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Roma. Le Iene sono state assolte dall’accusa di diffamazione che gli aveva contestato Roberto Fico, all’indomani del presunto scandalo della collaboratrice domestica pagata a nero, quindi senza essere regolarmente assunta.

Presunto allora, ormai certo oggi, data la sentenza che il Tribunale ha emesso in favore del celebre programma di Italia Uno, secondo la quale non è stato commesso il reato di diffamazione.

 

E il sinistrissimo e manettaro grillino, barricadero della prim’ora, è stato smentito per quanto riguarda la sua tesi difensiva sulla colf Immacolata, Imma per gli amici, che lavorava per Yvonne, la fidanzata del big grillino.

Quando Fico spacciò la colf per una amica

In un primo momento, Fico aveva annunciato che si trattava di un’amica che lo aiutava gratuitamente, senza dunque percepire un euro di compenso.

Intervistata Immacolata, però, emerse che il compenso c’era e variava dai 700 ai 500 euro.

Emerse anche un altro collaboratore domestico, in questo caso maschio, ucraino di nome Roman, anch’egli pagato a nero e che avrebbe lavorato per la famiglia di Roberto Fico.

Il quale, oggi, garantisce di avvalersi della collaborazione di una colf regolarmente assunta secondo i termini di legge, anche se ormai è un po’ tardi per rifarsi la verginità dopo essere stati malamente sputtanati per una questione che si sarebbe potuta chiudere con delle banali ma efficaci scuse. Figurarsi, però, se i moralisti del terzo millennio accettano di essere sconfitti al loro stesso gioco.

L’ossessione dei 5 Stelle per le tasse

Eppure è un loro vizietto.

Un ex operaio della famiglia Di Maio denunciò a Le Iene di aver lavorato per la Ardima srl a nero e, dopo un infortunio sul lavoro, di avere ricevuto la richiesta di non dir niente.

Il padre di Di Battista dichiarò di aver fatto lavorare a nero un collaboratore saltuario, giustificandosi con “so che non si deve fare ma l’alternativa era chiudere bottega”.

Quest’ultima parte dell’arringa difensiva risulta addirittura ridicola dato il grottesco accanimento dei grillini contro chiunque evada un solo centesimo, sordi alle richieste del ceto produttivo italiano che chiede minori tasse per poterle pagare senza finire dissanguato.

Ma niente, la legge è legge, non si interpreta e non esiste il perdono.

Se qualche pazzo ha deciso che la pressione fiscale deve essere degna di uno strozzino, la cittadinanza è tenuta a pagare quanto dovuto senza protestare e senza invocare alcuna giustificazione, proprio come invece ha fatto il padre di Dibba.

Pubblicato in Italia

E' morta Nadia Toffa. La notizia arriva da un post commosso pubblicato dalle Iene su Facebook.

"E forse ora qualcuno potrebbe pensare che hai perso, ma chi ha vissuto come te, NON PERDE MAI.

 

 

 

Hai combattuto a testa alta - scrivono le Iene sul social, pubblicando anche una foto della Toffa - col sorriso, con dignità e sfoderando tutta la tua forza, fino all’ultimo, fino a oggi.

D’altronde nella vita hai lottato sempre.

Hai lottato anche quando sei arrivata da noi, e forse è per questo che ci hai conquistati da subito.

È stato un colpo di fulmine con te, Toffa".

La conduttrice e inviata delle Iene aveva compiuto da due mesi 40 anni.

Era dicembre del 2017 quando, in un albergo di Trieste, Toffa dopo un malore venne ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale di Cattinara per poi essere trasferita a Milano.

Una volta dimessa, era stata lei a raccontare cosa fosse accaduto quel giorno e a condividere la sua battaglia contro il cancro.

Sempre con il sorriso, anche nel suo ultimo post, pubblicato 6 settimane fa su Instagram, come in tutte le foto che ha pubblicato.

"È stato tanto facile piacersi, inevitabile innamorarsi, ed è proprio per questo che è cosi difficile lasciarsi. Il destino, il karma, la sorte, la sfiga ha deciso di colpire proprio te, la NOSTRA Toffa, la più tosta di tutti, mentre qualcuno non credeva alla tua lotta, noi restavamo in silenzio e tu sorridevi. Sei riuscita a perdonare tutti, anche il fato, e forse anche il mostro contro cui hai combattuto senza sosta... il cancro, che fino a poco tempo fa tutti chiamavano timidamente 'Il male incurabile' e che, anche grazie alla tua battaglia, adesso ha un nome proprio".

"'Non bisogna vergognarsi di guardarlo in faccia e chiamarlo per nome il bastardo - dicevi - che magari si spaventa un po’ se lo guardi fisso negli occhi'. E dato che sei stata in grado di perdonare l’imperdonabile, cara Nadia, non ci resta che sperare con tutto il cuore che tu sia riuscita a perdonare anche noi, che non siamo stati in grado di aiutarti quanto avremmo voluto".

"Ed ecco le Iene che piangono la loro dolce guerriera, inermi davanti a tutto il dolore e alla consapevolezza che solo il tuo sorriso, Nadia, potrebbe consolarci, solo la tua energia e la tua forza potrebbero farci tornare ad essere quelli di sempre. Niente per noi sarà più come prima".

Adnkronos

Pubblicato in Italia

Cosenza - "Ho il timore che la 'democrazia della rete' di cui si parla con orgoglio ormai in tutto il mondo, alla fine rischi di provocare più danni di quanto non ne provocasse ai miei tempi, io ancora giovane sacerdote nella provincia di Reggio Calabria, l'urlo della lupara".

Lo afferma, in una lettera aperta, l''ex arcivescovo di Cosenza, mons. Salvatore Nunnari, tornando sulla vicenda della donna che ha raccontato alla trasmissione "Le Iene" di avere avuto una relazione con un prete che poi l'avrebbe indotta ad abortire, così come avrebbe fatto lo stesso mons. Nunnari, all'epoca vescovo in carica.

“Ormai sono vecchio abbastanza - scrive mons. Nunnari - per non temere più nulla, ma questa mattina per la prima volta nella mia vita mi sono ritrovato costretto a varcare il portone principale della Procura della Repubblica di Cosenza per denunciare le aggressioni subite in queste ore.

Aggressioni ingiuste, fuori da ogni regola deontologica, pesanti come proiettili, che entrano nella vita di un uomo in maniera dirompente, devastando e distruggendo quel poco di quiete che la vita ancora ti riserva.

Mi sono chiesto mille volte in queste ore, perché così tanta cattiveria?

Perché proprio io?,

Perché proprio ora?

Che male avrò fatto davvero per meritare una campagna così denigratoria e pesante?

Questa mattina sulla rete è comparso il post di un signore di Cosenza che propone per me l'isolamento a Porto Cervo.

Cosa c'entra la mia vita con tutto questo?

Credo di essere stato un buon prete.

Credo di aver servito la causa del Signore fino in fondo, dall'inizio fino alla fine.

Mi sono sempre considerato un 'Vescovo per caso', ma anche da Vescovo non ho fatto altro che pregare per il mio popolo, aiutare la mia gente, dare voce e correre incontro a chi in Calabria non ha mai avuto voce".

"In questa vicenda umana, dolorosissima e tragica - dice ancora l'ex arcivescovo - non c'è nulla che possa chiamare in causa la mia responsabilità di uomo e di pastore della Chiesa.

E per dimostrare le mie ragioni e la mia assoluta buona fede questa mattina ho chiesto l'aiuto della Giustizia”.

“Al Procuratore della Repubblica – aggiunge -  ho chiesto di andare fino in fondo perché giustizia prevalga, perché verità sia fatta, sulle mille insinuazioni e accuse che continuano a piovermi addosso.

Il solo vero conforto di queste ore sono le centinaia e centinaia di attestazioni di stima e di rispetto che ricevo, e di questo non finirò mai di dire grazie alla mia gente.

Che Dio mi aiuti a superare questa triste vicenda.

Prego Dio perché illumini anche la ragione e il cuore di questa giovane donna, ne rafforzi la volontà di elaborare il lutto, per alleviare il dolore dell'anima, per le decisioni prese tanti anni fa, quando ancora era molto giovane e inesperta”.

Pubblicato in Cosenza

A poche ore dal servizio delle Iene è arrivata la seconda nota del vescovo nella quale, Mons. Nolè, esprime questa volta la “sua personale tristezza e il dolore della Chiesa cosentino-bisignanense e chiede scusa per lo scandalo e il dolore arrecato: alle vittime della vicenda, prima fra tutti la ragazza interessata, ma anche a quanti sono stati offesi e scossi dalla trasmissione che ha coinvolto una comunità parrocchiale, i sacerdoti e anche un Vescovo che è stato duramente vilipeso da un membro del nostro presbiterio“.

Le due giovani, operatrice e giornalista della trasmissione “Le Iene” non vengono mai citate nonostante siano state aggredite rimediando 18 giorni di prognosi.

Insomma, vicenda dolorosa si, ma nessuna solidarietà alle due giornaliste che, in fondo, hanno fatto il loro lavoro e sono state insultate, aggredite e picchiate.

