
Ancora un pregevole contributo di Francesco Gagliardi, che ringraziamo, per la conoscenza di usanze e tradizioni locali ed anche perché non si dimentichi la nostra stessa storia . Questo il suo accorato contributo:
“Pochi giorni fa abbiamo celebrato i giorni della merla, ieri, 2 febbraio, la festa della Candelora, chiamata anche Presentazione di Gesù al Tempio, oggi la festa di San Biagio.
Le feste del 2 e 3 febbraio sono ricorrenze prettamente cristiane.
Perché Candelora?
Perché si benedicono e si accendono le candele all’inizio della Santa Messa che simboleggiano Gesù Cristo, la luce del mondo.
Negli Stati Uniti d’America la festa della Candelora, prettamente religiosa, è stata sostituita da una festa laica chiamata la Festa della marmotta.
Addirittura in Irpinia è stata sostituita con la “festa dei femminielli”.
La candelora fino al 1963 era anche chiamata festa della Purificazione di Maria.
Con il Concilio Vaticano II si decise, invece, chiamarla Presentazione di Gesù al Tempio.
Sono trascorsi 40 giorni esatti dal Santo Natale e secondo la tradizione ebraica una donna dopo il parto di un figlio maschio per purificarsi doveva recarsi al Tempio.
E così fece la Vergine Maria e lì incontrò, secondo il Vangelo di Luca, il vecchio Simeone. Mentre Simeone teneva in braccio il bambino disse:- Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele-.
Le candele benedette nelle chiese, secondo un antico uso e tradizione, vengono portate a casa e ben custodite.
Nei giorni tempestosi, piovosi, vengono accese e esposte dalle finestre e dai balconi per placare l’ira divina non solo dalle tempeste, ma anche dalle calamità e dalle epidemie.
In alcuni paesi calabresi i tizzoni che non si erano bruciati la notte di Natale nelle “focare” venivano conservati come oggetti sacri, e quando si sentiva nell’aria minaccioso il brontolio dei tuoni, precursori delle tempeste, si esponevano fuori dalle finestre o sui balconi, credendo vi fossero in essi la virtù di scagionarle.
Nella vicino Lago si espongono ancora oggi i biscotti fatti in occasione della festa di San Nicola di Bari.
La chiesa il 3 febbraio celebra San Biagio con la tradizionale benedizione della gola con due candele benedette incrociate.
Questa antica tradizione popolare resiste ancora malgrado la medicina abbia fatto passi da gigante.
Ora abbiamo l’aspirina, la penicillina, i vari colluttori e tanti altri medicinali e tanti altri rimedi, ma c’è chi ancora oggi continua ad affidarsi alla benedizione della gola con due candele benedette da parte del sacerdote per tenere lontano il mal di gola e la difterite.
San Biagio fu medico, vescovo e martire. Morì decapitato.
Dichiarato santo dalla chiesa cattolica e protettore della gola, perché salvò una giovane da una lisca che le si era conficcata in gola.
La festa della Candelora, secondo la tradizione popolare, abbonda di proverbi e che a detta di molti ci permette di prevedere come sarà il tempo nella seconda parte dell’inverno.
Io me ne ricordo uno che la nonna materna me lo ha fatto imparare a memoria:-
Per la Candelora de l’inverno siamo fora, ma se piove e tira vento de l’inverno siamo dentro.
Purtroppo, però, i proverbi variano da regione a regione e a volte si contraddicono pure.
Quello più conosciuto è quello riportato poc’anzi.
Ma c’è un’altra versione opposta che recita:- Per la santa Candelora se nevica e se piove dell’inverno siamo fora, ma se c’è il sole o solicello siamo sempre a mezzo inverno-.
Un altro proverbio richiama il ricordo dell’Epifania.
Con l’Epifania tutte le feste vanno via:- Risponne a Candelora:No, ce stongo io ancora!-
E’ un classico proverbio napoletano che ci sta ad indicare l’estro, la genialità del popolino che ha saputo inventare altre feste da riempire un intero anno.
Secondo la tradizione popolare, infine, la Candelora è l’ultimo giorno utile per smontare il presepe costruito il giorno dell’Immacolata Concezione.
Ora noi che viviamo in Calabria possiamo essere contenti perché ieri è stata una bellissima giornata con una temperatura al di sopra dei 15 gradi e quindi le giornate fredde, gelate, con nevicate abbondanti dovrebbero essere solo un pallido ricordo.
Invece per quelli del Nord le giornate dovrebbero essere piovose, ventose, con abbondanti nevicate anche a quote basse perché il tempo era pessimo.
