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Guaidò chiede all'Italia: "Fate la cosa giusta"

Un invito all'Italia "a fare la cosa giusta", perché "usare la scusa che ci potrebbe essere qualcosa di peggio di questo non è vero", è arrivato dall' autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò in un'intervista esclusiva al TG2.

All'indomani del voto al Parlamento europeo che lo ha riconosciuto, con una risoluzione non legislativa, come legittimo presidente ad interim del Venezuela, il leader dell'Assemblea nazionale ha commentato l'astensione degli eurodeputati italiani dei partiti di maggioranza come "una probabile mancanza di informazioni".

Meno male che c’è Di Maio!

"Noi non vogliamo arrivare al punto di riconoscere un soggetto che non è stato votato dal popolo come presidente", ha replicato Di Maio.

"In questi anni - sottolinea il capo politico dei Cinque Stelle - siamo stati già scottati da ingerenze di stati occidentali in altri Stati.

"In Venezuela - aggiunge - il cambiamento lo decidono i cittadini, noi siamo dalla parte della pace, della democrazia, dobbiamo creare i presupposti per favorire nuove elezioni".

  Dopo aver ricordato che "il 90% della popolazione vuole il cambiamento, il 90% scommette sulla democrazia", ha detto ancora Guaidò affermando che "c'è un piccolo gruppo che sta assassinando" e ha parlato di "70 giovani assassinati in una settimana dal Faes (le forze speciali di polizia) e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini".

"Maduro ha perso il controllo del Paese e la popolazione sta soffrendo".

Rispondendo a una domanda riguardo alle dichiarazioni del sottosegretario Manlio Di Stefano, che ha avvisato sul rischio di fare in Venezuela lo stesso errore fatto in Libia, taglia corto: "In Venezuela non è possibile una nuova Libia".

Questo, spiega, "denota scarsa conoscenza" di quanto sta avvenendo in Venezuela, ha aggiunto Guaidò invitando "il sottosegretario a informarsi su quello che sta succedendo adesso" nel Paese.

Adnkronos

(Foto Afp)

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Il generale dei carabinieri Leonardo Alestra è il nuovo direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Alestra ha alle spalle una lunga esperienza in Calabria, dove è stato comandante provinciale dei carabinieri a Reggio Calabria.

 

La sua nomina è stata resa nota dal vicepremier, Luigi Di Maio.

«Alestra è stato comandante provinciale dei carabinieri in Calabria, terra di mafia e caporalato, e capo di tutte le specialità dei carabinieri tra cui quella del nucleo tutela del lavoro.

È la prima volta nella storia che la direzione di un ispettorato va ad un carabiniere.

Ne siamo orgogliosi perché con questa nomina abbiamo voluto dare un importante segnale contro il lavoro nero e il caporalato».

«Così, finalmente, - prosegue Di Maio - finirà il tempo della vessazione delle imprese per fare numeri e ci si dedicherà alle cose serie».

Nato a Firenze nel 1956, Alestra ha fatto l'Accademia Militare di Modena, si è laureato in “Scienze della sicurezza interna ed esterna”, ed ha seguito il Corso di Alta Formazione presso Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizie.

Tra i vari i incarichi: ha comandato il plotone e la compagnia allievi sottufficiali a Velletri tra il 1983 e il 1986 ed ha guidato la compagnia di Padova fino al '91.

Nel '93, Alestra è tornato a Roma, dove fino al 2001 è stato a capo della sezione dell’ufficio personale ufficiali presso il comando generale.

Dall’agosto del 2001 ha assunto l’incarico di comando provinciale dei Carabinieri di Arezzo e, a seguire, il Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma.

Risale al 2007 il suo arrivo in Calabria dove è nominato comandante Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria.

La promozione a Generale di brigata arriva nel 2012.

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Così Guido Gozzano scriveva:- E’ nato! Alleluia! Alleluia! E’ nato il sovrano bambino. La notte che fu così buia risplende di un astro divino. Così cantavano gli Angeli e gli Arcangeli in quella notte santa quando in una misera capanna era nato il Re del cielo:- Gloria a Dio nel più alto dei cieli -.

 

 

Orsù, cornamuse, più gaie suonate! Squillate campane! Alleluia!

E’ nato finalmente dopo un lungo travaglio durato due lunghi estenuanti mesi, mettendo a dura prova le coronarie degli italiani e del Presidente della Repubblica, il Governo tanto atteso. Finalmente la Lega e il Movimento 5 Stelle hanno trovato l’accordo.

