Ogni cittadino può trovarsi a scrivere ad una delle pubbliche amministrazioni per chiedere un atto, o l’adozione di un provvedimento od altro.
E spesso il politico od il dirigente, o funzionario, non rispondono alla richiesta con la tempestività che il cittadino si aspetta.
E se li solleciti, spesso se non sempre, ti senti rispondere “ Ho 30 giorni di tempo!” .
Come se 30 giorni fossero infiniti od almeno lunghissimi.
Quasi si spera che il cittadino dimentichi. Ma non sempre è così.
Riprendiamo questa diversa interpretazione alla luce della sentenza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione (Presidente: ROTUNDO Relatore: COSTANTINI) adottata il 23/01/2018 e depositata in data 8 marzo 2018, relativa alla ricadenza dell’art 328, comma 2, del codice penale che punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo.
La richiesta alla PA , ovviamente, deve essere rivolta per iscritto
Ora la Cassazione ha affermato che il reato non è configurabile quando la richiesta non è qualificabile quale diffida ad adempiere, diretta alla messa in mora del destinatario e da quest'ultimo in tali termini valutabile, per il suo tenore letterale e per il suo contenuto.
“Seppure, quindi, non siano necessarie frasi che riproducano pedissequamente la formulazione della legge in termini di «diffida» e «messa in mora», il contenuto della richiesta deve essere tesa a rappresentare quantomeno la cogenza delle richiesta e la sua necessità di un adempimento direttamente ricondotto alla disciplina del procedimento amministrativo e, se nel caso, circa le conseguenze in termini di responsabilità (incluse quelle penali) di una mancata risposta nei termini.
Solo a tali condizioni può ritenersi immediatamente e chiaramente percepibile, quale diffida; atto che già a livello lessicale implica la necessità di rappresentare le conseguenze in cui si incorre in caso di inadempimento, secondo la conformazione del reato, introdotto dall'art. 16 L. 26 aprile 1990, n. 86, che ha inteso rafforzare la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, con la previsione di un paradigma legale che, attraverso la attivazione del diritto potestativo della istanza, conseguisse una tutela rafforzata delle posizioni soggettive, la cui salvaguardia era in precedenza demandata ai soli strumenti procedimentali o giurisdizionali dinanzi al giudice amministrativo”.
Può allora bastare una frase del genere “ La prego di non sottovalutare la presente richiesta che p resa anche ai sensi dell’art 328 del CP”
Secondo noi si. E poi nessuno deve lamentarsi!