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12 i Comuni calabresi sciolti per mafia, nel 2017

Mercoledì, 04 Aprile 2018 14:58 Pubblicato in Calabria

Sei in provincia Reggio, 4 Catanzaro e uno Cosenza e Crotone

E' la Calabria la regione con il maggior numero di Comuni sciolti nel 2017 perché la loro attività e la loro gestione sono state infiltrate e condizionate dalla criminalità organizzata.

Lo rileva l'ultima Relazione del Ministro dell'Interno sull'attività delle Commissioni per la gestione straordinaria degli enti sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso.

I Comuni calabresi nei confronti dei quali é stato adottato il provvedimento di scioglimento sono.

- 6 in provincia di Reggio (Canolo, Laureana di Borrello, Bova Marina, Gioia Tauro, Brancaleone, Marina di Gioiosa Jonica),

-4 in provincia di Catanzaro (Sorbo San Basile, Cropani, Petronà e Lamezia Terme),

-uno nella provincia di Cosenza (Cassano allo Jonio)

-e uno nella provincia di Crotone (Isola Capo Rizzuto).

Dal 1991 al 26 marzo 2018 sono stati emanati nel complesso 463 decreti ex art. 143 del testo unico sugli enti locali, dei quali 163 di proroga di precedenti provvedimenti.

Su 300 decreti di scioglimento, 25 sono stati annullati dai giudici amministrativi.

Ben 21 sono gli scioglimenti decisi nel 2017: si tratta dei comuni di Scafati (Salerno, già sciolto nel 1993), Casavatore e Crispano (entrambi della provincia di Napoli, il secondo già sciolto nel 2005), Parabita (Barletta- Andria- Trani), Lavagna (Genova), Borgetto (Palermo, che al momento era affidato ad un commissario straordinario a causa delle dimissioni rassegnate dalla quasi totalità dei consiglieri), San Felice a Cancello (Caserta), Gioia Tauro (già sciolto nel 2003 e 2008), Canolo, Bova Marina (già sciolto nel 2012) e Laureana di Borrello (questi ultimi tre in provincia di Reggio Calabria), Castelvetrano (Trapani), Sorbo San Basile (Catanzaro), Cropani (Catanzaro), Brancaleone (Reggio Calabria), Valenzano (Bari), Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria, già sciolto nel 2011), Lamezia Terme – al suo terzo scioglimento – e Petronà (Catanzaro), Cassano all’Ionio (Cosenza), Isola di Capo Rizzuto (Crotone, già sciolto nel 2003). I primi scioglimenti deliberati nel 2018 riguardano i comuni di Cirò Marina (Crotone), di San Gennaro Vesuviano (Napoli, già sciolto in passato in altre due occasioni), di Mattinata (Foggia) e di Scilla (Reggio Calabria).

Tenuto conto che 55 amministrazioni sono state colpite da più di un decreto di scioglimento, le amministrazioni locali complessivamente coinvolte nella procedura di verifica per infiltrazioni della criminalità organizzata sono state fino ad oggi 256 e di esse 231 sciolte per mafia.

Le quattro regioni maggiormente coinvolte nelle procedure di scioglimento per infiltrazioni mafiose sono la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia.

Amantea. Sempre più povera.

Mercoledì, 04 Aprile 2018 10:17 Pubblicato in Economia - Ambiente - Eventi

“A mantiella a terza”

Come si dice, qui da noi: “ a vucca è na ricchizza e l’america è na bellizza”

Per favore, non capite male, questo articolo.

Non ce l’abbiamo con l’amministrazione comunale vigente, nè con quelle precedenti. Affatto.

Se la nostra Amantea, infatti, scende sempre più nella scala di importanza dei paesi calabresi la colpa è sicuramente del diavolo che in ogni cosa che si fa ci mette il suo dannato zampino.

Ma andiamo ai dati.

Il comune calabrese più ricco è Soverato con un reddito imponibile procapite di 20.072 euro

Seguono Rende, poi Cosenza, Catanzaro, Castrolibero, Villa san Giovanni, Reggio Calabria, Vibo Valentia

La sorella tirrenica a noi vicina quale è Paola che è undicesima in graduatoria regionale con un reddito di17.085 euro.

A sud, e sempre vicina a noi, è Lamezia Terme con un reddito imponibile di 15.529 euro procapite.

Ma vediamo di fare qualche confronto

I dati del Mef sui redditi del 2016 evidenziano che in Italia il reddito imponibile pro capite è di 19.514 € in crescita rispetto al 2015 dello 0,7%.

La regione più ricca è la Lombardia  con 23.066 € pro capite, seguita dalla Emilia Romagna con 21.269 €, dal Lazio con 21.260 € e di seguito dal Piemonte, dal Trentino Alto Adige, dalla Liguria, dalla Valle d’Aosta, dal Friuli Venezia Giulia, dal Veneto, tutte regioni con oltre 20mila € di reddito procapite

Seguono la Toscana, l’Umbria, le Marche tutte con più di   18.000 €

Sardegna, Abruzzo e Campania vantano più di 16.066 €

Sicilia, Puglia, Basilicata e Molise hanno più di 15.093 € procapite.

Disperatamente ultima la nostra Calabria con 14.270 € procapite

Ma torniamo a noi.

Ed Amantea?

Il reddito procapite di Amantea è pari a 14.296 € procapite e 8516 contribuenti.

Stanno meglio di noi anche Praia A Mare e Diamante.

Più sotto, invece, Scalea, Belvedere M, Cetraro, Acquappesa, Guardia P, San Lucido, Fuscaldo, tutti , comunque, sopra i 13 mila euro.

Chi paga una raccomandazione per un posto di lavoro ai figli e chi prende questi soldi millantando di avere le conoscenze giuste per ottenere il risultato, sono sullo stesso piano quanto a livello di «turpitudine» del comportamento, sottolinea la Cassazione in un curioso verdetto su un 'affaire' napoletano.

Tuttavia ad avviso degli 'ermellini' - che hanno respinto il ricorso di un padre che rivoleva i 20mila euro pagati invano a un 'amico' per un posto in banca alla figlia - se la raccomandazione fallisce, e il posto evapora, i soldi devono restare a chi se li è presi, come accadeva nell'antica Roma.

Con buona pace di chi ha pagato per nulla.

In vicende del genere, spiegano i supremi giudici, prevale «il noto brocardo romanistico» per cui «in pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis».

Insomma quando il 'contratto' di scambio avviene nella reciproca scorrettezza, nulla può essere richiesto indietro e si tiene i soldi l'ultimo che li ha messi in tasca.

Spiega la Suprema Corte che pagare per un posto è senz'altro un «illecito» contrario alla legge e all'ordine pubblico, e questo «a prescindere dall'esito, magari anche negativo, della trattativa immorale».

È pure un atto contrario al buon costume, sottolinea la Cassazione.

E quando un accordo 'turpe' realizza «la contemporanea violazione tanto dell'ordine pubblico quanto del buon costume, attingendo ad un livello di maggiore gravità», nulla si può pretendere indietro.
Così - come nella migliore tradizione napoletana - chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato: i soldi rimangono a chi li ha presi e anche l'articolo 2035 del codice civile viene in soccorso dicendo che «chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca offesa al buon costume non può ripetere quanto ha pagato».

Pertanto Francesco B., un padre di Torre Annunziata nel napoletano, truffato dall'amico Francesco L.M. che si era fatto dare 20mila euro assicurandogli un lavoro al Banco di Napoli per l'amata figlia Luisa, non riavrà il prezzo della raccomandazione flop.

Il poveruomo raggirato aveva denunciato per truffa il millantatore, ma la prescrizione lo aveva salvato.

In primo grado il tribunale torrese aveva detto NO alla restituzione, poi la Corte di Appello di Napoli nel 2016 aveva dato ragione al padre e ordinato all'amico di ridargli i soldi.

Ora la Cassazione ha accolto il ricorso del millantatore e ha definitivamente stabilito che si deve tenere i soldi.

In nome della «natura della causa e del comportamento, sicuramente da censurare» tenuto da entrambe, il verdetto ha stabilito che le spese legali devono pagarle metà per uno.

 

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