Non si può festeggiare Natale a Gaza e in Ucraina, c’è la guerra. E i cittadini che vivono in quelle martoriate terre dove si combatte e dove vivono nascosti nei sotterranei, nei cunicoli, nei camminamenti, per paura dei razzi, delle bombe, dei missili, dei carrarmati, che Natale potrebbe esserci? Dominano la paura e il terrore di essere accoppati da un momento all’altro. L’unica speranza è una tregua, almeno per questo Natale, e una pace duratura. Le chiedono a gran voce le Nazioni Unite, i governati di tutte le nazioni libere e democratiche, le chiedono gli uomini e le donne di tutto il mondo amanti della pace, le chiedono finanche il Santo Padre, tutte le domeniche all’Angelus, quando si affaccia dalla finestra del Vaticano. Voce che grida nel deserto. Voxclamantis in deserto direbbero i latini. Non è ascoltato. A voglia ca gridi, Papa caro, e staricchianun ci sentanu.Non viene spesso neppure ascoltato da Vescovi e Cardinali, figuriamoci se viene ascoltato da Putin, da Netanyahu e dai seguaci e dai guerriglieri di Hamas. Professano religioni diverse e nei loro cuori c’è soltanto odio, vendetta, soppressione, annientamento, distruzione e morte. E così ogni giorno che passa è peggio. Si vive senza elettricità, senza acqua, senza medicinali, senza cibo. La vita dei cittadini di Gaza dopo l’attentato terroristico di Hamas alla popolazione civile ed inerme di Israele e dopo l’invasione del popolo ucraino da parte delle truppe sovietiche, la vita di centinaia di migliaia di famiglie è completamente cambiata. Nelle città, nei paesi, nei piccoli borghi ci sono soltanto macerie. Non ci sono più per loro luoghi sicuri, neppure a Natale. Dove in ogni casa del mondo si mangia e si beve e si festeggia la venuta di Cristo nel mondo. Dove le vetrine dei negozi e le strade sono sfavillanti di luci e di colori, Dove nelle piazze si esibiscono cantanti di grido per allietare tutta la gente. Noi festeggiamo, ma loro piangono e soffrono, e non sanno se arriveranno a domani. Ci sarà Natale anche per loro? Non ci sarà. Vorrei che anche per tutte quelle persone che soffrono per causa della guerra ci fosse almeno una tregua di 48 ore in modo che anche loro potessero uscire dai nascondigli e andare in qualche chiesa aperta e non ancora distrutta dalle bombe, per poter ascoltare la Santa Messa di Natale e il coro degli Angeli cantare: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace agli uomini amati dal Signore. Ma gli Ucraini e i palestinesi, quei pochi cattolici rimasti, non potranno ascoltare il coro degli Angeli, perché loro hanno pure paura delle bombe e se ne stanno nei luoghi sicuri e riparati del Paradiso. Ucraina e Palestina sono luoghi pericolosissimi, perciòGesù non nascerà nella notte santa in questi luoghi. Nascerà sicuramente in un’altra parte del mondo dove non si sentirà il frastuono delle bombe che cadono e il pianto dei bimbi e delle mamme. Non si farà neppure vedere Babbo Natale. Nessuno porterà i doni ai bambini feriti, a quelli che hanno perso il papà o la mamma, a quelli che nascono in mezzo alle bombe negli ospedali distrutti. Non stanchiamoci di gridare “No alla guerra”, in nome di Dio e nel nome di ogni uomo che aspira alla pace. Buon Natale.