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palazzo chigiLa celebre e bellissima canzone di Achille Togliani “Come pioveva” mi ha ispirato a scrivere l’odierna articolesse. Sì, è vero, Salvini e Di Maio si sono tanto amati per un anno e forse più. Ora si separeranno? Litigheranno? Prenderanno altre strade? Ma forse si comporteranno come i famosi ladri di Pisa. Si sono incontrati a Palazzo Chigi per fatal combinazione perché insieme volevano cambiare il mondo. Hanno fallito, ma il ricordo del potere, delle prebende, del prestigio, del passato li tiene ancora legati come due leali innamorati. Fingono di andare d’accordo, ma litigano su tutto.

Dopo le elezioni del 4 marzo dello scorso anno il M5Stelle e la Lega di Salvini hanno dato vita ad un Governo a dir poco bizzarro che lo hanno chiamato spocchiosamente del cambiamento. E’ trascorso quasi un anno e ancora oggi non abbiamo visto nessun cambiamento sostanziale rispetto all’operato dei precedenti governi. Hanno approvato, è vero, la legge su Reddito di Cittadinanza ma questa legge non produrrà nessun beneficio, non creerà nessun posto di lavoro, non farà diminuire la galoppante disoccupazione, farà soltanto incassare qualche spicciolo a qualche disoccupato incallito che non ha mai avuto voglia di cercare un utile lavoro. E poi la Tav. Che storia noiosissima. Sì oppure No? Forse. Vedremo. Comunque andrà a finire il M5S e la Lega si sono cacciati in un cul de sac. Se i grillini dicono sì alla Tav avranno tradito loro stessi e perderanno ulteriori consensi come in Abruzzo e in Sardegna. Se diranno No saranno giudicati dagli italiani e dagli europei come cavernicoli e perderanno altri consensi. Insomma, sono spacciati e non solo a causa della Tav. E Salvini? Ha dimostrato di essere un ominicchiolo, un politico non all’altezza della situazione. Dice di volere la Tav, ma a parole. Infatti non agisce, non reagisce, non rompe il contratto stipulato col M5S. Pur di non far saltare il Governo ha già fatto dietrofront. La Tav è una robetta e per questa robetta non può far cadere il Governo del cambiamento. Ci sono altre cose più importanti da fare. E quali sarebbero queste cose? In primo piano la questione della nave Diciotti. Se Salvini si impuntasse nel dire a tutti i costi Sì alla Tav, i grillini hanno fatto intendere che al Senato voterebbero Sì per processarlo con l’accusa di sequestro di persona aggravato e per aver abusato dei propri poteri. E Salvini non vuole essere processato, non vuole finire nel banco degli imputati. Preferisce, invece, sedere negli scranni più alti del Parlamento. Molti ora lo attaccano e lo criticano. Salvini è un traditore del Nord, lo ha svenduto a Roma e ai grillini in cambio di protezione, potere, visibilità e televisione. Molti sono i delusi della linea politica del partito. L’aria che tira nel partito è gelida. Non c’è più quel grande entusiasmo che si respirava alcuni mesi fa. Salvini dice che lui vuole lavorare, non ha tempo di litigare. Ma vuole lavorare per il bene del paese o per conservare la poltrona di Ministro e lo scranno al Parlamento al posto di una brandina in un carcere del Bel Paese? La colla del potere è molto forte, la poltrona è salva e l’Italia, però, sta andando a picco con il governo giallo-verde che è minoranza nel paese reale. Arrivati a questo punto al Presidente Mattarella converrebbe sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni così queste pagliacciate finirebbero al più presto.