Cantiamo dunque tutti in coro:Alleluia!

Facciamo suonare le nostre campane, facciamo squillare le nostre trombe.

Non tutti però sono d’accordo.

Già il Pd critica l’intesa tra Salvini e Di Maio.

E’ una sciagura per l’Italia.

Ora anche a Travaglio, il Direttore del Fatto quotidiano, non gli piace l’intesa, non gli piace il passo di lato compiuto da Berlusconi.

Il dialogo tra i due l’ha giudicato una pagliacciata.

E’ una reazione scomposta, è uno psicodramma.

Povero Travaglio. Dovrà ammettere che senza il consenso benevole di Silvio Berlusconi non ci sarebbe stato nessun dialogo tra Salvini e Di Maio.

Un simile accordo e un simile governo sembrava impossibile alcuni giorni addietro, ma con l’assenso all’esecutivo di Berlusconi e di Forza Italia che non voterà la fiducia ma nemmeno si opporrà alla sua nascita, Di Maio e Salvini forse oggi stesso o domani saliranno al Quirinale per dire al Presidente che hanno trovato un accordo e per ricevere possibilmente già un incarico per formare il governo.

Chi sarà il Presidente designato?

Chi saranno i nuovi Ministri?

Ancora non hanno trovato nessun accordo e già sono incominciate le prime grane, le prime scaramucce.

La trattativa appena incominciata potrebbe incagliarsi sul nascere.

Un proverbio nostrano così recita:- Mo ti vuogliu cane curcio a pilare su ristucciu!- Adesso che Berlusconi ha fatto un passetto indietro non ci sono più alibi, dovranno per forza concretizzare tutti i progetti fatti finora.

O faranno il governo o si andrà al voto.

E la responsabilità questa volta sarà solamente di Salvini e Di Maio, di questi due personaggi che a tutti i costi vogliono governare l’Italia e che per due mesi si sono beccati a vicenda e ci hanno riempito la testa di slogan, di contumelie, di obiettivi, di strutture ministeriali, di euro che bisogna abolire, di Europa che bisogna cambiare, di programmi snelli, di emigrazione incontrollata, di reddito di cittadinanza, di flat tax, di conflitti di interessi, di latte e di miele che dovrebbe scorrere dalle pubbliche fontane, del lupo e dell’agnello che dovrebbero pascolare insieme.

Ora dovranno sedersi attorno ad un tavolo e parlare seriamente di cose serie. Non siamo più in campagna elettorale e le promesse lasciamole perdere. Hanno fatto il loro tempo.

Bisogna parlare di un programma snello, serio da realizzare, di piccole cose buone da fare, di nomi dei Ministri competenti ed onesti, della premiership.

Il Presidente del Consiglio dovrà essere una persona affidabile, esperta, competente, conosciuta in Italia ed in Europa. E qui viene il bello. Io voglio gli Esteri ed io voglio gli Interni. Io voglio il Lavoro e io voglio la Difesa.

Ora si comincerà a fare sul serio. E Mattarella non darà via libera se i nomi non lo convinceranno. Comunque prima che questa sera il sole tramonti forse si conoscerà il nome del prossimo Presidente del Consiglio.

Speriamo che sia per la prima volta nella storia della Repubblica una donna. Io me lo auguro.

Ma se l’accordo dovesse saltare per alcuni cavilli sorti all’ultimo momento Salvini e Di Maio farebbero una figuraccia che la pagherebbero a caro prezzo.

Il fallimento, l’impossibilità, l’incapacità di trovare una intesa tra due forze politiche alquanto diverse tra di loro cadrà soltanto su di loro e non potranno più usare come alibi il divieto di Berlusconi, il quale, questa volta, mettendo da parte tutto il suo orgoglio, pur di non spaccare Forza Italia e la coalizione di centrodestra, di non mettere soprattutto in difficoltà la sua azienda, ha detto “Sì” alla formazione di un nuovo Governo formato soltanto dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle.

