In questi giorni mi ritrovo spesso a pensare al grande Greco!
Porto sempre con me una statuetta rappresentante Socrate, il grande filosofo greco che "sapeva di non sapere". Quando sono assillato da dubbi, guardo la statuetta e mi tornano in mente le pagine scritte dal suo discepolo Platone.
Quando scoppiò la rivoluzione in Atene, gli uomini combatterono per essa o contro di essa, strenuamente, fino alla morte. La democrazia vinse, il fato di Socrate fu deciso: egli era il capo spirituale del partito ribelle, quantunque fosse stato personalmente pacifico; era la fonte dell'odiata filosofia aristocratica, il corruttore dei giovani, ebbri di diatribe. Come dicevano Anito e Mileto, era meglio che Socrate morisse.
Il mondo sa il resto della storia, poiché Platone la scrisse in una prosa più bella della poesia. Noi abbiamo la fortuna di poter leggere per nostro conto quella semplice e coraggiosa, se non leggendaria Apologia, o difesa, in cui il primo martire della filosofia proclamò i diritti e la necessità del libero pensiero, sostenne il valore di esso nei confronti dello Stato e non volle chieder grazia a una folla che aveva sempre disprezzato.
La folla aveva pieni poteri di perdonarlo; egli si rifiutò di appellarsi ad essa. Fu una singolare conferma delle sue teorie il fatto che i giudici desiderassero di metterlo in libertà, mentre la folla sdegnata votò la sua morte.
I suoi amici andarono a trovarlo in prigione e gli offrirono il mezzo per sfuggire alla morte : facilmente essi avevano corrotto tutti gli ufficiali che si interponevano tra lui e la libertà. Egli rifiutò. ” Fatevi coraggio -egli disse agli amici addolorati - e pensate che seppellite soltanto il mio corpo”.
Gigino A Pellegrini & G elTarik in collegamento dal Partenone