Amantea è stata sicuramente migliore di quanto non sia oggi.
Era un paese povero ma di gente straordinariamente buona.
Era un paese nel quale la gente si scambiava quel poco che aveva.
Di quel paese mi piace raccontare alcuni fatti profondamente veri ed eccezionalmente espressivi.
In Amantea quando arrivavano le feste natalizie si celebravano le tre vigilie.
Quella dell’Immacolata, quella di Natale e quella dell’Epifania
Nel pomeriggio del 7 dicembre mia madre cominciava a friggere ciambelle.
Poi ne metteva alcune su un piatto, in relazione alle persone che componevano la famiglia ricevente, lo copriva con un tovagliolo e mi mandava in giro per il quartiere.
“Porta chissi alla cummara…….. Mi raccumannu u piattu”.
Il suo problema era il piatto ed il tovagliolo che venivano riutilizzati più volte!.
E così partivo per quasi tutto il quartiere.
Li dove andavo, raramente sentivo profumo di fritto.
E nella casa c’era sempre silenzio e buio.
Bussavo e dicevo “ Cummà,a mamma vi manne chissi”.
Od al più “ Don o donna,a mamma vi manne chissi”.
Spesso nemmeno il piatto veniva lavato.
Dopo una decina o più di viaggi chiedevo alla mamma”.
“Ohi mà, e pè nua?”.
E lei spesso amorevole con gli altri che riteneva più poveri e dura con noi rispondeva” Si cinni restunu!”.
Devo dire che le ciambelle per noi ( io , mio fratello, mia sorella, Papà, il nonno, la nonna, lo zio ,la zia) sono sempre rimaste. E se non erano ciambelle erano gustosissime frittelle
Anche più di una.
E la mamma, fintanto che non finiva di friggere le ciambelle per le persone alle quali portava profondo rispetto non cominciava a cucinare per noi tutti
E’ vero che la aiutava papà che era un grande cuoco e la nonna che era altrettanto brava.
Solo più avanti nel tempo mi accorsi di quanto la gente fosse povera.
Lo compresi quando alcuni amici di infanzia mi seguivano mentre portavo le ciambelle.
Nella speranza, non celata, che fossero destinate a loro.
E così molto spesso l’ultimo piatto era per i quattro anici che mi aspettavano vicino casa.