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salvini di maio 2-3-2La maggioranza degli iscritti al Movimento 5 Stelle lunedì 18 febbraio ha detto “No” al processo contro Matteo Salvini perché sulla vicenda della nave Diciotti ha agito per tutelare l’interesse nazionale. Alla fine, dopo un tira e molla durato diverse settimane, gli iscritti del Movimento hanno deciso che il Ministro Matteo Salvini, alleato di Governo, non deve andare a processo per poi essere condannato. Non molti hanno votato, però. Ci sono state delle varie difficoltà. Alcuni iscritti addirittura hanno rinunciato dopo aver provato a votare diverse volte. Hanno votato 52.417, circa la metà degli aventi diritto al voto. A favore di Salvini hanno votato 30.948, il 59%, i contrari sono stati 21.469,il 41%. Il Tribunale del popolo, che secondo Di Maio è sovrano, ha deciso di non processare il Ministro Salvini. Quindi ora i Senatori grillini pure loro dovranno votare a favore di Salvini, turandosi il naso, quando saranno chiamati a votare in Giunta. L’alleato di Governo è salvo, per il momento. Ma è salvo anche il Governo guidato dal Prof. Conte. La decisione presa dagli elettori grillini è stata una decisione sofferta e storica. Sofferta perché non tutti erano d’accordo a votare a favore di Salvini e storica perché è la prima volta che si verifica che il Movimento salva un politico. Ma questa decisione presa metterà col lungo andare in seria difficoltà l’intera maggioranza e alcuni Deputati e Senatori. Di Maio e di Battista, come Pilato, se ne sono lavate le mani. Non sono stati loro questa volta a decidere, ma il popolo sovrano ha deciso. E’ stato il popolo grillino che si è presa questa grave responsabilità. La vita di Salvini e pure quella del Governo Conte è stata decisa da un voto on line. Alcuni l’hanno definita una pratica sbagliata, barbara addirittura, perché la votazione sulla piattaforma Rousseau nulla ha che fare con la democrazia. Abbiamo assistito ancora una volta all’ennesima buffonata del Movimento 5 Stelle. E’ stata davvero una consultazione democratica o è stata pilotata? E se la votazione fosse stata manipolata o taroccata? Chi lo saprà mai. Di Maio e di Battista non facendo processare Salvini hanno salvato non solo l’alleato ma anche il Governo, altrimenti avremmo avuto una crisi di Governo con la prospettiva di andare tutti a casa. E a casa Di Maio e di Battista non ci vogliono andare. Però hanno perso la faccia, hanno tradito i loro ideali. A questo risultato ci si doveva arrivare con una decisione politica, non con una buffonata. Trentamila persone su sessanta milioni di italiani hanno deciso la sorte di un Ministro. Ma era già tutto previsto. E così è finita la farsa dei sacri principi grillini calpestati in nome del potere. A scuola dicevamo alla fine di qualche esercizio matematico: Come volevasi dimostrare.

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“Col solito attivismo, l'amministrazione comunale di Longobardi non perde tempo : il così detto "decreto Salvini" trova subito applicazione.

I 50 mila euro appena arrivati, saranno subito utilizzati per il Cimitero comunale, un luogo a cui questa amministrazione ha sempre tenuto in modo particolare, come testimoniano le ingenti risorse investite in questi anni.

 

 

 

L'Ufficio tecnico comunale, come da atto di indirizzo di cui alla delibera di Giunta n 24/2019, sta procedendo ad affidare il relativo incarico per la redazione del necessario progetto.

Insomma, i soldi mandati da Salvini, a Longobardi saranno spesi a tempo di record”

Il Sindaco Giacinto Mannarino

La giunta di Longobardi con delibera n 24 del 7 febbraio ha deciso di utilizzare con immediatezza i fondi assegnati ai comuni aventi popolazione fino a 20.000 abitanti per la realizzazione di investimenti per la messa in sicurezza del cimitero dando specifico atto di indirizzo al Responsabile UTC.

La giunta di Longobardi ricorda “che il comma 107 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – legge di bilancio 2019 dispone: ”per l’anno 2019, sono assegnati ai comuni contributi per investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale, nel limite complessivo di 400 milioni di euro. I contributi di cui al periodo precedente sono assegnati, entro il 10 gennaio 2019, con decreto del Ministero dell’interno, ai comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti nella misura di 40.000 euro ciascuno, ai comuni con popolazione tra 2.000 e 5.000 abitanti nella misura di 50.000 euro ciascuno, ai comuni con popolazione tra 5.001 e 10.000 abitanti nella misura di 70.000 euro ciascuno e ai comuni con popolazione tra 10.001 e 20.000 abitanti nella misura di 100.000 euro ciascuno. Entro il 15 gennaio 2019, il Ministro dell’interno dà comunicazione a ciascun comune dell’importo del contributo ad esso spettante”;