di Francesco Gagliardi

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bandiera-italianaSperiamo che me la cavo, dice il “guagliune” napoletano appena uscito dal colloquio col Presidente della Repubblica Mattarella. Vuole a tutti i costi diventare Presidente del Consiglio. Vuole passare alla storia come il più giovane Premier della Repubblica Italiana.. Alle elezioni politiche del 4 marzo scorso il suo Movimento ha preso il 33% dei voti validi, non sufficienti però per formare da solo un nuovo governo. Ha bisogno di un altro partito, di destra o di sinistra, che faccia da stampella. Ha tentato di coinvolgere Matteo Salvini. Non c’è riuscito perché il leader leghista fino adesso ha tenuto duro, non ha voluto tradire la coalizione di centro destra e Berlusconi in particolare. Ora, però, dopo il fallimento con la Lega, Di Maio vuole coinvolgere il Pd, il partito che dalle urne è uscito sconfitto e umiliato. Quel partito che per cinque anni ha dovuto subire rampogne, umiliazioni, contumelie, insulti volgari, offese da Grillo, Di Maio, Di Battista e altri. Per loro i piddini erano mafiosi, schifosi. Erano delle merde, dovevano morire. La senatrice che diceva queste cose ieri sera è apparsa in televisione e non si è pentita delle parole pronunciate contro gli esponenti del Partito Democratico col quale ora vuole fare un nuovo Governo. Ma davvero le liti e le offese saranno facilmente dimenticate? Per il bene del Paese? No! Per il tornaconto personale di alcuni deputati e senatori che non vogliono perdere la comoda poltrona di Ministro. Franceschini che non vuole lasciare la poltrona di Ministro e aspira a diventare Presidente della Camera se Fico dovesse diventare Primo Ministro. Veltroni e Fassino alla spasmodica ricerca di un incarico di prestigio. Ma Veltroni non è quello che doveva abbandonare l’Italia quando venne sconfitto da Berlusconi e andare lontano lontano? Sì, è proprio lui. Doveva partire per l’Africa. Evidentemente neppure in Africa lo hanno voluto. Fassino, invece, è disoccupato e anela ad un posticino di prestigio, Di Maio permettendo. Di Maio, guagliune molto furbo e scaltro, ha dimenticato il torbido passato e guarda al futuro e cerca di trovare una intesa con quel che resta del Pd e con il reggente Martina, possibilmente con il bene placito di Matteo Renzi, che fino ad ieri è stato zitto. La strada è stretta e lunga, comunque, ci sta tentando, anche perché se si dovesse andare di nuovo al voto con la stessa legge elettorale difficilmente uscirebbe dalle urne un vincitore. Resta, però, ancora una probabile intesa con Matteo Salvini dopo il voto del Friuli Venezia Giulia. Dipende dal risultato elettorale. Per un accordo col Pd Di Maio dirà sicuramente sì a tutte le proposte che faranno i piddini salvo poi tirare loro un bel calcio nel sedere quando non ne avrà più bisogno. Ha in mente una sola cosa e non ci dorme la notte. Vuole Palazzo Chigi. Lo hanno capito pure le mosche che gli ronzano attorno. Non ci sono ostacoli quando c’è un nobile fine da raggiungere. E poi si ricorda di Macchiavelli quando dice che il fine giustifica i mezzi. E’ propenso a coinvolgere gli attuali Ministri Franceschini, Fedele, Lorenzin e perché no? Anche il desaparecido Angelino Alfano. Quest’ultimo ha fatto da stampella a Renzi e Gentiloni, continuerebbe anche con Di Maio. Che c’è di male. Che male c’è. Ma nel Pd che fu di Renzi, Bersani, Veltroni, Fassino, D’Alema, la confusione oggi regna sovrana e c’è pure spazio per un gigante della politica italiana, quel Pierferdinando Casini che nella sua lunga vita di parlamentare ha fatto casini a non finire. Ha cambiato partiti e schieramenti politici una decina di volte. Riporta “Repubblica” la dichiarazione fatta da questo illustre parlamentare:- Il Pd è davanti a scelte drammatiche. Ha bisogno del suo leader-. E chi sarebbe il leader? Ancora una volta Matteo Renzi uscito sconfitto dalle urne nel referendum costituzionale e nelle elezioni politiche del 2018. Ma Casini pensa ai fatti suoi. Se si dovesse andare di nuovo a votare chi garantirebbe per lui una nuova candidatura ed in un collegio blindato? Casini, come del resto tutti i nuovi parlamentari appena eletti due mesi fa, sono terrorizzati ora che lo spauracchio delle elezioni anticipate bussa alle porte. E così Casini, come del resto gli altri parlamentari porta borse, bussano alla porta dei grillini:- Per favore, fateci entrare. Non daremo fastidio. Staremo buoni buoni. Fate la carità ad un povero cieco!- Sì, sono diventati non solo ciechi, ma sordi e muti. Direbbe Dante Alighieri:- Ahi serva Italia, di dolore ostello. Nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello -. Che Iddio ce la mandi buona! Cosa possa unire il programma dei grillini e quello del Pd per me è un mistero. Tre punti soltanto, però, ci sono e sono l’antiberlusconismo, il famoso conflitto di interesse e le poltrone. Solo questi tre punti potrebbero avvicinare Pd e Movimento 5 Stelle. Ahi Italia, asservita agli interessi di uomini faziosi, ignoranti, qualunquisti, senza aver mai lavorato, luogo di sofferenza, priva di un governo autorevole, stabile e duraturo, 200 mila insegnanti che fra non molto perderanno il posto di lavoro, le nostre coste invase da immigrati africani, le nostre scuole frequentate da alunni delinquenti incalliti, dove i professori e le maestre non sanno più reagire, i pronto soccorsi intasati, malati curati per terra, per una visita medica in ospedale bisogna aspettare mesi e mesi, le nostre città invivibili ed inospitali. A Di Maio, a Renzi, a Martina, a Di Battista, a Mattarella e agli altri questo vorrei dire usando una terzina di Dante Alighieri:- Vieni a veder la gente quanto s’ama! / e se nulla di noi pietà ti move, / a vergognar ti vien de la tua fama-.

