Era gennaio 2013 quando i carabinieri della Stazione di San Ferdinando arrestarono il 75enne , Antonio Columbro, residente a Vibo Valentia, con l’accusa di pedofilia.
I carabinieri di San Ferdinando avevano condotto un’accurata indagine alla quale era conseguita una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro.
Nella sua abitazione il Columbro conservava oltre un migliaio di fotografie pedopornografiche.
A novembre dello stesso anno Antonio Columbro, già recidivo, e noto alla giustizia per reati simili, veniva condannato a 2 anni e 3.500 euro di multa ed anche “all’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonchè da ogni ufficio e servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori”..
Secondo i carabinieri sarebbero stati diversi gli episodi in cui l'anziano avrebbe abusato di almeno nove ragazzini nel periodo tra agosto e novembre
Li adescava offrendo pacchetti di sigarette, ricariche cellulari, dolciumi. Cercava, e spesso ci riusciva, di guadagnare la loro fiducia attraverso dei doni difficili da rifiutare, poi si scambiavano il numero di telefono che utilizzava per inviare messaggi scabrosi, censurabili.
L'inchiesta era partita qualche settimana addietro da un'attività autonoma messa in atto dal comandante della Stazione di Pizzo Paolo Fiorello e dai suoi uomini che ha consentito, tramite filmati, appostamenti, acquisizioni di testimonianze, di entrare in possesso di elementi probatori gravi nei confronti dell'uomo che adesso si trova in carcere, su disposizione del gip Gabriella Lupoli.
Una sua foto, che era finita su Facebook, aveva suscitato la rabbia delle persone, alcune delle quali avevano manifestato l'intenzione di farsi giustizia da sole.
Il procuratore capo Mario Spagnuolo ha dichiarato«Non c’erano assolutamente alternative al carcere e rassicurare la collettività è stato il motivo di questa conferenza stampa. Voglio rimarcare che la Procura agisce con grandissimo vigore nell’acquisizione degli elementi di prova tanto che il soggetto, che probabilmente è una persona malata, è stato “marcato a uomo” quando la notizia era già stata trapelata».