Secondo Maria Teresa Camarda ci sono 89 spiagge in Italia che possono essere considerate “pericolose” perché nelle loro acque poco pulite si possono prendere infezioni.
La mappa del rischio l’ha disegnata il Ministero della Salute, tenuto a monitorare periodicamente la qualità dell’acqua.
Il problema è che spesso, queste acque poco pulite, si trovano in zone generalmente balneabili.
La maggior parte dei divieti di balneazione sono situati alle foci dei fiumi, sui lungomare cittadini, in prossimità di zone portuali.
La maglia nera per il numero di acque balneabili di scarsa qualità appartiene alla regione Calabria che ha ben 22 siti vietati, quasi il doppio della Campania e della Sicilia che si piazzano al secondo posto con 12 spiagge ciascuno. (1)
Seguono in classifica l’Abruzzo (10), le Marche (9) e la Lombardia (7), che pur non avendo sbocchi al mare è una regione con molti laghi.
A sorpresa nell’elenco non mancano alcune prestigiose località di villeggiatura a cominciare da Rapallo, all’inizio della scogliera, a Sanremo, punta di San Martino oppure Vietri sul mare, Praia a Mare alle Marlane, Roseto degli Abruzzi alla foce del Tordino, San Lucido nei pressi del torrente S.Como, a Bagheria, la spiaggia Sarello, ad Acireale, quella di Capo Mulini, ad Aci Trezza, via Marina
Basilicata, Toscana e Friuli Venezia Giulia sono invece al top per pulizia delle acque dove immergersi.
I batteri fecali pericolosi
I principali responsabili del divieto di balneazione nelle spiagge “pericolose” sono due batteri fecali che si chiamano Escherichia coli ed Enterococchi, che possono determinare patologie di natura infiammatoria, infettiva e disturbi di vario genere.
Quando il loro livello supera il massimo stabilito per legge, scatta il divieto di balneazione.
Almeno fino a nuova misurazione.
La conseguenza principale di un sito etichettato come “scarso” è il divieto temporaneo di balneazione per la stagione successiva.
Non è comunque una decisione irreversibile, a meno che il sito non risulti “scarso” per cinque anni di seguito, a quel punto l’interdizione diventa permanente fino all’intera bonifica dell’area.
Il rapporto con gli altri paesi europei
Nonostante l’Italia detenga un quarto delle acque di balneazione dell’intera Europa, rispetto agli altri stati membri non sembra essere un modello di riferimento.
Sulla base delle acque di qualità “eccellente” l’Italia (90%) si posiziona all’ottavo posto in Europa dopo Cipro (99,1%), Malta (98,9%), Austria (97,3%) e Grecia (97%) che rasentano quasi la perfezione.