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elezioni regionali urnaIl 22 aprile si è votato nella più piccola regione italiana e il centro destra ha conquistato la Regione che fino ad ieri era governata da una coalizione di centro sinistra. Anche in questa piccolissima regione è continuata la parabola discendente del Pd il quale è sceso al di sotto del 10%. Ma quello che più mi preme sottolineare è che Il Movimento 5 Stelle che alle ultime elezioni politiche del 4 marzo scorso era risultato il primo partito è stato sonoramente sconfitto e nel giro di appena due mesi ha perso ben sette punti. Questo significa: Addio sogni di gloria per Di Maio, aspirante Primo Ministro, il quale aveva puntato sull’elezione del candidato grillino a Governatore della Regione Molise. Il risultato ottenuto dai grillini significa oltretutto che il voto di protesta degli elettori si è fermato e che essi hanno capito di che pasta sono fatti: incapaci ad amministrare una regione, figuriamoci a governare una nazione come l’Italia. E’ dunque chiaro a tutti ormai, ma forse sarebbe meglio aspettare le votazioni della prossima settimana in Friuli Venezia Giulia e un’altra vittoria del centro destra, che il clima è molto favorevole a Matteo Salvini che a Di Maio. Quest’ultimo si aspettava che il Molise fosse la prima Regione italiana conquistata dai grillini, invece si ritrova con un candidato sconfitto al di sotto del 40%. L’ambizione dei 5 Stelle che ambivano ad eleggere il loro primo Governatore per continuare a chiedere con maggiore insistenza il ruolo di Premier per Di Maio si è sciolta come neve al sole di aprile. Dalle urne è uscito un centro destra vincente, compatto, più frizzante del previsto, e il partito di Berlusconi anche se di poco è risultato il primo partito della coalizione. Questo dato di fatto ha scombussolato i piani segreti di Matteo Salvini e di Di Maio. Il 4 marzo scorso Di Maio ebbe facile gara nel promettere agli elettori italiani il reddito di cittadinanza e gli elettori del Sud hanno abboccato, gli hanno creduto e gli hanno dato il voto. Subito dopo, però, sono rimasti delusi e presi in giro. Si sono recati in massa nei vari comuni alla ricerca dei moduli per incassare subito il reddito promesso, il sussidio gratis, e non trovandoli hanno capito subito la bufala del guagliune napoletano dal sorriso smagliante e in Molise l’hanno punito. Scomparso il reddito di cittadinanza dal contratto che voleva firmare con un suo eventuale alleato, Lega o Pd pari sono, sono scomparsi anche i voti. In questo lasso di tempo che ci separa dal 4 marzo Di Maio ha voluto fare lo spaccone, il puro, il prezioso, l’incontaminato, l’incorruttibile, l’uomo dalle mani pulite che non se l’avrebbe mai sporcate andando a governare l’Italia con gli altri e ora si trova impelagato nella palude dei tatticismi e dei veti incrociati e siamo arrivati alla conclusione che se vuole diventare Premier dovrà ingoiare molti rospi e deve fare i conti col “delinquente” Berlusconi, col “condannato Berlusconi, col male assoluto. Ora che ha fatto la prima donna per due mesi dovrà scendere dal piedistallo, dovrà prendere un vecchio pallottoliere che si usava una volta nella scuola elementare e incominciare a fare i conti e vedrebbe che per governare l’Italia i voti di Forza Italia sono indispensabili. Il successo ottenuto nelle elezioni del 4 marzo gli ha annebbiato il cervello. E proprio questo insperato successo sarà la sua rovina. Un movimento basato soltanto sulla protesta, senza radici nella storia, né ancoraggio ideologico, non potrà avere un domani. Ma ciò non toglie che oggi ha un presente. Infatti il Presidente della Repubblica Mattarella ha dato mandato esplorativo al Presidente della Camera con il compito di verificare se sia possibile una intesa di maggioranza parlamentare col Pd, uscito dalle elezioni politiche sconfitto e umiliato, a formare un nuovo governo. Impresa alquanto difficile. Sperano molto nel successo i vari Franceschini e Co. che non vogliono mollare la comoda poltrona.

