Il testo dell’articolo di Iacchitè:
“L’esperienza di Monica Capizzano al Liceo “Pitagora”
Monica Capizzano, scrittrice e criminologa laureata all’Università della Calabria in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, ritorna, a distanza di due anni, al Liceo Scientifico-Linguistico Pitagora di Rende.
Col fare impetuoso e la determinazione di una “cosentina doc”, la criminologa, che un po’ per lavoro un po’ per obiettivi personali si divide tra Milano, Vicenza e l’America, parlando della sua vita itinerante, afferma: “Il difficile non è andare via per cercare fortuna, ma restare”.
Proprio per questo, coltiva la sua passione più grande, parlare e trasmettere le sue conoscenze agli studenti calabresi.
La prima volta aveva spiegato ai ragazzi i rischi legati al consumo di droghe, questo secondo incontro è stato incentrato sui rischi legati all’uso dei social network ed il cyberbullismo.
Alternando vicende personali a dati statistici, avverte i ragazzi del forte rischio di una perdita di identità e di come la pubblicazione di foto personali ci esponga a rischi elevatissimi. Parla di seconde vite online e della poca consapevolezza dei giovani utenti dei social.
Spiega cos’è il bullismo o il cyberbullismo senza giri di parole e senza freni: “Il cyberbullismo è Carolina Picchio, suicida a 14 anni che, durante una sera in discoteca, viene drogata, sessualmente sfruttata, registrata e in seguito ricattata per quei video.”
Presenta la vittima ma soprattutto i bulli, che non sono solo i ragazzi che l’hanno drogata, molestata e minacciata, i “bulli” siamo anche noi: “quando lo raccontai in una scuola una ragazza si alzò in piedi e mi disse – e che ci è andata a fare in discoteca a 14 anni?-.
Lì ho capito che è finita.” afferma amareggiata, consapevole della cattiveria delle persone.
Continua a ribadire “è finita”, ma è lei stessa che, presentandosi davanti agli studenti, trasmette un messaggio di fiducia. Lo fa chiedendoci di essere empatici senza fermarci ad un post su Facebook o ad una foto su Instagram.
Carolina Picchio non è stata uccisa solo dai ragazzi che hanno abusato di lei, ma dai 2500 like che le persone hanno lasciato su quei video, è stata uccisa dalla cattiveria che leggeva nei commenti e da tutte quelle persone che hanno fatto finta di non vedere, ma che al suo funerale hanno pianto per lei.
Ed è la stessa Capizzano a chiederci: a cosa servono quelle lacrime elettroniche?
Ma il suo vero insegnamento è stato quello di mettersi alla pari con i diciottenni presenti in sala, parlando come se fosse un’amica e raccontando ormai con orgoglio la sua storia.
Una ragazzina di un brutto quartiere presa in giro perché ‘diversa’, quella ragazzina si è fatta strada da sola, si è pagata gli studi svolgendo tre lavori contemporaneamente, riuscendo a studiare persino in America e a scrivere dei libri.
Nelle scuole ripete il suo mantra: “ammirate la bellezza del diverso, perché degli uguali non si ricorderà mai nessuno”.
Alla luce della sua esperienza e dei numerosi libri pubblicati, conclude affermando: “il successo non è la realizzazione dei nostri piani, il successo è volersi bene”.