Pochi sanno cosa sia e pochissimi se ne curano o si informano.
Il glifosato è un diserbante sistemico fitotossico per tutte le piante.
A differenza di altri prodotti, viene assorbito per via fogliare (prodotto sistemico), ma successivamente traslocato in ogni altra posizione della pianta per via prevalentemente floematica.
Questo gli conferisce la caratteristica di fondamentale importanza di essere in grado di devitalizzare anche gli organi di conservazione ipogea delle erbe infestanti, come rizomi, fittoni carnosi ecc., che in nessun altro modo potrebbero essere devitalizzati.
L'assorbimento del prodotto avviene in 5-6 ore, e il disseccamento della vegetazione è visibile in genere dopo 10-12 giorni.
Il successo del glifosato è dovuto alla sua bassa pericolosità, dovuta a vari fattori, tra i quali vi è la bassa tossicità per l'uomo rispetto agli erbicidi in uso all'epoca della sua introduzione.
Il prodotto ha una penetrazione molto bassa nel suolo, limitata a una profondità di circa 20 centimetri, va incontro a facile degradazione in quanto facilmente attaccato e distrutto dai batteri presenti nel suolo e, di conseguenza, è molto limitata la probabilità che suoi residui riescano a raggiungere le falde acquifere.
Questo è confermato dalla sua maggior presenza nelle acque superficiali e nella scarsa frequenza di rinvenimento nei pozzi.
Riduce, inoltre, il consumo e la degradazione del suolo, poiché evita di dover sottoporre ad arature profonde i terreni destinati a coltivazione.
Nel tempo, sul glifosato, si sono succedute diverse valutazioni di rischio da parte di Agenzie governative; secondo un'inchiesta di Le Monde del 2017 relative a cosiddetti "Monsanto papers" tali valutazioni sarebbero state oggetto di tentativi di influenzarle da parte di Monsanto, .
Però nel marzo 2015, l'organismo internazionale IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato la sostanza e i fitofarmaci che la contengono come "probabile cancerogena per l'uomo" inserendola nella categoria 2A.
Studi in laboratorio hanno dimostrato che il glifosato induce nelle cellule danni a livello genetico e stress ossidativo.
Escludendo un lieve incremento di linfomi non Hodgkin tra gli agricoltori esposti, le prove di carcinogenicità sull'uomo e sugli animali sono limitate.
A novembre 2015, l'EFSA-Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con una procedura che prevede una valutazione tecnica da parte di un ente di uno stato membro, in questo caso il BfR tedesco, ha concluso che "è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo" e ne ha proposto "nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti".
Nel marzo del 2017 un nuovo studio della ECHA (l’agenzia per le sostanze chimiche dell'Unione) ha concluso che il glifosato non può essere considerato cancerogeno né genotossico.
In Italia il 7 ottobre 2016 è entrato in vigore il Decreto del Ministero della salute del 6 settembre, con il quale si dispone la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti Glifosato con il coformulante Ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791- 26-2) a partire dal 22 novembre 2016 e al loro impiego a partire dal 22 febbraio 2017.
Oggi l’Europa con una decisione, che ha registrato il voto favorevole di 18 Paesi, nove contrari fra cui l’Italia ed un astenuto, ha rinnovato per cinque anni l’autorizzazione per la commercializzazione e l’utilizzo del prodotto.
Riceviamo e pubblichiamo
“Dunque, la struttura sanitaria di Praia a Mare, per i contenuti del decreto del Commissario Sciabica, l’informativa data dai sindaci del territorio e il roboante timbro apposto dal Ministero della Salute, dovrebbe presto avviare il percorso per traguardare l’attuazione della sentenza del Consiglio di Stato.
E’ un risultato atteso da cittadini, lavoratori e pensionati che soffrono da tempo per il depotenziamento dei servizi del territorio.
Un impegno messo nero su bianco che premia la lungimiranza e la tenacia delle amministrazioni locali e dei soggetti sociali che vi hanno fortemente creduto.
Un risultato decretato che occorrerà conoscere nel dettaglio degli impegni e che deve ora trovare cogente attuazione e armonizzazione nel quadro della programmazione della rete ospedaliera aziendale il cui Atto è approvato con DCA 117/2017.
Il ricostituendo Presidio ospedaliero di Praia a Mare, dentro una logica equilibrata e funzionale dell’offerta sanitaria del distretto tirrenico, offre dunque occasione per calibrare la mappa sanitaria del territorio che non può vivere nella precarietà di posti letto, reparti, strumenti, attrezzature, personale e dirigenze che vanno e vengono da un presidio all’altro in rapporto a emergenze contingenti, all’instabilità di decreti e interessi che nulla hanno a che spartire con un sistema sanitario improntato a garantire quale unico scopo i livelli essenziali di assistenza.
La ripartenza dell’Ospedale di Praia a Mare dunque, oltre a contribuire a rimarginare la ferita sanitaria subita dall’Alto Tirreno in attuazione di una lunga e caotica programmazione commissariale, può essere elemento strategico per rafforzare l’offerta assistenziale sulla fascia tirrenica e le aree interne, frenare l’emorragia della migrazione sanitaria oltre confine e attivare un possibile attrattore di mobilità attiva.