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portroneSe fosse ancora in vita Dante Alighieri avrebbe potuto intitolare questo articolo così:-Non c’è maggior dolore che ricordarsi dei tempi felici nella miseria-. Il 4 marzo scorso si sono svolte regolarmente e democraticamente le elezioni nazionali per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Nessuno dei partiti in lizza è riuscito ad avere la maggioranza per poter formare da solo un nuovo governo. Comunque dalla competizione sono usciti vincitori il Movimento 5 Stelle e la Lega. Amara sconfitta del Pd di Renzi, uscito con le ossa rotte al di sotto del 20% dei voti. E Matteo Renzi, Segretario del Pd che fino al 4 marzo si vantava con orgoglio e baldanza di essere il primo partito in Italia col 40% di voti è stato costretto a dimettersi. Ha subito riconosciuto la sconfitta e si è messo momentaneamente da parte dicendo che da oggi in poi farà il semplice Senatore della Repubblica, invitando il suo partito a fare l’opposizione in Parlamento. Chi ha vinto è tenuto a fare il Governo, sempre se ci riuscirà ed avrà i numeri necessari. Ma non tutti i Deputati e Senatori del Pd vogliono fare opposizione. Non ci sono abituati. E poi non vogliono lasciare le comode poltrone che occupano. Infatti segretamente starebbero lavorando per fare fuori Renzi definitivamente e il grillino Di Maio, candidato del Movimento 5 Stelle a Presidente del Consiglio. Andrea Orlando e Dario Franceschini abbarbicati alle poltrone come l’edera hanno un piano segreto che dovrà materializzarsi dopo i fallimenti di Salvini e Di Maio a formare un nuovo Governo. Infatti stanno già interloquendo con alcuni parlamentari del Movimento grillino. Stanno pensando anche in questo senso due personaggi che il popolo italiano ricorda certamente. E i ricordi non sono belli. Uno è quel Romano Prodi che fu costretto a dimettersi sfiduciato dalla sua stessa maggioranza che per ben due volte aveva vinto le elezioni. L’altro è quel personaggio, Presidente del Consiglio da pochi mesi, che di notte tra il 9 e 10 luglio del 1992 mise le mani nelle tasche degli italiani rubando agli onesti cittadini che avevano un conto corrente bancario il 6 per mille su tutti i depositi. Mi riferisco a Giuliano Amato, il quale avendo ricevuto onori e gloria dal PSI e dal suo Segretario Bettino Craxi, non solo non è andato al suo funerale, ma neppure una sola volta è stato a depositare un garofano rosso sulla sua tomba ad Hammamet.

Quale sarebbe la condizione per formare un Governo Pd e Movimento 5 Stelle? Far fuori contemporaneamente Renzi e la sua pattuglia rimastagli fedele e Di Maio. Dicono Franceschini e Orlando che il Pd non potrà mai votare un Governo Di Maio e lo hanno fatto capire ai 5 Stelle. E lo dovrebbe capire anche Di Maio il quale dovrebbe fare un bel passo indietro: Rinunciare alla Poltrona. Ma è giusto, avrebbe detto alla Stampa uno dei registi della operazione, che ci arrivino piano piano. E chi dovrebbe essere il Premier? Un premier votabile. E chi potrebbe essere? Romano Prodi o Giuliano Amato. Mamma mia! E questi due personaggi sono la novità della XVIII Legislatura Repubblicana? Immagino che Franceschini e Orlando abbiano fatto una bella seduta spiritica alla quale abbia partecipato anche Romano Prodi come costui ha fatto 40 anni fa quando seppe dov’era prigioniero il grande uomo politico democristiano l’On. Aldo Moro. Renzi ha capito quello che si sta muovendo alle sue spalle e ha fatto dire al suo fedelissimo capogruppo al Senato Andrea Marcucci:- Il Pd non sosterrà mai nessun Governo del Movimento 5 Stelle. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente-. Chiaramente non lo diranno mai. Sono, da vecchi marpioni della politica, a tramare in segreto e poi pugnalare alle spalle.