E poi che il successivo comma 108 dello stesso articolo 1 della legge 145 del 2018 stabilisce che: "il comune beneficiario del contributo può finanziare uno o più lavori pubblici, a condizione che gli stessi non siano già integralmente finanziati da altri soggetti e che siano aggiuntivi rispetto a quelli da avviare nella prima annualità dei programmi triennali di cui all’art. 21 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. I lavori e gli interventi di manutenzione straordinaria sono affidati ai sensi degli articoli 36, comma 2, lettera b), comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”;

Ed ancora che il comma 109, inoltre, dello stesso articolo 1 della legge n. 145 del 2018 dispone che il comune beneficiario del contributo è tenuto ad iniziare l’esecuzione dei lavori entro il 15 maggio 2019;

A Longobardi è pervenuta in data 14.01.2019, prot. comunale n. 186, la nota del Ministero dell’Interno del 13.01.2019, con la quale è stato comunicato che con decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del 10.01.2019 è stato assegnato, un contributo di euro 50.000,00 per le finalità di cui al comma 107, art. 1 della legge 30.12.2018, n. 145 – legge di bilancio 2019;

Dopo solo 10 giorni è stata adottata la deliberazione n. 14 in data 24/01/2019 avente ad oggetto variazione d’urgenza al bilancio di previsione 2019/2021 (art. 175 comma 4 del DLGS 267/2000) con la quale è stata apportata, tra l’altro, la variazione di competenza e di cassa al bilancio 2019/2021 degli stanziamenti di cui al comma 107 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

E subito l’amministrazione comunale ha destinato il contributo Ministeriale suesposto per la messa in sicurezza degli edifici pubblici cimiteriali e del patrimonio comunale.

Bene.

Pubblicato in Longobardi

Domenica 10 febbraio si è votato in Abruzzo per il rinnovo del Consiglio Regionale e per l’elezione del nuovo Governatore.

E’ stato eletto il candidato del centro destra e la Lega di Salvini si è confermata il primo partito.

 

 

La Lega ha stravinto, ha raddoppiato i voti rispetto alle elezioni nazionali dello scorso anno.

Il M5Stelle è crollato. Ha perso, ha dimezzato i consensi.

E il Pd? In queste elezioni si è nascosto ma i loro rappresentanti gridano al miracolo:-E’ risuscitato! E’ risuscitato!-.

E sono arcicontenti che nella competizione elettorale sono arrivati secondi. Beati loro.

E Salvini che fa? Gongola. E’ soddisfatto, ma non passa subito all’incasso. Per il momento non ha chiesto nulla. Non ha chiesto un rimpasto di Governo con più Ministri e Sottosegretari leghisti. Ha rassicurato il rissoso alleato che giammai tradirà il contratto firmato, che non cambierà nulla, che possano stare sereni.

Anche Renzi alcuni anni fa disse a Letta:- Enrico, stai sereno -.

E poi sappiamo come andò a finire. Renzi prese il posto di Letta. Salvini assicura l’alleato che non cambierà nulla.

Io, invece, sono sicuro che qualcosa cambierà.

Bisogna aspettare le elezioni in Sardegna tra un paio di settimane e quelle in Basilicata tra un mese. Se le cose dovessero andare come sono andate in Abruzzo sono sicuro che Salvini aprirà una crisi di Governo perché ormai i rapporti di forza tra Lega e M5Stelle sono cambiati.

Ma la crisi di governo porterà ad elezioni anticipate? Il Presidente Mattarella scioglierà il Parlamento e si convincerà che il voto sia il male minore per il paese? E se dovesse dare un nuovo incarico ad un esponente del Movimento 5 Stelle per formare un governo con l’appoggio del Pd? Sarebbero felici Franceschini, Martina, Zingaretti e Co.

Questo stanno aspettando come una manna caduta dal cielo dopo essere stati estromessi dalle stanze dei bottoni nelle elezioni del 4 marzo scorso. Amici, allacciamoci le cinture. Uno tsunami è in arrivo sul Governo Conte.

Ne vedremo delle belle. Salvini galvanizzato, rafforzato, diventerà intransigente, più aggressivo, alzerà i toni e farà ingoiare ai grillini, suoi alleati, molti rospi e detterà l’agenda: la Tav, le autonomie locali, le trivelle, la legittima difesa, acqua pubblica, riconoscimento di Guaidò in Venezuela. Lega e M5S litigheranno ogni giorno, ma alla fine troveranno un accordo sapendo che alla fine conviene ad entrambi.

Se la Lega non porta a casa la Tav è un problema serio. Se il M5S dice sì alla Tav è un problema ancora maggiore. E allora? Stallo completo, aspettando le elezioni europee.

E se prima delle Europee la Lega e il M5S facessero una cosa fantastica che nessuno fino ad oggi ha mai fatto cosa accadrebbe? Tutti a casa. Dimissioni in massa. Direbbero agli italiani che non hanno mantenuto le promesse elettorali perché qualcuno glielo ha impedito.

Non li hanno lasciati governare come avrebbero voluto. Ve lo immaginate, amici, cosa potrebbe accadere in Italia?

Gli italiani capirebbero e si scuoterebbero dal lungo torpore.

Allora sì, il cambiamento potrebbe cominciare davvero.

Cosa ne pensa la cara dottoressa?

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Alla faccia della sicurezza!

Salvini è già un eroe ma qualcuno lo vuole martire e santo!

La prova è nella ennesima minaccia a Matteo Salvini.

Su un muro di zona Ticinese a Milano è apparsa una scritta vergognosa su un muro: "Non sparare a salve, spara a Salvini", con accanto il logo anarchico.

"Niente e nessuno mi spaventa o mi fermerà - è la reazione del ministro dell'Interno e leader della Lega -, mi auguro che la condanna nei confronti di questi delinquenti sia unanime".

Da mesi il vicepremier è nel mirino dell'ultra-sinistra per le sue politiche sull'immigrazione.

A dicembre era arrivata al Viminale una busta di minacce firmata da tre sedicenti albanesi, che condivano la missiva con insulti irripetibili.

Ma chi sono i nemici di Salvini, gli anarchici?

E chi li ha spinti a formulare questa minaccia?

Nessuno vero?

Ma tutti sappiamo che non è così!

Ora ci aspettiamo che il presidente Mattarella tuteli (?) chi veramente , e ben al di la delle mere parole, ama la nostra Patria!

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Ma davvero un bacio sulla guancia che si sono scambiati due famosi personaggi politici, uno ora all’opposizione, Maria Elena Boschi, l’altro Vice Premier del governo attuale, Matteo Salvini, possa mandare in crisi il governo giallo verde?

E le critiche rivolte da Salvini all’allora Ministro su Banca Etruria possano davvero essere dimenticate?

No, le critiche restano e non possono essere dimenticate.

Quanto al bacio, beh, quello è stato una effusione di affetto, un atto gentile tra due persone che si combattono politicamente, ma che si rispettano a vicenda.

Il bacio e la cena organizzata a Roma martedì scorso dalla giornalista Annalisa Chirico, giornalista del Foglio di Luciano Ferrara, e Presidente dell’Associazione “Fino a prova contraria” hanno fatto molto discutere.

Alcuni giornalisti ed opinionisti hanno subito gridato allo scandalo: sono prove di inciucio tra Lega e Pd. Che ci fa Matteo Salvini, Vice Premier leghista seduto al tavolo con la Boschi, esponente del Pd?

Niente inciucio. Niente alleanze. Niente ribaltone

Possono stare tranquilli Di Maio e Di Battista, già in piena campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo maggio.

E’ stata la stessa signora Chirico a commentare l’evento parlando di una grande serata alla quale hanno partecipato personaggi dell’imprenditoria, Magistrati, parlamentari della Lega e del Pd.

I parlamentari 5 Stelle non c’erano perché non erano stati invitati.

Salvini e la Boschi si sono salutati dandosi un bacio sulla guancia e poi si sono seduti a due tavoli diversi.

L’incontro tra i due non solo ha provocato l’indignazione del Movimento 5 Stelle ma anche quella del giornale “Il fatto quotidiano”.

Ma perché tanta cagnara per una cena e per un bacio innocente, gentile, scambiato tra due persone cortesi e gentili anche se appartengono a due schieramenti politici opposti?

La gentilezza e la cortesia non sono esclusiva appartenenza di un solo schieramento politico.

In piazza, nei comizi elettorali, in Parlamento possano volare invettive, paroloni, sproloqui, ma quando due persone si trovano seduti sullo stesso tavolo con personaggi illustri la gentilezza e la cortesia non possono venir meno.

E’ il galateo, bellezza.

Ma se l’innocuo bacio ha provocato tanta cagnara un motivo forse c’è.