Nella nota c’è un altro passaggio che sembra andare duramente contro il parroco che avrebbe “vilipeso” un Vescovo e “attorno al quale si stringe – scrive monsignor Francesco Nolè – lui e il Presbiterio per esprimergli affetto e sincera fraternità”.

L’Arcivescovo Nolè si è comunque mostrato “disponibile ad incontrare la ragazza se e quando lei vorrà, per un dialogo fraterno“.

Infine “chiede perdono a quanti, soprattutto ai semplici, che a causa della contro testimonianza degli uomini di Chiesa, vivono sofferenze e subiscono scandali.

La Diocesi, per quanto di competenza, è già impegnata a fare chiarezza sulla vicenda e prenderà seri e opportuni provvedimenti ‘canonici’ nei confronti di quanti hanno dato pubblico scandalo”

Pubblicato in Primo Piano

Nel tardo pomeriggio l’arcivescovo emerito di Cosenza mons. Nunnari in una nota trasmessa dal suo legale Enzo Paolini ha detto che intende querelare Le iene.

Sostiene che : “Non ho mai assecondato o discusso pratiche abortive”

Ha detto di essere a conoscenza della vicenda e rispondendo alla giornalista ha aggiunto: “e allora che avrebbe dovuto fare (il prete), dovevano sposarsi?”

Poi annuncia di aver “dato mandato di querelare per diffamazione e con ampia facoltà di prova, i responsabili de Le Iene e gli autori del servizio trasmesso nella puntata di ieri, su Italia 1, sulla vicenda raccontata da Francesca”. 

Il servizio, nel quale le inviate de Le Iene parlano anche con mons. Nunnari, contiene, secondo il legale dell’arcivescovo emerito “prospettazioni ed affermazioni che, per quanto riguarda mons. Nunnari, non sono vere e appaiono gravemente lesive della figura dell’arcivescovo emerito di Cosenza.

Nessun ruolo attivo ha svolto mons. Nunnari nella vicenda in oggetto.

Men che meno ha assecondato o discusso di pratiche abortive nelle circostanze oggetto del servizio.

Altri elementi del servizio diffamatorio – conclude la nota del legale – saranno portati da mons. Nunnari all’attenzione di diversi organismi competenti per le valutazioni e le determinazioni del caso”.

La povera Francesca, però, ha raccontato tutt’altrosostenendo di essersi recata da Nunnari, su invito di Don Giuseppe che voleva sbarazzarsene e ‘farla ragionare’, per chiedere conforto e che lui le avrebbe proposto due soluzioni: partorire e allontanarsi oppure abortire.

Ma non sarà difficile smentire una semplice parrocchiana che ha vissuto emarginata e nel silenzio di un dolore per anni o puntare il dito contro l’unico prete che l’ha difesa e ha detto le cose come stanno…

Pubblicato in Cosenza

La Procura di Catanzaro ha avviato una inchiesta sugli operai forestali assenteisti in Calabria. Il fascicolo è stato aperto dopo la trasmissione televisiva 'Le Iene', andata in onda il 14 aprile scorso, che ha mostrato numerosi forestali assenti dai posti di lavoro. Il sostituto procuratore della Repubblica, Carlo Villani, ha acquisito il video andato in onda nella puntata della trasmissione di 'Italia 1'. Dopo la puntata televisiva il commissario dell'Afor ha presentato una denuncia alla Procura del capoluogo calabrese. Gli inquirenti hanno avviato ora gli accertamenti per identificare gli operai forestali che, pur risultando presenti, erano in luoghi diversi dai cantieri. E' in corso anche l'acquisizione dei fogli presenza per verificarne la regolarità. (ANSA).

Pubblicato in Catanzaro

Sembrerebbe questo il senso della sua frase riportata dai principali mass media “"Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati da multinazionali, farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi".

Onestamente non abbiamo capito che cosa significa quel “farebbe bene” in luogo di “deve” fare denuncia.

Non abbiamo capito perché il cittadino “qualsiasi” ha l’obbligo di denunciare gli illeciti e lo stesso obbligo non debba averlo un parlamentare che è espressione del popolo?

Ovviamente la storia viene fuori da uno di quei pochi servizi giornalistici che oggi tentano di cambiare in meglio la società denunciando quanto scoprono grazie a bocche che finalmente trovano la forza morale di aprirsi per dire le cose che sanno.

Nel caso Le iene, ma senza dimenticare Report ed i pochi altri VERI giornalisti, degni di questo nome e che non hanno paura di liberarsi dal giogo dei padroni!

Ringraziamo comunque il presidente del Senato Pietro Grasso quando assicura che: "Io mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini".