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proiezioneAmici carissimi, il Movimento 5 Stelle durante la campagna elettorale aveva promesso che se avesse vinto le elezioni e se fosse andato al Governo avrebbe introdotto anche in Italia il reddito di cittadinanza. Voi lo sapete, vero, cosa è questo reddito? Dare ai cittadini bisognosi, a quelli con basso reddito, ai cittadini senza un lavoro un sussidio mensile in attesa che trovino un posto di lavoro. Parla alla pancia dei disoccupati e dei poveri e di chi ha perso il posto di lavoro, degli esodati, ma non è realistico, almeno per ora in Italia. Secondo i suoi sostenitori è un argine contro la povertà. Per gli avversari è un sussidio a pioggia che non risolverà il tema della scarsa occupazione. Però questa promessa è stata senza alcun dubbio la carta vincente del Movimento 5 Stelle. E dove ha preso più voti il 4 marzo scorso? Nell’Italia meridionale dove la disoccupazione è maggiore rispetto a quella del Nord dove i cittadini hanno votato la Lega di Salvini. Abbiamo, dunque, un’Italia divisa a metà. Ora vi voglio raccontare cosa è successo in una cittadina delle Puglie lunedì mattina quando ancora tutte le schede elettorali non erano state scrutinate. Molti giovani si sono rivolti agli impiegati comunali e ai Caf e hanno chiesto i moduli e informazioni per iscriversi alle liste. Ma ancora non c’è un Governo 5 Stelle e Di Maio Presidente del Consiglio, e non c’è neppure una legge approvata dal Parlamento e dal Consiglio dei Ministri. Il reddito di cittadinanza è solo un annuncio, è solo una promessa fatta in campagna elettorale. E tutti noi sappiamo perché lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, dove vanno a finire le promesse elettorali. Nella spazzatura. Ma andiamo con ordine. Giovinazzo è un paese delle Puglie dove il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un successo enorme. E’ stato votato principalmente dai giovani specialmente da quelli in cerca di lavoro che ancora vivono in casa coi genitori e che ricevono settimanalmente la paghetta da parte dei nonni. E ora, dopo il voto, aspettano di ottenere il reddito promesso. Tutto questo rispecchia, evidentemente, l’onda emotiva che ha travolto questa tornata elettorale con risultati strabilianti per i pentastellati soprattutto al Sud. Quella promessa elettorale ha fatto presa sull’elettorato giovanile. All’inizio ho scritto che questo reddito di cittadinanza non è realistico. Sapete perché? Non ci sono i fondi necessari e le relative coperture economiche. Dove andranno a prendere i 15 miliari di euro all’anno? Aumentando le tasse e introducendo nuovi iniqui balzelli. I Sindaci delle città e dei paesi dell’Italia meridionale sarebbero contentissimi se venisse introdotto subito il reddito di cittadinanza. E anche il Sindaco di Amantea e del mio paese, San Pietro in Amantea, dove il Movimento 5 Stelle è stato votato, sarebbero contentissimi e felicissimi. Non ci sarebbero più disoccupati, nulla facenti. Il problema della disoccupazione sarebbe risolto e per quelli che non hanno un lavoro sarebbe davvero una pacchia e ogni mese potrebbero recarsi presso gli Uffici Postali e ritirare il reddito di cittadinanza che Di Maio aveva promesso durante la campagna elettorale. Alla fine, però, ci saranno amare sorprese. E molti malediranno il Movimento 5 Stelle e quella croce che hanno apposto sulla scheda il 4 marzo ultimo scorso.

