Topolin, Topolin, viva Topolin!
Assomigli a tutti noi, sei furbo e birichin
e percio’ noi gridiam, viva Topolin!
Solo tu – Topolin! – puoi capir – Topolin!
i mille e mille sogni di un bambin, ah! ah! ah!
Noi gridiamo in coro, evviva, evviva, urra’, si’, si’!
Topolin, Topolin, viva Topolin!
Che fa sempre divertire i grandi ed i piccin
e percio’ noi gridiam, viva Topolin!
Da oltre 50 anni il settore pubblico trasferisce al Sud più risorse di quanto ne riceva, con l’obiettivo di aiutare lo sviluppo. Eppure, paradossalmente, sono cresciuti i consumi, alimentati da una diffusa economia sommersa, ma non uno sviluppo autonomo. La verità è che i trasferimenti pubblici da soluzione della difficile economia del Sud, si sono trasformati in problema.
La classe politica locale e regionale si è trovata a gestire risorse crescenti in un quadro di grande fragilità storica della società civile.
In tale contesto, la “castina” locale, per ottenere il consenso politico, fatte salve alcune eccezioni, si è concentrata nel distribuire benefici particolari, piuttosto che offrire beni e servizi collettivi.
A tale proposito, sarebbe opportuno far luce sulle ragioni del disagio sociale che oggi paralizza questa cittadina, come tutta la Calabria. Ricostruire gli eventi che hanno condotto alla all’impantanamento.
Un’analisi seria dalla quale far scaturire una nuova visione capace di dare voce a chi da troppo tempo è rimasto nell’ombra per costrizione o volutamente. Una maggioranza, questa, silenziosa, priva di una coscienza collettiva e incapace di ribellarsi.
Una maggioranza di morti viventi sempre più numerosa che va ad infoltire le fasce di disagio sociale che si stanno estendendo in modo minaccioso e autodistruttivo. In realtà, negli ultimi anni, in questa parte d’Italia, per ciò che riguarda la cosiddetta “società civile”, caratterizzata da una debolezza della cultura civica, sono accadute cose di non poco conto: le stragi di ‘ndrangheta, la collusione fra privati cittadini e potere amministrativo, il peso sempre crescente della criminalità organizzata nella vita quotidiana, nell’economia, nell’organizzazione sociale. Peraltro, molte patologie sociali: mancanza del vivere comune, con endemica complicità di gruppi sociali ed enti pubblici con la criminalità. Senza tralasciare i comportamenti anti solidale e razzismo strisciante che non provengono dal di fuori, ma dal ventre della collettività.
Una cittadina può considerarsi marcia quando può credere che gli sia lecito perseguire impunemente il “bene particolare”. Un “bene” fatto di mazzette, facili concessioni edilizie, manipolare posti nella pubblica amministrazione, ecc. Tuttavia, qui, non si tratta di negare l’esistenza di gruppi, di settori, attivi, generosi, preziosi per la realtà concreta di una civile, anche se difficile, convivenza sociale.
Pertanto, per spiegare quel circuito economico-sociale alternativo- (che evade il fisco, ma, anche, la normativa sul lavoro regolare, o quello sulla sicurezza e sull’inquinamento ambientale e sull’appropriazione indebita di suolo demaniale) - a questa “società civile”, il punto di partenza non può che essere la coscienza collettiva.
Molti potrebbero pensare che la diffusione dell’economia sommersa non sia che l’effetto di una situazione di sottosviluppo economico, come accade in molti Paesi arretrati. Ma, non è del tutto così, da queste parti.
Se si è toccato il fondo, forse bisogna darsi da fare e smetterla di parlare a bassa voce. Per vedere tutta la virtù di Mosè, diceva Niccolò Machiavelli, era necessaria tutta la miseria di Israele.
Fin dalla nascita della Repubblica, un sistema politico centrale, ad alta densità di corruzione, sembra aver dato in comodato d’uso tutto il Sud al malaffare.
La corruzione, in altri termini, non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici, ma produce un grave deficit di convivenza.
Inoltre si assiste indifferenti all’assegnazione di risorse addizionali e un vantaggio concorrenziale proprio ai meno onesti, ai più spregiudicati e abili nel reinvestire la pioggia di denari, nella costruzione delle loro reti clientelari, con l’introduzione di elementi di arbitrarietà nelle politiche di controllo e vigilanza e nella produzione di norme che finiscono per diventare largamente assolutorie della corruzione medesima, specie ove la stessa si concretizza come procedura difensiva per la rimozione di ostacoli, come pratica di condoni e scudi, come smantellamento del sistema dei controlli e delle autorizzazioni.
Le conseguenze sono state rilevanti, perché, non solo non si sono rafforzate adeguatamente attività capaci di stare sul mercato, ma si è determinato l’effetto perverso di favorire l’economia sommersa e la sua componente criminale. Si è sviluppata una piccola imprenditorialità operante soprattutto, nel settore di alcuni servizi, a bassa produttività, (commercio, alberghi, ristoranti, altri servizi ad personam), per la quale lavoro nero ed evasione fiscale sono requisiti strutturali per stare sul mercato; stessa pratica anche nell’edilizia, nelle attività commerciali e nell’arbitrarietà di gestire l’Amministrazione pubblica. Un esempio recente: il tanto discusso rinnovo dell’incarico di responsabile dei servizi manutentivi del Comune, scaduto il 31 gennaio scorso, come pure il rinnovo dello “staff” del sindaco.
In aggiunta, le difficoltà che le poche attività imprenditoriali meridionali sane incontrano per carenza di infrastrutture e servizi, inefficienza e arbitrarietà di alcune amministrazioni pubbliche.
Del resto, è significativo che le regioni meridionali si segnalino per la più ampia diffusione del lavoro nero e non regolare (che raggiunge punte di oltre il 20%, ovvero il doppio delle regioni del Centro-Nord), e per il maggior radicamento dell’economia criminale che attira sempre più i giovani.
A questi se ne aggiunge un’altra particolarmente, presente: una vasta area di dipendenti del settore pubblico, spesso precari, con remunerazioni molto basse o sussidi esistenziali, che integrano il loro reddito con il lavoro nero, o irregolare e addirittura incarichi “a costo zero” a dei “volontari” amanti della propria cittadina.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik