C’è un aspetto importante che va oltre il prendere atto che viviamo in una società di narcisisti patologici. Freud, ma anche Jung, sapevano bene che il narcisista per un terapista è quasi incurabile, perché non vede gli altri, e vive in una sorta di delirio dove conta soltanto quello che si fa, il proprio aspetto, e il successo che si riscuote.
Vanità Illusione. Docile si arrende al dio migliore.
Vanità è uno " stato mentale ", un "mood" che devi condividere da dentro, è un modo di essere, è amore per la natura e per l’ambiente, è un voler essere sano e bello!
Sulle colline che confinano con l’antica Clampetia viveva una lince. Ogni volta che passava vicino ad una pozza d’acqua non perdeva l’occasione di specchiarvisi. “Sono bellissima!” diceva ogni volta tra sé.
“Ho un muso elegante, e le orecchie, poi, sono meravigliose. Nessun gatto ha le orecchie più slanciate e maestose delle mie!” Non si sarebbe mai allontanato dall’acqua, tanto le piaceva ammirarsi in essa. Erano proprio le sue orecchie che la rendevano anche gambe lunghe e snelle, ma a quelle non badava, perché anche i suoi simili le avevano uguali. Apprezzava quell’ornamento ai lati della testa a tal punto fiera, Aveva che, in caso di disgrazia, avrebbe preferito spezzarsi una gamba piuttosto che rovinarsi le orecchie.
Ma venne il giorno in cui dovette accorgersi quanto fosse sbagliato il suo modo di ragionare. Era l’alba, e la gattona era appena uscita dal suo rifugio notturno per cercare un po’ di cibo. Stava attraversando una radura, quando udì alcuni spari lontani e subito dopo un abbaiare furioso di cani. Stavano arrivando i cacciatori! Vi fu un fuggi, fuggi generale ed anche la lince si mise a correre per nascondersi nel bosco. I cani intanto, fiutata la sua presenza, la inseguivano, cercando di raggiungerla.
“Presto, gambe mie!” pensava tra sé la gattona. “La mia salvezza dipende da voi! correte veloci!”
Le sue zampe facevano il loro dovere e la portarono velocemente fino al bosco. qui finalmente l’animale poté respirare. Si sentiva ormai al sicuro. “Ora penetrerò nel fitto del bosco” si disse; “mi nasconderò ed i cani non mi troveranno più.”
Ma, mentre così pensava, le sue bellissime e lunghe orecchie appuntite si impigliarono in un cespuglio di rovi e lei s’arrestò di colpo. Si udivano i cani abbaiare sempre più vicino. Allora la lince, presa dal terrore, incominciò a scuotersi e dimenarsi per liberare le orecchie impigliate nel roveto fino a strapparsele, prima che i cani riuscissero a raggiungerla. I cani, una volta raggiunto il roveto, attratti dall’odore del sangue e dalla vista delle orecchie appese, si buttarono a capofitto nel roveto, dove finito di mangiarsi le orecchie della lince, ebbero un bel da fare nel cercare di venir fuori da quel cespuglio di rovi. La lince sanguinante avrebbe perso la vita se non fosse stata raccolta e curata da un animalista che viveva ai margini del bosco, che la rese anche abbastanza docile e simile ad altri gatti, grazie anche all’amputazione subita.
Il narcisismo è una condizione psicologica, e in questo caso “identitaria”, che caratterizza l’uomo moderno e consiste nella disposizione dell’individuo a vedere il mondo come uno specchio, come una proiezione delle proprie paure e dei propri desideri. Il primo e quasi unico comandamento dei narcisi è “farsi vedere”. Narciso, nella mitologia greca, si specchia nell’acqua beandosi di se stesso, e per i narcisi la visibilità viene prima dell’ammirazione, precede il giudizio di valore altrui. Farsi vedere è più importante che piacere. I social network moltiplicano le occasioni per dare mostra di sé. Un tempo, per essere visto, il narciso doveva accontentarsi della passeggiata sul corso della cittadina, al bar del centro, alle feste, ma sui social l’evento è permanente, il flusso di immagini è continuo. Esserci è l’anfetamina del narciso. Si nota benissimo in politica, dove su Twitter, i politici tendono a esprimersi su qualunque fatto di attualità: non è importante ciò che dicono, ma essere presenti.
Forse aiuterebbe guardarsi allo specchio:
“che ora è il tempo per quel volto di formarne un altro;
se ora tu non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, e una madre privi di benedizione.
…O qual è l'uomo così fatuo da voler essere la tomba
dell'amor di se stesso, arrestando la sua posterità?
Tu sei lo specchio di tua madre, ed ella in te
rimemora il leggiadro aprile del suo rigoglio;
e così dalle finestre della tua vecchiaia tu vedrai,
a dispetto delle rughe, questo tempo tuo dorato.
Ma se tu vivi per non essere ricordato,
muori solo, e la tua Immagine muore con te."
Gigino A Pellegrini