“Prima presi a colpi di pala poi, ancora vivi, dati in pasto ai maiali. C'è tutta la ferocia della 'ndrangheta dietro il duplice omicidio di Francesco Raccosta e del cognato Carmine Putrino. Una sequenza agghiacciante. Compiuta con estrema freddezza. Fino a diventare un vanto, un piacere. Simone Pepe racconta tutto con dovizia di particolari: “...Appena ha preso le prime tre quattro botte di pala…è stata una sensazione no bella, di più…”. IlQuotidiano.
Ecco gli arrestati:
Ecco tutti gli arrestati dell'operazione "Erinni"
1. PEPE Simone, nato a Roma il 17.08.1989, residente ad Oppido Mamertina;
2. MAZZAGATTI Rocco, nato ad Oppido Mamertina il 24.08.1973, residente a Oppido Mamertina;
3. MAZZAGATTI Giuseppe nato a Cinquefrondi il 20.09.1984, residente ad Oppido Mamertina;
4. DE PASQUALE Antonino, nato ad Oppido Mamertina il 30.08.1985, residente a Oppido Mamertina;
5. RUSTICO Leone, nato a Taurianova il 03.11.1981, residente ad Oppido Mamertina;
6. RUSTICO Giuseppe, nato ad Oppido Mamertina il 18.06.1980, residente a Catanzaro;
7. RUSTICO Pasquale, nato a Taurianova il 21.02.1985, residente ad Oppido Mamertina;
8. BONINA Rocco, nato ad Oppido Mamertina il 08.10.1978, residente a Oppido Mamertina;
9. SCARFONE Domenico, nato ad Oppido Mamertina il 03.07.1957, residente a Genzano di Roma;
10. POLIMENI Cosmo, nato ad Oppido Mamertina il 25.08.1987, residente a Oppido Mamertina;
11. POLIMENI Paolo, nato ad Oppido Mamertina il 27.05.1981, residente a Oppido Mamertina;
12. RUFFA Rocco Alessandro, nato ad Oppido Mamertina il 05.08.1991, residente a Borgia (Cz);
13. MAZZAGATTI Francesco, nato ad Oppido Mamertina il 26.8.1991, residente a Oppido Mamertina;
14. ZAPPIA Diego, nato ad Oppido Mamertina il 14.06.1985, residente a Oppido Mamertina;
15. MURDICA Carmine, nato ad Oppido Mamertina il 05.02.1993, residente a Oppido Mamertina;
16. LENTINI Domenico, nato ad Oppido Mamertina il 22.05.1994, residente a Oppido Mamertina;
17. FERRARO Giuseppe, nato ad Oppido Mamertina il 06.12.1968;
18. PEPE Valerio, nato a Roma il 27.07.1991, residente a Oppido Mamertina;
19. PEPE Leandro, nato a Roma il 12.08.1974, residente a Roma;
20. SCARPONI Matteo, nato a Roma il 11.04.1992, residente a Roma;
Tra gli arresti anche un minorenne su mandato emesso dalla Procura dei Minori di Reggio Calabria.
Uno dei 20 maggiorenni è irreperibile perché residente da tempo all’estero ed un altro è latitante da molti anni.
L’operazione denominata Erinni è stata condotta oggi dai Carabinieri ad Oppido Mamertina.
Le accuse formulate dalla DDA sono associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio, intestazione fittizia di beni e investimenti di denaro di provenienza illecita nel mercato immobiliare della Capitale.
Il gruppo criminale sgominato con l'operazione ruotava attorno alla figura dl boss Rocco Mazzagatti, di 50 anni, capo dell'omonima cosca, che è stato arrestato.
Mazzagatti, attraverso una serie di prestanome, avrebbe gestito un vasto giro di attività imprenditoriali a Roma ed in Calabria, tra cui attività di commercio di automobili e distributori di carburante.
Tra Roma e la Calabria, sono stati sequestrati anche 88 immobili per un valore di 70 milioni.
Eseguite fruttuose perquisizioni. Trovato materiale molto interessante e 170mila euro nascosti in intercapedini dei muri delle abitazioni.
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Reggio Calabria
Il paese si interroga su quanto occorso in questi giorni.
I carabinieri non mollano la presa e continuano a tenere Amantea sotto controllo.
Anche ieri una pattuglia dei carabinieri della locale Caserma hanno attivato la sirena raggiungendo due giovani su un ciclomotore ma ponendo il centro cittadino in fibrillazione e pronto a chiedersi cosa altro stesse succedendo.