Di Maio e i parlamentari pentastellati hanno paura di perdere le comode poltrone nelle quali sono incollati con la pece e non vogliono mollarle per nessunissima cosa al mondo.

Direbbe Di Maio: Peggio pe’ voi che me ciavete messo! E nu’ la lascio nemmanco se morite d’accidente!.

Vedono complotti dappertutto o forse Gigino è un po’ geloso?

Avrebbe voluto esserci anche lui quella sera a cena con la Boschi e forse avrebbe voluto baciarla? Ma io stenderei un pietoso velo di silenzio.

Ci preoccupiamo di un amichevole scambio di cortesia e di un bacio innocuo sulla guancia quando in Italia e nel mondo ci sono tante brutture.

Ma Di Maio, Di Battista, Travaglio hanno visto nell’incontro dell’altra sera una prova di inciucio (che brutta parola) tra la Lega e il Pd. Renzi avrebbe mandato in avanscoperta la signora Boschi. Ma se fosse davvero così la Lega e il Pd farebbero l’inciucio ad una cena pubblica alla presenza di centinaia di invitati?

Salvini ha subito smentito qualsiasi ipotesi di dialogo con il Pd:-Inciucio de che? Ma quanta fantasia che avete. Io parlo con tutti-.

Ma   davvero   un   bacio   sulla   guancia   che   si   sono   scambiati   due   famosi personaggi politici, uno ora all’opposizione, Maria Elena Boschi, l’altro Vice Premier del governo attuale, Matteo Salvini, possa mandare in crisi il governo giallo verde?

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Da un po’ di tempo guardo stupito il cambiamento genetico che ha subito da qualche anno a questa parte il quotidiano cattolico dei vescovi italiani (Conferenza Episcopale Italiana).

 

 

Innanzitutto sul piano della linea editoriale generale: da quotidiano di carattere eminentemente religioso è diventato politico, anzi partitico, con la trattazione di argomenti di carattere religioso del tutto marginale, residuale, assolutamente insufficiente a caratterizzarlo come tale.

In secondo luogo riguardo all’impostazione politica della linea editoriale: da quotidiano rigorosamente, tenacemente super partes e con trattazione di argomenti politici minimale, si è trasformato in quotidiano di parte schierato politicamente con un solo partito, il PD, e soprattutto con Renzi e il suo stretto giro.

Ho colto questo cambiamento già da quando il Papa era Benedetto XVI.

Ma durante il pontificato di Papa Francesco non vi è dubbio che questa tendenza si è fatta più marcata e persino sfacciata.

Ieri, sul blog ‘Lo Straniero’ di Antonio Socci, ho letto un post interessante che mi ha illuminato e mi ha fatto capire le ragioni politico/culturali di tale profondo cambiamento.

Ma non pago di tale scoperta, sono andato a vedere anche se per caso ci fossero ragioni più terra-terra, in altre parole se ci fossero contributi pubblici all’editoria che avessero spinto in una direzione che non poteva non limitare l’autonomia e la libertà di questa testata storica, fondata 50 anni fa su iniziativa del futuro Papa Paolo VI, una volta davvero religiosa e cattolica e che ha cessato di esserlo.

Così ho letto su ‘Lettera 43’ un articolo che aveva il seguente titolo: “Giornali, a chi sono andati i fondi per l’editoria nel 2016”.
Ma la mia curiosità per essere completamente appagata è andata sul sito della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l’informazione e l’editoria (http://informazioneeditoria.gov.it/it/attivita/contributi-erogati-e-agevolazioni-concesse/contributi-erogati-e-agevolazioni-concesse/2017/).

Mi pare ragionevole indicarvi l’ammontare dei contributi ricevuti da Avvenire durante i governi Letta, Renzi, Gentiloni e cioè negli anni dal 2013 al 2017.

I contributi statali di cui ha usufruito il quotidiano della CEI negli anni indicati sono i seguenti:

2017 € 2.519.173,47 (rata di anticipo al 42,05 %, il totale sarà circa quello dell’anno scorso),

2016 € 5.990.900,04 pari a circa 16.400 euro al giorno

2015 € 4.625.034,74

2014 € 3.917.868,90

2013 € 3.400.075,41

Poiché ho grande stima e rispetto per ciò che fa la Chiesa per i più bisognosi e per l’amore che essa giustamente insegna per la verità, ho voluto riportare questi dettagli.

