Sono sempre più convinto che mai come oggi serve sviluppare una vera e legittima coscienza di classe. Destrutturare il sistema dei poteri forti ed egemoni non può e non dovrà essere scisso dal destabilizzare il loro regime fatto di ricatti, false promesse e prepotenze.
Parlare a caso, senza considerare quel che si dica. Temere loqui. Dicesi anche: parlare in aria. Cioè: senza fondamento. Parlare a vanvera. Così scrive il poligrafo toscano, Francesco Serdonati, vissuto tra il XVI e il XVII secolo, alla lettera P dei suoi Proverbi. La presenza dell’espressione alla lettera P dei Proverbi di Serdonati è significativa poiché ci dice che, a quell’altezza cronologica, la locuzione avverbiale a vanvera veniva già percepita insieme al verbo parlare: “senza senso, a caso, senza fondamento, senza riflettere”.
Sulla provenienza di “parlare a vanvera” si sono fatte molte ipotesi. Alcuni studiosi, ad esempio, asseriscono che la radice di vanvera assomigli a quella di vano. Altri ritengono che la parola derivi dal "gioco della bambàra", una locuzione, forse di origine spagnola, con la quale s'intendeva una perdita di tempo. A rinforzare questa tesi c'è il fatto che in certe zone della Toscana si dica proprio "parlare a bambera".
Oggi gli etimologisti sono favorevoli a credere che parlare a vanvera sia una locuzione onomatopeica che deriva dal suono di chi parla farfugliando e dunque perde tempo senza riuscire a esprimere qualcosa di sensato. Inoltre si raccontano altre origini, più o meno fantasiose, della parola vanvera. Una di queste racconta la meravigliosa storia di una bambina di nome Vera Van, alla quale piaceva ascoltare tutto; a cinque anni chiese di andare a scuola per ascoltare le lezioni. La maestra le disse che si sarebbe annoiata ma Vera scosse la testa e fu iscritta. Quando la maestra faceva l’appello chiamava “Van Vera” e non Vera Van. A Vera piacque molto sentirsi chiamare così. Quando divenne adulta Vera divenne Uditrice Giudiziaria. Col tempo poi divenne vecchia e sorda e i suoi nipoti e pronipoti, che fino a quel momento le avevano raccontato i loro problemi, decisero di ricambiarle il favore. A turno andavano a trovarla e le raccontavano storie e discorsi senza senso.
O voi di Amantea nobili cittadini, patrocinanti di una buona causa, difendete con l’armi il mio diritto di “parlare a vanvera” sulla giustizia, sulle malefatte dei prepotenti, sulle falsità di parecchi amministratori che si sono succeduti negli anni. Voi, cittadini, sostenete ora con le vostre spade il diritto e la giusta causa di tutti e non dei pochi. Fate sì che rivivano nella vostra impresa quegli onori che furono dei nostri avi. Amanteani, amici, fidi seguaci del giusto, sostenitori del buon diritto, nessun di voi permetta che al seggio di primo cittadino a virtù consacrato ed a giustizia, a dignità e modestia di costumi, s’accosti il disonore, ma fate che da libera elezione rifulga il merito. Combattete urlando le parole attribuite secondo la tradizione a Marco Giunio Bruto nell’atto di uccidere Giulio Cesare: “ Sicsempertyrannis”. "Così sempre ai tiranni".
Gigino A Pellegrini & G elTarik