Tortora.Continua l’azione di tutela del mare da parte della procura di Paola.
Questa volta addirittura in collaborazione con la procura di Lagonegro.
A conclusione di una lunga ed attenta indagine iniziata nel 2011 condotta dalla Guardia di Finanza il GIP di Paola su richiesta della procura della repubblica di Paola condotta dal PM Bruno Giordano ha disposto il sequestro dell’impianto di depurazione di san Sago in Tortora.
L’impianto è gestito dalla “Ecologica 2008 srl”, autorizzato dalla Regione Calabria per il trattamento di rifiuti pericolosi.
Il sindaco di Tortora Pasquale Lamboglia dichiara che “L’operazione di questa mattina della Guardia di Finanza e della procura della repubblica di Paola rappresenta la conferma di quanto noi abbiamo sempre sostenuto in merito agli impianto di San Sago”
Secondo gli investigatori non sarebbe stato rispettato il limite quantitativo massimo giornaliero di rifiuti liquidi trattabili in più giorni negli anni dal 2009 al 2013, limite stabilito in 300 metri cubi giornalieri.
L’impianto di Tortora riceveva rifiuti liquidi da numerosi siti non solo della Regione Calabria, ma anche dalla Campania, dalla Puglia e dalla Basilicata.
Gli investigatori hanno evidenziato una serie di criticità nel funzionamento del depuratore, tra cui la presenza di tubazioni volanti, predisposte sulle vasche per bypassare sezioni del processo depurativo o la completa disattivazione della sezione di depurazione relativa alla “denitrificazione” con la conseguenza del mancato abbattimento dell’azoto, causa della cosiddetta eutrofizzazione dei torrenti recettori e del mar Tirreno.
Il Gip sottolinea che si tratta di «Una gestione dell’impianto, quindi, assolutamente non in linea con le sue caratteristiche tecniche, ma utilizzato quale sito in cui far confluire, al fine di maturare ulteriori guadagni “bypassando” illecitamente i parametri e gli adempimenti imposti dalle normative e dalle prescrizioni amministrative di riferimento, il maggior quantitativo di rifiuti possibili, successivamente smaltiti illegalmente, a causa del loro mancato e/o inadeguato o comunque insufficiente trattamento, attraverso il loro scarico nel torrente Pizzinno e successivamente, attraverso il fiume Noce, nel mar Tirreno».
Gli investigatori si sono avvalsi di moderne tecniche di controllo, tra cui apparecchiature Gps, impiantati sulle auto-cisterne e seguite nei loro spostamenti , accertando numerosi episodi durante i quali enormi quantità di liquami sono confluiti nell’impianto e successivamente, non depurati, sversati nelle acque del torrente Pizzinno.
Basti pensare che nei soli due mesi di dicembre 2012/gennaio 2013 l’impianto ha sversato illecitamente nel torrente Pizzinno oltre 8.500 metri cubi di rifiuti liquidi, per lo più percolato da discarica non depurato, che hanno determinato un gravissimo pericolo per l’incolumità pubblica e per l’ambiente, così come un deturpamento delle bellezze naturali circostanti costituite da macchia mediterranea, viste le caratteristiche inquinanti del percolato e gli effetti sull’ecosistema.
Parliamo di oltre 140 mc al giorno sversati nel torrente.
Forte la preoccupazione dei magistrati che hanno evidenziato che «Per avere un’idea del danno creato basti pensare che le acque del torrente vengono utilizzate anche
per l’irrigazione e l’abbeveraggio e, sversate nel mar Tirreno, rendono quelle acque, sempre più frequentemente, impraticabili per i villeggianti. Non è un caso, infatti, che da alcuni anni in diversi tratti del mar tirreno cosentino campeggino divieti di balneazione, facendo guadagnare a questi, un tempo, apprezzati lidi, il triste primato di maglia nera della balneazione. L’attività svolta costituisce ulteriore testimonianza del quotidiano impegno profuso dalle Fiamme gialle sul territorio a tutela della salute dei cittadini e della legalità».
Tre cose:
La prima: possibile che nessuno come al solito controlli le acque del fiume?. A chi compete? Chi è responsabile di questa omissione generalizzata e vergognosa?
La seconda: se davvero vogliamo un mare più pulito si impone che tutti i soggetti che hanno inviato a San Sago i propri reflui da trattare siano costantemente controllati, da subito, dalle Procure competenti per evitare che vengano comunque immessi reflui negli alvei fluviali e torrentizi della Calabria, della Basilicata e della Campania.
La terza. E’ indispensabile che vengano condotte indagini sulla flora e fauna dei terreni a valle delle immissioni.