Ieri aspettando l’arrivo del Giro d’Italia a Gualdo Tadino mi sono messo davanti al computer e ho incominciato a leggere quello che scrivono i giornali locali on line riguardante il territorio amanteano e dintorni.
La processione della Madonna delle Grazie del mio paese natale che si svolge il 2 luglio di ogni anno ha attirato la mia attenzione.
Ho fatto click sull’icona e ho incominciato a guardare con attenzione e commozione le varie foto di alcuni anni fa.
Quanti dolci ricordi sono affiorati nella mia mente.
Ho rivisto tantissimi personaggi che purtroppo ci hanno lasciato da diversi anni.
Poi mi son messo a leggere alcuni articoli allegati: I riti religiosi, la novena della Madonna delle Grazie, la processione, l’incanto.
Ed infine i vari commenti di alcuni personaggi che mi hanno lasciato davvero basito.
Sono rimasto malissimo nel leggere alcune cose scritte che non sono affatto vere.
Oggi si chiamano fake news, noi le abbiamo sempre chiamate “vere cazzate”, e chiedo scusa ai miei carissimi lettori di Tirreno News per aver usato questo termine davvero volgare, ma diceva un mio carissimo amico “Quando ce vo, ce vo”.
Non è affatto vero che durante la processione della Statua della Madonna delle Grazie per le vie del paese le contadine del luogo cantavano una cantilena e imploravano la Vergine di non fare venire giù la grandine altrimenti avrebbe distrutto il raccolto specialmente le zucchine che sono tenerissime.
Questa è la filastrocca:- Madonna delle Grazie, non fare chiovire grandine, ca la cucuzza è tenera e si vene a grupiar-.
Questa filastrocca veniva e viene ancora recitata dagli amici anziani di Amantea per prendere in giro in modo bonario gli amici di San Pietro in Amantea.
Niente di più.
Anche il nostro Direttore di Tirreno News, quando ha voglia di scherzare, mi rimprovera sempre che nei miei libri sulla storia di San Pietro non ho mai citato questa filastrocca.
Per quanto riguarda “le zagarelle” colorate e benedette non erano vendute nel locale della chiesa ma da una signora che aveva il negozio alla Calavecchia e preparava il 2 luglio la sua bancarella nel sagrato della chiesa.
Si vendono ancora, perché ancora oggi ci sono ragazzi e ragazze che se le legano al braccio sinistro come porta fortuna.
L’incanto, poi, non si fa più perché l’Arcivescovo di Cosenza lo ha proibito.
Se qualche lettore vuole saperne di più è pregato di andare a leggere “Lo Stendardo di San Rocco” di Nicola Misasi.
Ma cosa è davvero questo incanto?
La Statua della Vergine veniva fatta scendere dal suo trono e portata in processione per le vie del paese. Ma all’uscita dalla chiesa e fino a cento metri della piazza dove una volta c’era una grande croce si svolgeva un antico rito: l’incanto.
La popolazione era divisa in due categorie : i paesani e i campagnoli, che si contendevano con la maggior offerta di denaro il privilegio e l’onore di portare in spalla la Statua durante la processione. Il sacerdote dava il via e i due contendenti iniziavano l’incanto, partendo da poche lire per arrivare a un milione e oltre.
Cifra già raccolta tra i fedeli che era destinata per le spese dei festeggiamenti.
L’incanto proseguiva fino alla Croce e fino a quando una categoria si dichiarava vinta.
Augurava al vincitore buona fortuna.
“E ccu salute!” gridavano u zu Francesco Graziano e lu zu Giovanni Sconza Testa, due personaggi famosi che ancora ricordiamo con affetto e che mettevano all’incanto la Statua, uno per conto dei residenti in campagna e l’altro per i residenti nel centro abitato.
Ma voglio ricordare anche Cicco Cino, Gino Ianni e il carissimo amico Rocco Capanna che gareggiava per conto degli amanteani.
Fragorosi applausi salutavano la singolar tenzone e i fedeli del centro abitato o delle contrade o di Amantea, vincitori della contesa, si aggrappavano alla Statua per aver il privilegio di aiutarla a trasportare in processione.
di Francesco Gagliardi