti, chiedete l’impossibile” tanto decantata dai sessantottardi che conservano i cimeli della loro primavera sotto naftalina e ben curati nei loro armadi, pronti a mostrarli ai loro ospiti, dopo una cena fatta di salmone sockeye affumicato del Pacifico e con del caviale persiano.
Alcuni amici mi chiamano “signor no”! Accetto questo loro modo di esprimere il loro bene, ma devono sapere che il mio “no” è sinonimo di ribellione.
Non so perché ma in questo momento passano davanti a me le immagini di un vecchio film del 50 di Richard Brooks: “Crisis” con Cary Grant e José Ferrer. Il neuro- chirurgo Eugene Ferguson si sposa con Helen e parte per il Sud America in viaggio di nozze. Durante la luna di miele viene arrestato e tenuto in ostaggio da un gruppo di soldati nel pieno di un movimento insurrezionale contro il dittatore Farrago. L'uomo alla fine riesce a liberarsi, ma viene avvisato che il politico è gravemente affetto da un tumore al cervello ed ha bisogno di un'immediata operazione.
Nel frattempo il ribelle Gonzales rapisce la moglie di Ferguson, minacciando di ucciderla se il marito compirà l'operazione. Ferguson opera Farrago e l'operazione riesce. L'esito però viene tenuto segreto mentre il dittatore inizia il suo periodo di riabilitazione e l'opinione pubblica crede che il terribile aguzzino sia morto.
Quando il popolo invade il palazzo, Farrago muore realmente per la paura e Ferguson viene ringraziato dai ribelli. La sua avventura non finisce qui: uscendo dal palazzo Gonzales viene ferito ed implora l'aiuto del chirurgo... Lascio il finale a quei pochi curiosi che vogliono sapere. E’ in loro che mi riconosco.
Fin da ragazzino ho sempre voluto sapere tutto o nulla. Niente compromessi. A questa mia rigida posizione passionale, la ragione è sempre stata impotente nel cercare di rispondere. Questa mia richiesta è forse all’origine della mia meridionale “malinconia”, che cerca e non trova.
Il mondo di oggi è purtroppo lo specchio di questi signori dell’irrazionale che lo “dirigono”, probabilmente verso il nulla. Se i “creativi” che, attraverso il loro “fare” da una parte, pensano di contestare la realtà, sanno, (è auspicabile) che dall’altra, ad essa si sottopongono. Meglio abbandonarmi all’oblio come fa Robert De Niro in una scena indimenticabile di “C’era una volta l’America” di Sergio Leone.
De Niro che entra in una sala di fumatori d’oppio e si toglie con grande dignità quel suo cappotto sgualcito e quel cappello sfoderato, prima di sdraiarsi e perdersi nell’oblio. Ciò che mi rimane addosso è l’odore di quel tessuto e del vissuto che i suoi occhi socchiusi e il suo incredibile sorriso mi hanno trasmesso. Null’altro.
Gigino A Pellegrini & G elTarik