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C’è una delinquenza come fenomeno criminale e un comportamento simile radicato nelle pieghe e nelle piaghe più profonde della società calabrese, confuso con tradizioni che di atavico e territoriale sembrano avere poco o nulla in comune.

 

Senza far sconti a niente e a nessuno bisogna prendere coscienza che certi atteggiamenti di tantissimi calabresi, sono accomunati da mancanza di rispetto sia verso la propria terra che verso i concittadini, in nome di un egoismo da clan.

 

Ne vengono fuori alcuni caratteri, ma sarebbe più puntuale parlare di simulazioni, che da secoli animano il teatro tragicomico Bruzio e che in parte chiariscono il sottosviluppo della regione.

A tale proposito rimane sempre non detta tutta la verità sul famoso sottosviluppo meridionale. Poco tempo fa il calabro-piemontese Eugenio Scalfari si è lasciato andare, in tarda età, sollecitato da Antonio Gnoli sul perché gli italiani non siano mai cambiati e restino sempre “diversi”, Scalfari ha sottolineato che il popolo meridionale detesta lo Stato sin dalla sua nascita, e per via dell’occupazione piemontese.

 

Dice Scalfari: “Non fu Unità! Fu occupazione piemontese, e se l’avesse fatta il Regno di Napoli, che era molto più ricco e potente, sarebbe andata diversamente.

La mentalità savoiarda non era italiana.

Cavour parlava francese.

E gli italiani quel nuovo Stato l’hanno detestato.”

 

Una verità che nel Mezzogiorno è nota da tempo. Va da sé che finché a scuola si insegneranno solo bugie, la strada resta in salita.

Resta il fatto che la società calabrese, pur evolutasi con gran fatica in questi ultimi 150 anni, porta con sé tracce di un mondo contadino fatto di omertà, di maschilismo, di machismo, di soprusi e violenza.

La fusione di queste sfaccettature determina comportamento malavitoso fatto da assoluta mancanza di rispetto per tutto ciò che non è proprio (ad es. l’accumulo o lo smaltimento abusivo di rifiuti nella terra del vicino o in quella demaniale); dalla totale mancanza di consapevolezza della storia dimostrato dagli scempi perpetrati anche di recente su siti archeologici di rilievo; dall’esterofilia dilagante che ha fatto della regione terreno privilegiato per tutto ciò che da fuori proviene: dalle nuove colture inadatte al territorio come l’eucaliptus capace di distruggere e rendere arido il terreno, ma anche le palme; rifiuti tossici interrati o inabissati nel profondo del mare.

A tutto questo si aggiunge la capacità dei calabresi di mortificare la loro terra attraverso infrastrutture incompiute. Una per tutte la Salerno-Reggio Calabria; case gigantesche simili a ruderi all’esterno, al set di una soap opera all’interno con punte di cattivo gusto riscontrabili nell’arredamento e non solo, dotate di cucine e salotti giganteschi che la famiglia preserva in eterno preferendo vivere in squallidi garage.

 

Durante una qualsiasi elezione, tutti i candidati dicono sempre che i voti della malavita non li vogliono, lo dicono pubblicamente, anzi lo urlano.

Poi, nelle ultime 48 ore al candidato viene il panico di non essere eletto e quindi fa i patti con gli innominabili e infrequentabili. Ovviamente nel momento in cui gli vengono consegnati i pacchetti di voti che spesso determinano chi sarà il sindaco.

I delinquenti, quindi vorranno quantomeno cogestire il comune. Interverranno sulle assunzioni da parte della Giunta, intervenendo sul piano regolatore, su altre faccende apparentemente meno importanti. Il comportamento malavitoso connaturato a gran parte della popolazione non è dunque da meno. L’odore di questo atteggiamento, lo si respira anche se si ha il naso chiuso.

E’ un quadro abbastanza desolante, eppure squallidamente vero. Elettori-clienti sempre pronti a bussare alle porte del politico di turno, caratterizzati da sacche di povertà materiale e soprattutto culturale, attraversati da pregiudizi e luoghi comuni duri a morire.

 

Il plotone di esecuzione sempre pronto a dare il colpo di grazia a coloro che osano disturbare nel ricordare che questa Terra un tempo si chiamava Magna Grecia, quando i Romani abitavano ancora nelle capanne e nelle grotte.

Una buona parte della popolazione di un qualsiasi Comune calabrese deve fare i conti con auto incendiate, familiari intimiditi, spari contro le case, devastazione delle proprietà, in un disastro che non sta negli eventi ma sta in ciò che si ripete ogni giorno e, ripetendosi, non fa più notizia.

Le liste di amministratori calabresi legati alla delinquenza sarebbero più di una, tanto da costituire un vero e proprio volumetto rilegato e custodito da qualche alto funzionario del Ministero degli Interni.  

 

Il numero dei disoccupati nel primo semestre del 2015 è rimasto pressoché stabile rispetto al periodo corrispondente del 2014, a fronte del calo delle forze di lavoro.

Il tasso di disoccupazione si è attestato intorno al 25%. La piccola escursione in questa vicenda di straordinaria corruzione e di degrado politico e amministrativo è ritmata ossessivamente dalla ripetizione di disfunzioni, trasgressioni, violazioni di norme e regolamenti, e pratiche arbitrarie di gestione. Quando la popolazione deciderà di mandare a spasso quei politici ed amministratori corrotti e dediti al malaffare, forse solo allora per la Calabria e i calabresi sarà un nuovo giorno, altrimenti questa “martoriata e dimenticata” Terra, figlia prediletta di tutti i Governi, ma sempre bistrattata e calpestata, resterà sottomessa e soggiogata a questa “longa manus” della criminalità, in cui, molti “politici e amministratori” si trovano a proprio agio. 

Beaumont sur Mer Marzo 2016                     Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Ultima modifica il Martedì, 15 Marzo 2016 13:38
Redazione TirrenoNews

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