Allo stesso modo provoca sconforto e rammarico l’ipocrisia di cui è intrisa la linea editoriale di Avvenire che è orientata a colpire con durezza e senza ragioni oggettive il Governo Conte in tutti i suoi esponenti di primo piano.

Non ha evitato però di scodinzolare anche scompostamente intorno agli esponenti degli altri governi.

Da https://www.silenziefalsita.it/2018/10/17/avvenire-pagato-per-anni-coi-soldi-pubblici-dati-dai-governi-pd-attacca-il-governo-conte-e-salvini/?fbclid=IwAR0oVySFbP20PVL1S1oI7P6UXnCcHkB1el6WOzHRzrO2LcVqz9XbPbh_oRQ

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Nel mentre si attende l’udienza di giorno 16 ottobre, davanti al Tribunale della Libertà, dove si discuteranno le sorti giudiziarie di Mimmo Lucano, sindaco di Riace, la direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo del ministero degli Interni, “avvia” le pratiche per la chiusura definitiva del “modello Riace”.

In una nota di 21 pagine inviata al Comune di Riace, alla Prefettura di Reggio Calabria, e allo Sprar, “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”, il ministero degli Interni invita i soggetti istituzionali coinvolti ad attivarsi per “«disporre il trasferimento/uscita degli ospiti in accoglienza» presso i progetti a Riace.

E aggiunge: «dovendosi, in seguito, procedere alla definizione degli aspetti contabili dare/avere, entro 60 giorni dal trasferimento/uscita dell’ultimo beneficiario codesto Comune (Riace) dovrà rendicontare le spese sostenute inviando la relativa documentazione secondo le modalità previste dal Manuale di rendicontazione Sprar».

Quindi tutti i profughi dovranno abbandonare Riace, e spostarsi in altri progetti sparsi per l’Italia.

E quando tutti saranno andati via, il ministero ha chiesto a Lucano di fornire tutta la rendicontazione delle spese effettuate in questi anni nei vari progetti di accoglienza.

I motivi della richiesta di chiusura dei progetti di Riace da parte del ministero degli Interni sono elencati nella nota inviata: «mancato aggiornamento della banca dati gestita dal Servizio centrale»; «mancata rispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e/o mancata applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di standard qualitativi e quantitativi»; «erogazione dei servizi finalizzati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza» e «mancata presentazione della rendicontazione».

“Mancanze” che hanno determinato la decurtazione di 34 punti dalla “classifica” stilata dallo Sprar, decretando l’uscita di Riace dai progetti finanziati.

Una bella botta per Mimmo Lucano e tutta Riace. E qui, non c’entra la procura, ma solo ed esclusivamente chi ha prodotto relazioni false sul modello Riace.

E’ chiaro che contro questa assurda decisione il Comune di Riace ricorrerà al Tar

Da Iacchite - 13 ottobre 2018

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Per dieci giorni la nave Diciotti non ha trovato un porto in cui sbarcare i migranti salvati al largo di Malta.

A Lampedusa no.

A Catania neppure.

Alla fine tutti sono scesi a terra: prima i minori non accompagnati e le donne da curare, poi tutti gli altri.

Chi ha dato lo stop, chi ha impartito gli ordini, chi ha consentito lo sbarco?

La «catena di comando» sembra avvolta dalle nebbie.

Un ordine formale non è stato mai impartito.

Nessuno sembra avere detto chiaramente al comandante della nave, il capitano di fregata Massimo Kothmeir, quale rotta seguire e come gestire i migranti trattenuti a bordo, a parte l'assistenza umanitaria.

Una spiegazione non si trova tra le carte e le testimonianze dell'inchiesta sul ministro Matteo Salvini, unico indagato per sequestro di persona aggravato.

Il Tribunale dei ministri, presieduto da Fabio Pilato, si trova così di fronte a un nodo aggrovigliato e fumoso.

Non il primo comunque.

Da giorni i giudici stanno cercando di dare una soluzione al problema della competenza.

Resterebbe a Palermo se il luogo in cui è arrivato lo stop fosse, come finora si è creduto, il mare di Lampedusa.

Si sposterebbe a Catania se si accertasse che la disposizione sia invece arrivata in quel porto, dove la Diciotti è poi attraccata.