Ai carabinieri si aggiungono però gli agenti della Direzione Distrettuale Antimafia.
Ed a tal punto il dilemma che corre sotto pelle nella cittadina è destinato probabilmente a restare segreto ancora per poco.
Ci si chiede se il blitz sia legato allo spaccio della droga, come taluni sussurrano, mentre parlano di gole profonde che stanno descrivendo la rete degli spacciatori di Amantea.
Oppure è connesso agli eventi incendiari che hanno interessato una cooperativa ed un professionista?
O piuttosto l’Arma e la procura della repubblica di Paola stanno tentando di verificare la nuova geografia criminale del territorio a distanza di 6 anni dagli eventi del dicembre 2007?
Altre voci però parlano di una serie di intimidazioni dirette perfino alle Forze dell’Ordine e che hanno determinato questa decisa e si dice duratura riaffermazione della presenza dello Stato.
Certo è che il rinvenimento di armi è stata una sorpresa.
Sia per la sua entità. Si parla di 2 pistole e di una mitraglietta oltre a 122 proiettili
Armi rinvenute, stando a quanto si dice, in un pozzetto di fognatura posto in un sottoscala dello stabile Ex Hotel Riviera , nella centrale via Margherita, nel quale furono allocati anche il Comando della Polizia Municipale, stranamente delocalizzato nella lontana via Degli Stadi, e la Guardia Costiera, spostata addirittura nella lontana Campora SG.
Armi, sembra, localizzate grazie al cane pastore antidroga dei Carabinieri che ha fiutato la cocaina conservata nello stesso luogo delle armi.
Ora le armi sono state inviate al Reparto Investigazioni Scientifiche dell’Arma ( RIS) per la ricerca di impronte e per verificare se le stesse abbiano sparato, giungendo alla comparazione con altri eventi delittuosi, omicidi compresi.
Ma non sembra che la presenza dei CC abbia davvero ridotto il consumo di droghe minori.
Forse occorrono forze di Polizia in borghese che vivano tra i giovani.
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Comunicati - Sport - Giudiziaria
Basilicata. Fabio Amendolara (nella foto) scrive per la «Gazzetta del Mezzogiorno»
In un articolo del 23 ottobre scorso, intitolato Pulizie al «San Carlo»,racconta che la Kuadra srl a cui sono state appaltate le pulizie dell’ospedale di Potenza al momento lavori senza certificati antimafia.
Sarebbero stati chiesti da Patrizia Vinci ,direttore dell’ufficio provveditorato ed Economato del San Carlo, alle prefetture di Genova, dove la società ha la sua sede legale, prima, e poi Napoli , ma, inutilmente almeno finora, senza risposta.
E così il 28 ottobre è stato interrogato dalla Direzione distrettuale antimafia sulle sue fonti informative.
Fabio Amendolara ha opposto il segreto professionale
Amendolara ad «Ossigeno», che si è già occupato di lui nel 2012, raccontando vari episodi di perquisizioni, intercettazioni e richiesta di rivelazione delle fonti ,ha risposto :“Se dovessi finire nel registro degli indagati avrei a disposizione l’avvocato del giornale”.
Ma perché mai dovrebbe finire sotto inchiesta? Gli italiani vogliono sapere se le notizie diffuse siano o meno vere.
Il problema è che Amendolara ha scritto che “La Kuadra è finita sotto la lente delle Procure di Potenza e di Napoli per alcune assunzioni di parenti o di persone vicine a pregiudicati di Potenza”, assunzioni che “sarebbero state decise da un dirigente potentino” “che viene indicato da polizia e carabinieri come «factotum» della ditta”.
Amendolara ha ricevuto messaggi ufficiali di solidarietà dall’Ordine dei giornalisti della Basilicata il cui presidente Domenico Sammartino ha dichiarato: “L’Ordine dei giornalisti di Basilicata ribadisce l’intangibilità del diritto di cronaca e auspica che gli altri poteri, a partire dalla magistratura, rispettino la piena libertà del suo esercizio quale metro di misura della democrazia del nostro Paese”
Solidarietà anche dall’Assostampa pugliese il cu presidente Raffaele Lorusso ha dichiarato. “La richiesta di rivelazione delle fonti di una notizia, sia pure nell’ambito di un’indagine giudiziaria delicata come quella che sta seguendo il collega Amendolara, è sempre irricevibile e va respinta”
Per quel poco che può contare porgiamo ad Amendolara anche la nostra.