Alla CGIL non sfuggono i rischi e le resistenze che potrebbero frenarne il percorso attuativo.
C’è la consapevolezza che la palude sanitaria di inadeguatezze, burocrazie e interessi vari possa ingoiare ogni attesa se non prevale la precisa volontà di predisporre un cronoprogramma attuativo del processo di riconversione della struttura praiese che definisca con certezza obiettivi, compatibilità, tempi, risorse umane, finanziare e strumentali ed una appropriata governance.
Dentro tale quadro è evidente la necessità che la direzione Aziendale Provinciale, il Commissario ad Acta e la direzione distrettuale aprano un celere confronto con le OO.SS. affinchè venga assunto e data soluzione allo stato di sofferenza dell’intera filiera sociosanitaria del territorio che lamenta evidenti criticità:
- dall’inefficacia funzionale dell’offerta ospedaliera alle risonanze magnetiche ferme,
- dalle postazioni di 118 mai attivate alle poche ambulanze medicalizzate,
- dalle piscine riabilitative pediatriche chiuse ai reparti, agli strumenti e al personale che si spostano alla bisogna da un presidio all’altro,
- dalle liste d’attesa incontrollate allo squilibrio dell’offerta privata convenzionata,
- dall’uso smisurato di straordinario alla mancanza di personale o al suo impiego,
- dalla scarsa integrazione socio sanitaria al servizio di continuità assistenziale,
- dalla tortuosità dell’accesso alle cure alla qualità dell’accoglienza ospedaliera o alla sicurezza degli edifici sanitari e così in avanti.
E’ tempo quindi di guardare a tali emergenze dentro una visione organica della sanità territoriale slegata da campanilismi, clientele, lobby sanitarie ed interessi opachi che la CGIL ha sempre denunciato.
E’ tempo di cogliere il malessere dei cittadini nell’accesso al diritto di cura e rifuggire da un’autoreferenzialità interna al sistema e dall’invadenza politica di nominifici e protettorati.
La CGIL dell’Alto Tirreno, unitamente alle categorie interessate e alle rappresentanze aziendali, è impegnata a sollecitare un coerente e partecipato percorso di rilancio e cambiamento della sanità convinta della funzione inclusiva e solidaristica del SSN quale pilastro fondante della cittadinanza.
Uniche coordinate di tale percorso, in un contesto regionale e territoriale di fragilità economica e sociale delle famiglie e di prevaricazione di fenomeni corruttivi e di illegalità, sono per la CGIL, la centralità del bisogno sociosanitario dei cittadini e la valorizzazione del lavoro dentro una governance trasparente ed efficace della sanità capace di garantire qualità della spesa, dei servizi e del lavoro.
L’Alto tirreno cosentino ha oggi in mano l’opportunità di giocarsi un riposizionamento sanitario importante che deve rappresentare una sfida responsabile e unitaria nel guardare agli interessi generali di salute del territorio.
Giuseppe Guido Mimma Iannello
Segretario Generale CGIL Responsabile Cgil Tirreno
Comprensorio Pollino Sibaritide Tirreno
Lì 23.09.2017
Il Ministro Lorenzin rassicura e dichiara che "le uova italiane sono sicure”.
Ed invece escono campioni di uova contaminate in tutto il paese
Addirittura e, da ultimo, anche nel catanzarese.
Insomma il caso delle uova contaminate dall’insetticida Fipronil si allarga a macchia d’olio.
Si apprende, infatti, di campioni di uova contaminate rinvenute in un allevamento a Serrastretta.
Anziché correre ai ripari e segnalare la situazione di pericolo il Ministro della Salute è stata zitta.
Anzi ha fatto di peggio rassicurando i consumatori fino ad affermare che “quelle italiane sono uova sicure”.
In questo modo, ha lasciato che i Cittadini continuassero ad acquistare tranquillamente uova e prodotti composti con uova contaminate, esponendoli a un rischio diretto.
Ora il Codacons sollecita controlli a tappeto anche sui prodotti derivati.
Tuttavia riteniamo doveroso, dopo il coinvolgimento anche di allevamenti calabresi, chiedere le immediate dimissioni del Ministro della Salute ed inviamo tutti coloro che dovessero aver mangiato o acquistato uova contaminate a denunciare direttamente il Ministro - afferma Francesco Di Lieto vicepresidente nazionale del Codacons - per concorso nei reati di immissione in commercio di prodotti tossici ed attentato alla salute pubblica.
Attendiamo le dimissioni del Ministro - proseguono dal Codacons - che anche in questa circostanza si è dimostrata del tutto inadeguata a rivestire un ruolo istituzionale così importante e delicato e sollecitiamo un controllo a tappeto sui prodotti derivati.
Chiediamo campionamenti random di alimenti in commercio - conclude il Codacons - come carni di pollo e composti dalla trasformazione delle uova come maionese, prodotti da forno, pasta fresca all’uovo …
Nel contempo pretendiamo di conoscere i nomi delle aziende coinvolte per la dovuta trasparenza
Noi vi suggeriamo di mangiare le uova dei piccoli allevamenti locali.
E sono tanti