La questione è aperta perché l'inchiesta non è ancora risalita lungo la scala gerarchica attraverso la quale l'ordine del blocco si sarebbe diramato fino ad arrivare al comandante della nave.

Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, si è convinto che anche in assenza di un ordine formale la responsabilità del blocco sia del ministro Salvini che sin dall'inizio si era politicamente schierato contro lo sbarco immediato e prima di un accordo sulla distribuzione dei migranti.

Salvini sarà sentito ma solo nella fase conclusiva dell'inchiesta quando il quadro delle responsabilità dovrebbe essere più chiaro.

Al momento la mancanza di un ordine comporta, come conseguenza inevitabile, un allungamento dei tempi.

I giudici stanno infatti programmando, sui vari fronti della vicenda giudiziaria, una lunga attività istruttoria.

Sul tavolo c'è la richiesta messa a punto dalla Procura distrettuale di Palermo di una serie di esami testimoniali attraverso i quali si cercherà di dare un senso ai contatti di routine tra la Diciotti, i comandi della Guardia costiera e il ministero dell'Interno.

Il nome del comandante della Diciotti, dal quale il tribunale si attende un decisivo contributo chiarificatore, apre la lista delle persone da sentire.

A palazzo di giustizia gira un elenco non ufficiale e neppure definitivo.

Comprende, tra gli altri, il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, che la Procura di Agrigento aveva qualificato come indagato mentre per quella di Palermo è un teste.

E poi i comandanti delle capitanerie di porto di Porto Empedocle e di Catania, il responsabile dell'ufficio circondariale marittimo di Lampedusa, il capo del Dipartimento delle libertà civili, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda.

L'elenco potrebbe diventare più nutrito in relazione alle esigenze di approfondimento e di riscontro dell'inchiesta del Tribunale dei ministri.

Dopo l'interrogatorio di Salvini, che chiuderà la fase degli accertamenti, il passaggio successivo sarà l'archiviazione del caso oppure la richiesta di autorizzazione a procedere da inviare al Senato. In tutto i giudici hanno 90 giorni di tempo.

Il Mattino > Primo Piano > Cronaca

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Il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto al ministro dell’Interno dicendo «La gente del Sud ha bisogno di fatti» Non parole, quindi.

Poi ha aggiunto «Qui si soffre di povertà ma si avanti con dignità».

«Oggi nella sua venuta vediamo un segno concreto della vicinanza dello Stato, ma anche della volontà delle Istituzioni di aiutare questa terra ad uscire dalla sua condizione di povertà economica con proposte concrete di sviluppo.

Passare dalle parole ai fatti: è quello che questa gente del Sud si attende».

Così il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto a ministro dell’Interno Matteo Salvini nel corso della cerimonia per l’assegnazione alla Diocesi di un bene confiscato alla ‘ndrangheta.

«La nostra terra – ha aggiunto monsignor Oliva – non è solo ‘ndrangheta e mafia.

C’è gente che lavora e nonostante il contesto di povertà in cui vive porta avanti la propria famiglia con grande onestà.

È il popolo di cui parla Corrado Alvaro in “Gente d’Aspromonte”.

Questa gente soffre la povertà e la disoccupazione, ma ha tanta dignità e va avanti grazie al proprio lavoro ed al sudore della propria fronte.

Ha conosciuto e conosce l’emigrazione e tira avanti col poco che questo “aspro” monte concede. Sappiamo bene quanto male ha fatto la ‘ndrangheta a questa nostra terra.

Sappiamo quanto affossa le sue speranze di sviluppo e di crescita.

Ma siamo pronti a rialzarci e a collaborare con le istituzioni per sconfiggere questi fenomeni».

Il vescovo ha ringraziato il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, «per la sua presenza attenta alle problematiche di questo territorio, pronto a spingere le amministrazioni locali a liberarsi dalle dipendenze e condizionamenti mafiosi.

È un ruolo di accompagnamento necessario ed importante che aiuta a recuperare il valore della crescita civile, sociale e politica.

Come Chiesa non ci tiriamo indietro.

Vogliamo impegnarci in prima linea e collaborare ad ogni iniziativa di formazione alla legalità e di lotta alla ‘ndrangheta.

Il bene confiscato che ci viene assegnato oggi vuole essere una risorsa per la crescita umana e sociale di questo territorio.

Sarà utilizzato per attività di formazione e culturali, oratoriali e di aggregazione sociale».

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