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Italia
Qualcuno le intende come un fulmine a ciel sereno. Qualcuno le attendeva. Ed infatti Cavalcanti dice che questa decisione la aveva presa già da tempo, almeno sei sette mesi fa.
Certo che appare probabile la connessione tra le dimissioni ed il buco finanziario di 9 milioni di euro, cresciuto dalla data delle elezioni quando era di “soli “ 6 mln di euro.
Ma ancora più appare probabile la relazione tra le dimissioni e l’arrivo tre settimane fa della richiesta di perquisizione e sequestro da parte della Dda di Catanzaro, nella quale si denunciano casi di parenti di boss che lavorano all’interno di ditte che hanno appalti con il Comune e presunti favoritismi nell’attribuzione di immobili comunali. Impossibile il contrario.
Lo evidenzia il sindaco quando risponde all’intervista de Il Quotidiano sostenendo che «Ci sono fatti ed eventi che ti impongono di riflettere non tanto sul merito, quanto sul momento, e ti inducono ad andare oltre lo specifico. Dico subito che la lettura, attraverso i giornali, del contenuto del decreto della Dda suscita tante perplessità, perché non ti è chiaro il senso complessivo: non riesci a capire perché, in altri termini, possa essere un filone d’indagine la presenza di parenti di boss della criminalità organizzata tra i dipendenti di ditte che hanno appalti con il Comune. È difficile ritenere che questo dato possa avere il significato di un indizio di “erogazioni pubbliche in favore di clan della malavita locale”, ma, al di là di ogni tua personale convinzione, resta fermo ed incrollabile il rispetto istituzionale per il ruolo della magistratura, specie in una regione in cui i rischi di infiltrazioni e di condizionamento della mafia sono altissimi. In quel momento, però, ti scorrono come in un film le immagini di questi due anni e, soprattutto, ti domandi se e cosa hai fatto per governare adeguatamente un momento del tutto eccezionale ed inatteso: dunque, non solo cosa hai fatto per l’attuazione del programma, ma anche per operare forme di contrasto verso la criminalità organizzata ed, ovviamente, ti chiedi se ed in che termini ci sei riuscito. Ed il film di questa consiliatura ti trasferisce l’immagine di quel che era il tuo programma e di cosa ti sei trovato a gestire, ma soprattutto ti domandi se ed in che misura quel che hai fatto ha trovato l’appoggio della tua maggioranza».
Infine c’è il senso di solitudine che talvolta “prende” i sindaci quando arrivano in comune portatori di un sogno che alla fine non si realizza, così che al mestiere difficile di amministratore si aggiunge l’amarezza e la disillusione.
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Cosenza
Lamezia terme . Dalle prime luci dell'alba gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro sono impegnati in un'operazione, denominata "Piana", contro l'organizzazione mafiosa facente capo al clan Giampà. Tale operazione, scaturita a seguito dei contributi resi da noti collaboratori di giustizia dissociatisi dall'organizzazione, ha permesso di far luce sugli interessi economici che legano imprenditori attivi nel comparto edile alle consorterie mafiose.
Ll'operazione, è stata diretta dalla Dda di Catanzaro, che ha chiesto e ottenuto del gip l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare in carcere e dei provvedimenti di sequestro dei beni.
Secondo l'accusa i quattro imprenditori arrestati avrebbero messo a disposizione della cosca Giampà le aziende a loro riconducibili, operanti nel settore del calcestruzzo
Gli arrestati, accusati di associazione mafiosa, sono
-Davide Orlando, 31 anni,
-Roberto Piacente (43),
-Francesco Cianflone (58) e
-Antonio Gallo (40).
I 4 avrebbero messo a disposizione della cosca le aziende operanti nel settore del calcestruzzo.
Sequestrati anche beni per 25 milioni
L’attività d’indagine, scaturita a seguito di indagini esperite utilizzando i contributi resi da noti collaboratori di giustizia dissociatisi dall'organizzazione, ha permesso di far luce sugli interessi economici che legano certa imprenditoria, in questo caso attiva nel comparto edile, alle consorterie mafiose.
Tra i collaboratori di giustizia c'è anche Giuseppe Giampà, figlio di Francesco detto "il professore" e considerato il boss dell'omonima cosca.
Giampà ha iniziato a collaborare con gli inquirenti lo scorso anno, dopo essere stato arrestato in una delle tante operazioni coordinate dalla Dda contro le cosche del Lametino.
Ma che succede in Calabria?
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Lamezia Terme