Finalmente al Nord dovrebbe arrivare la tanto attesa pioggia che manca da diversi mesi e spazzare via lo smog.
L’acqua dei fiumi era scesa a livelli bassissimi e incominciava a preoccupare la popolazione agricola.
In un mio libro “Viaggio nella Memoria” così scrissi nella prefazione:- I giovanissimi di oggi, i ventenni, che vivono di motociclette, discoteche, paninoteche, coca cola ( oggi aggiungerei di telefonini, di What’s up), fra scuola e primi amori, non hanno più ricordo di queste tradizioni, di questi riti, consumati in un altro mondo e provenienti da un’altra cultura.
Molti riti, consuetudini, usanze e tradizioni, hanno ceduto il passo al progresso della civiltà e della scienza-.
Gentile Commissario,
in questa breve nota vorrei sottoporre alla Sua cortese attenzione, in forma schematica e succinta, una minima parte di ciò che ha preceduto il Suo arrivo nella mia città natale. Negli ultimi due anni sono stati posti dei quesiti all’Amministrazione uscente che puntualmente non hanno avuto nessuna risposta. Il mare di Ulisse inquinato, le facili autorizzazioni che hanno deturpato il centro storico, le perplessità sull’ufficio comunale del demanio e le assegnazioni dei lotti estivi, i cancelli che ostruiscono una strada demaniale che attraversa un villaggio turistico. Questa era l'imbarazzante coerenza di un sindaco che pretendeva di governare una città tramite slogans, frasi fatte e, cosa inaudita, seguendo gli umori “famigliari”. E’ stato imbarazzante vedere un Comune comportarsi come una parrocchia, invitando i bambini a rivolgersi a Babbo Natale per ricevere qualche piccolo cadeau! E la sorridente Giunta cosa faceva? Niente, non sapeva cosa dire e cosa fare, balbettava articoli del regolamento, appellandosi alla facoltà di non rispondere.
Egregia Commissaria, poche righe per ribadire quello che tutti i cittadini, e i malcapitati che passavano da Amantea, pativano e continuano a patire ogni giorno e in ogni angolo della città. Strade dissestate, molte delle quali impercorribili, piene di voragini, alcuni dei veri e propri “buchi neri”, molte prive di illuminazione. Il pericolo per le persone, automobilisti e pedoni, era e resta all’ordine del giorno, oltre i danni ai mezzi. A Catocastro come al Centro Storico, a Campora come ad Acquicella, nelle contrade tutte, la situazione era ed è la medesima: abbandono, degrado, incuria, ad iniziare proprio dalla viabilità oltre alla carenza di servizi primari per i cittadini. L’Amministrazione Sabatino, oltre ai proclami, a distanza di oltre due anni non ha provveduto neppure a redigere un Piano Traffico per risolvere la situazione della viabilità. Quindi non solo non ha provveduto alla manutenzione delle strade, con disagi e malcontento ormai diffuso nella popolazione, ma neppure si è pensato a fare di Amantea una città degna di questo nome. Ovunque regnano degrado, abbandono ed emarginazione sociale. Una “strada” se così si può chiamare, che esprime pienamente questa triste situazione è stata asfaltata l’unica volta nel 1982. Da allora è stata dimenticata da tutti, anche dagli Dei. E’ un luogo che giace nell'incuria e che si presenta scarsamente accogliente e percorribile per i suoi abitanti, i loro familiari e gli stessi spericolati cittadini che si avventurano nel percorrerla. Si tratta di una viuzza comunale che collega, la strada che conduce a Serra di Ajello, alla contrada Marano. Il degrado e le oltre 500 buche, è ben visibile. Dalla sporcizia, dalla vegetazione non curata, dal dissesto e dall’assenza totale di manutenzione. L’ incuria in città era e rimane sotto gli occhi di tutti e sotto il naso di tutti. Basta recarsi sul lungomare e dare una sbirciatina a ciò che galleggia indisturbata sul mare di Ulisse. Solo un breve accenno ai “cerotti” che coprono il corpo del paese. Dall’ ex convento dei Gesuiti, al palazzo Florio in pieno centro. Senza dimenticare lo stato in cui versa il monumento ai caduti. E’ una storia infinita di ostacoli, incuria ma anche di scelte che hanno portato l’Amministrazione uscente a privilegiare altri interventi e a lasciare indietro la parte alta del centro storico i cumuli di immondizia, ratti e pericolosi scarafaggi rossi. L’area del cosiddetto Centro storico costituisce, per la rilevante presenza di elementi storico-architettonici, il fulcro dell’identità cittadina e al tempo stesso rappresenta una delle zone con maggiore capacità di condizionare la trasformazione della città. Via Montebianco È una strada stretta. Lunga poco più di 100 metri. Una palazzina dietro l’altra. Un gigantesco capannone ricoperto di amianto. Una ventina di famiglie. Ognuna con il suo morto o il suo ammalato di cancro. Dieci vittime dal 2000 ad oggi. E 25 persone che lottano ancora contro il tumore.