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urna-elettoraleRisultato uscito dalle urne il 4 marzo 2018: Hanno vinto Salvini e Di Maio, è stato sonoramente sconfitto Renzi e per il Pd è stata una disfatta senza precedenti. Per risollevarsi da questa inattesa e sonora batosta ce ne vorrà del tempo. Sono già incominciate le diatribe e le notti dei lunghi coltelli. Ora tutti a domandarsi:- Di chi la colpa? Perché c’è stata questa rivoluzione? Perché tanta moria di personaggi eccellenti? Perché tanti Ministri in carica sono stati trombati dal corpo elettorale? E Gentiloni non aveva ben governato?-. La risposta è semplicissima:- Gli italiani che si sono recati alle urne vogliono, desiderano un cambiamento radicale. Non si fidano più dei vecchi tromboni che hanno governato l’Italia da trenta anni senza mai risolvere i gravi problemi che affliggono la povera gente -. Renzi, malgrado sia stato eletto senatore nella sua Toscana, non è stato un Segretario e un ex Presidente del Consiglio affidabile. Per anni ha continuato a dire bugie e a raccontare un’Italia che non esiste nella realtà e un’immagine di società italiana che non c’era. Non ha capito che la società italiana è cambiata, che le imprese sono in crisi e lasciano l’Italia ed emigrano altrove, che le famiglie soffrono e che i bonus elargiti non hanno risollevato le sorti di milioni di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, che i disoccupati aumentano, che la disoccupazione giovanile fa spavento, che l’immigrazione incontrollata genera paura, preoccupazione e disagi, che la delinquenza e i furti sono in continuo aumento, che la gente che vive in periferia non è più tranquilla, che i vecchi vengono derubati e malmenati, che lavorare fino a 70 anni è un assurdo, che milioni di giovani con la laurea sono costretti a lasciare il proprio paese ed emigrano all’estero in cerca di fortuna e di un avvenire migliore. Ecco allora il perché hanno vinto Salvini e Di Maio. Non c’è da stupirsi, dunque, se anche in San Pietro in Amantea, piccolo paese, hanno preso un centinaio di voti e in Amantea il Movimento 5 Stelle ha sbancato e Salvini 400 voti. Perché hanno fatto una campagna elettorale senza parlare di populismo, di antifascismo, di razzismo, di Jus soli, di cittadinanza allo straniero, di accoglienza ed integrazione, ma hanno parlato dei problemi reali degli italiani, dei servizi sanitari sempre più scadenti, dei servizi ferroviari in dismissione, delle strade nazionali e provinciali che sono mulattiere, della scuola che non funziona, dei disagi giovanili, dei terremotati che ancora non hanno ricevuto una casa e che le macerie sono ancora agli angoli delle strade. Hanno cercato di dare risposte alle paure della gente. Milioni di italiani hanno scelto Salvini e Di Maio, voglio augurarmi che il botto sia arrivato a Roma nel Palazzo del Quirinale e Mattarella non faccia come ha fatto l’ex Presidente Napolitano, perché checché se ne dica, sono stati lasciati soli in mezzo ad una strada, magari con figli piccoli e disoccupati e non sono stati aiutati. Il Governo e la maggioranza parlamentare che ha governato l’Italia non ha saputo spiegare ai padri di famiglia e alla povera gente che vive in ristrettezza economica, che con la pensione di fame non arriva alla fine del mese, come mai non ha dato loro nessun sussidio. Invece, chi arriva in Italia con le carrette del mare anche da clandestino riceve accoglienza, aiuti, vitto, alloggio in alberghi a 4 stelle, intenet gratuita e soldi. E questo non è razzismo. Il popolo italiano non è razzista e mai lo è stato, malgrado le famigerate leggi razziali volute da Mussolini. Gli italiani hanno votato Salvini e Di Maio perché non hanno creduto alle promesse fatte da Renzi e dal Pd. E le riforme fatte da Letta, Renzi e Gentiloni non hanno impedito un impoverimento continuo del paese. Adesso andranno al Governo Salvini o Di Maio. Manterranno le loro promesse fatte? Dove piglieranno i soldi? La sfida sta tutta qui. I soldi in bilancio sono pochi e il debito pubblico è alle stelle. E allora? Bisogna fare dei sacrifici e incominciare a tagliare per davvero la spesa pubblica. I costi della politica sono davvero esagerati e le tasse sono in continuo aumento. I vitalizi e le pensioni dei dirigenti d’azienda, dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei dipendenti di Camera e Senato sono esorbitanti. Bisogna dargli una sforbiciata subito, ora ci hanno i numeri in Parlamento per farlo. I soldi che si ricaveranno saranno certamente pochi, però il consenso tantissimo. Il Pd non l’ha fatto. Riusciranno a farlo Salvini o Di Maio? Speriamo che una volta andati al Governo non si dimentichino delle promesse fatte agli italiani. Ma ora comincia il bello. Bisogna fare il Governo e né Salvini, né Di Maio hanno abbastanza parlamentari per farlo da soli. I Parlamentari che mancano a tutte e due sono troppi. Impossibile questa volta ricorrere ai soliti voltagabbana che per un pugno di lenticchie salgono sul carro del vincitore. La compravendita di voti in questa legislatura non è sufficiente. A meno che non si pensi davvero ad una alleanza o ad un accordo tra il Movimento 5 Stelle di Di Maio, la Lega di Salvini e i Fratelli d’Italia della Meloni con la benedizione di Silvio Berlusconi.