Grave, invece, quando fa notare che: "Purtroppo la natura di denuncia, anonima nella fonte e nei destinatari, rende difficile procedere all'accertamento della verità. Spero quindi che gli autori del servizio e il cittadino informato di fatti così gravi provvedano senza indugio a fare una regolare denuncia alla Procura, in modo da poter accertare natura e gravità dei fatti contestati".

E se invece avesse voluto dire che:

  1. a)Potrebbe parlare( e denunciare) chi appartiene al sistema di corruttela?;
  2. b)Potrebbe parlare( e denunciare) chi finora si è fatto corrompere od a visto corrompere ?

Ed infatti è difficile non credere al papà delle Iene, Davide Parenti, quando dice : "Noi abbiamo fatto il nostro mestiere, siamo riusciti a trovare qualcuno che parla. Ma va detto che la questione sollevata dal nostro programma non può essere certo un fatto di cui nessuno è a conoscenza. Ovvero, come ci siamo arrivati noi, immagino, saranno stati informati da tempo quelli che lavorano nel palazzo. Mi risulta difficile immaginare che lì nessuno sapesse".

Forse proprio per questo la chiamano “kasta”.

Pubblicato in Italia

Le telecamere della trasmissione Mediaset hanno seguito per alcuni giorni gli operai di Africo e Samo, due centri della Locride. Bene, nelle immagini si vedono i lavoratori intenti a organizzare lunghi pranzi, leggere giornali e giocare a carte. Insomma, tutto fuorché lavorare.

Sul luogo di lavoro si presentano ogni mattina. E pure in perfetto orario. Peccato, però, che una volta arrivati lì, tutto fanno tranne che dedicarsi alle mansioni per le quali sono stipendiati. Un servizio delle Iene di ieri sera ha messo a nudo tutte le “pecularietà” dei dipendenti dell'Afor. Ufficialmente questi operai dovrebbero occuparsi delle montagne calabresi e prevenire il dissesto idrogeologico. Ma, come dimostrato del servizio firmato da Luigi Pelazza, non avviene niente di tutto ciò..

Ma il peggio arriva quando l'inviato delle Iene arriva negli uffici dell'Afor di Reggio Calabria per chiedere spiegazioni. Il dirigente, visibilmente colto di sorpresa, prima prende tempo e poi si dilegua. Nessuno, tra i suoi collaboratori, sa dire dove sia andato a finire, né fornisce spiegazioni utili alla questione.

A Pelazza non resta che partire alla volta di Catanzaro, dove ha sede la sede regionale dell'Afor. Ma anche il tentativo di parlare con il dirigente regionale Alfredo Allevato va a vuoto: è in ferie. Tocca ai dirigenti presenti in sede provare a fornire qualche chiarimento. Dice una donna che lavora in quell'ufficio: «Avete monitorato una zona pessima.

Quella è una zona un po' particolare». Pelazza coglie la palla al balzo: «Mafia?». Lapidaria la risposta: «Qui lo dico e qui lo nego! Quella è la zona che ha creato grossissimi problemi». Sotto la lente di ingrandimento sono finiti pure i soldi per i rimborsi carburante previsti per gli operai che da casa dovevano raggiungere il luogo di lavoro. In nome della razionalizzazione dei costi, questi rimborsi sono stati eliminati. Per il trasporto dei lavoratori l'Afor ha messo a disposizione dei pullman. «Questi – dice sempre la funzionaria in servizio a Catanzaro – non l'hanno mai voluto prendere». Guai ad alzare la voce. La dirigente racconta con preoccupazione: «Nel 2009 c'è stato un attacco a questa sede. Sono arrivati 300 lavoratori del contingente di Africo che hanno fatto qui dentro l'iradiddio. Il commissario che c'era allora è stato sequestrato! Hanno preso a schiaffi il direttore generale».

Prevale la rassegnazione, insomma. E l'altro suo collega aggiunge sconsolato: «Se ci tagliano le spese relative ai controlli non possiamo fare niente».

Tutto questo mentre il consiglio regionale si appresta a votare la riforma dell'ente che è stato posto in liquidazione nel 2007.

Si sente dire che ci sarà una forte presa di posizione da parte della regione perché l’Italia non creda che TUTTI i lavoratori dell’AFOR siano come quelli del servizio.

Nessuna notizia invece su possibili interessamenti da parte delle competenti procure penali e dei conti.

Sperabile che il resto della Calabria non scappi come avvenuto ai dirigenti della regione per i quali sembra si stia interessando “Chi l’ha visto”

Pubblicato in Reggio Calabria
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