Lei, dottoressa Greco, sarà libera di non credere allo “scemo del villaggio”, additato dalla ex Amministrazione come “pazzo” e ricordandogli costantemente che la sua era “un’ingenua allucinazione”. La logica di derisione del gregge, ancora oggi, si innesca facilmente alla vista del minimo segno di diversità. Il “Ciuoto” fonda la propria forza sulla presunta normalità (di cui è difficile dare una definizione) che lega un membro all’altro, imponendo l’emarginazione di tutto ciò che fuoriesce dai ranghi delle consuetudini e convinzioni che garantiscono esclusività e appartenenza. Il Paese (ovvero la maggioranza), prende “coscienza”, si fa per dire, solo di fronte al folle che ne giustifica l’esistenza. Non a caso Amantea, unico paese al mondo, celebra i matti il 21 luglio di ogni anno. Per finire….. “La corruzione” nel nostro sistema di governo cittadino significava replicare e perfezionare in ogni centro di potere gli ingredienti base della corruzione sistemica. Per vedere tutta la virtù di Mosè, diceva Niccolò Machiavelli, è necessaria tutta la miseria di Israele. Più prosaicamente, si coglie in questo quadro la piena sintonia con quel grumo di interessi opachi che accomuna ampi e trasversali segmenti di certa classe dirigente verso un obiettivo condiviso: estendere il proprio invisibile dominio cleptocratico, rendendo più efficiente e sicura l’appropriazione congiunta della smisurata rendita della corruzione.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
L’Oliva è quel fiume diventato famoso senza volerlo.
Il 25 novembre 2010 infatti Focus.it lo pose tra i 7 fiumi più inquinati d’italia.
Alla pari, cioè, del Fiume Aniene, del Fiume Aterno-Pescara, del Fiume Lambro, del Fiume Sacco, del Fiume Saline e del Fiume Sarno.
Addirittura ci fu chi scrisse che “CHI LO CONOSCE LO EVITA”.
E tutto il “merito” fu del dr Giacomino Brancati il quale scrisse che: «Nello studio che ho condotto tra il 2008 e il 2009 per conto della Procura, ho evidenziato che nella popolazione che nei decenni scorsi ha vissuto nella valle dell’Oliva vi è un evidente eccesso di mortalità e di ricoveri per malattie cardiovascolari e soprattutto per tumori maligni del colon, del retto, dell’apparato genito-urinario, della mammella e della tiroide».
Ma la cosa terribile è che secondo questo studio “la mortalità aumenta avvicinandosi al fiume” Focus.it.
Poi il processo che si sta svolgendo presso la Corte d'Assise a Cosenza a carico di Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo, quattro proprietari dei terreni, dove – secondo l'impianto accusatorio – sarebbero stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l'area causando il disastro ambientale.
Per questi il PM ha cghoesto l'assoluzione ex art 530 secondo comma cpp (ovvero con formula dubitativa).
Ed infatti nelle arringhe i legali degli imputati hanno ribadito l'estraneità ai fatti contestati dei loro assistiti, associandosi alla richiesta del pm che per tutti ha, come detto, chiesto l'assoluzione.
Ed ovviamente di Cesare Coccimiglio imprenditore e per il quale l’avvocato Carratelli ha dichiarato che il suo assistito «è assolutamente estraneo a ogni accusa».
Il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola per Coccimiglio ha chiesto la condanna a sedici anni e mezzo di carcere.
L'avvocato Carratelli ha specificato alla Corte (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) che Coccimiglio ha sempre svolto la sua attività nel pieno rispetto delle norme vigenti e non ha mai commesso alcun atto illecito.
Secondo la difesa, persino le testimonianze emerse in dibattimento hanno evidenziato la totale mancanza di prove che possano dimostrare la colpevolezza di Coccimiglio.
Il legale dell'imprenditore di Amantea accusato di disastro ambientale e morte a seguito di avvelenamento delle acque ha chiesto l'assoluzione del suo assistito. Per lui il pm ha invocato una condanna di 16 anni e mezzo.
La sentenza è prevista per il 6 marzo.