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politicaMeno male che fra cinque giorni andremo a votare, così non saremo più costretti a leggere articoli sulle varie testate nazionali e ad ascoltare i vari commentatori politici sulle Reti Rai e Mediaset sulle elezioni politiche della prossima domenica di marzo e se il voto dato a Berlusconi, Renzi, Grasso, Di Maio, Salvini, Meloni sia stato utile o dannoso. Ma quando mai il voto che si da ad un partito o ad una coalizione è inutile. Quando il voto si da con scienza e coscienza è sempre un voto utile e sempre lo sarà. Spetta poi al candidato che ha ricevuto quel voto utilizzarlo per il bene del paese. Se non lo saprà utilizzare al meglio saranno sempre le elezioni dove gli elettori con una matita copiativa ed un semplice segno di croce potranno mandarlo definitivamente a casa negandogli la fiducia. E’ vero, però, che il dibattito sulle elezioni politiche nazionali è stato deprimente. Quante “cazzate” sono state dette e quante promesse sono state fatte che non potranno mai mantenere. Un candidato di Cosenza alla Camera dei Deputati ha promesso ai cosentini che se sarà eletto al Parlamento porterà a Cosenza i vincitori del Festival della canzone di Sanremo 2018. Che bella notizia! Ma avete letto gli slogan sui loro manifesti? Sono davvero deprimenti. Un candidato che nel corso della sua breve vita politica ha cambiato partiti e schieramenti una decina di volte si è rivolto agli elettori chiamandoli “Ohi co! “. Ma io mi chiamo Francesco e se vuoi il mio voto mi devi chiamare per nome, non sono un “Co”. Non voterò per tizio o per caio a vambera, ma neppure per una testa di rape. Altri non avendo nulla da dire hanno scritto che si sono candidati per noi, per il nostro bene. Che facce di bronzo! Ma gli elettori calabresi che non sono fessi non si faranno abbindolare dalle terre promesse, dai posti di lavoro che hanno inventato, dai mari e monti che i Deputati e Senatori uscenti hanno realizzato, dalle case, dai ponti, dalle strade, dalle autostrade che hanno costruito. Tutti sappiamo come sono andate le cose realmente nella nostra martoriata Calabria. Le strade fanno schifo, negli ospedali si muore, nei pronto soccorsi gli ammalati dormono per terra, i trasporti funzionano a singhiozzo, la disoccupazione aumenta, i giovani non trovano lavoro, i vecchi vengono licenziati, le piccole industrie sono costrette a chiudere, le ferrovie sopprimono i treni, le montagne d’estate bruciano e d’inverno, basta un po’ di pioggia, franano, la Salerno Reggio Calabria non è ancora completata, la Statale 106 Jonica è una mulattiera, i termovalorizzatori non ci sono, i depuratori non funzionano e il mare è inquinato. E potrei continuare a lungo, ma non voglio annoiarvi. Questi sono i problemi che affliggono la Calabria e di queste cose i candidati Deputati e Senatori avrebbero dovuto parlare. Ma essi pensano ad altro, non hanno a cuore l’interesse della collettività, hanno a cuore l’interesse del proprio tornaconto. Fanno già i conti di quanto percepiranno e di quanti portaborse potranno nominare ( figli, mariti, moglie, nipoti, zie e zii). Già sognano la macchina blu con autista al seguito e perché no, anche la scorta. Dieci, venti giornali da leggere a sbafo. Viaggi gratuiti sui mezzi di trasporto e ingresso gratis allo stadio per assistere alla partita di calcio della squadra del cuore. Ma il 4 marzo a qualcuno dovremmo pur dare il voto. Astenersi non serve a niente. Prima di entrare nella cabina elettorale facciamoci un bell’esame di coscienza. A chi darò il mio voto? Non importa se è un candidato di destra, di sinistra o di centro. E’ preparato? Sì. Allora lo voto. E’ onesto? Allora lo voto. E’ affidabile? Lo voto. E’ un voltagabbana? Non merita il mio voto. Se ognuno di noi facesse questo ragionamento prima di recarsi alle urne, forse, dico forse qualche cosa anche in Calabria potrebbe cambiare. Ma davvero i calabresi vogliono che le cose cambino? Stento a crederci. In questo sistema di nicchie e di favori molta gente ci sguazza che è una meraviglia.

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