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paceeeeIo che sono nato negli anni trenta del secolo scorso ricordo molto bene l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale e le conseguenze disastrose: fame, miseria, bombardamenti, distruzione e morte. E ricordo pure con sgomento, ma i nostri parlamentari comunisti cantavano allora non “Bella ciao” ma “Bandiera rossa alla riscossa e il comunismo trionferà”, i giorni in cui i carri armati sovietici invadevano l’Ungheria. E la costruzione del muro di Berlino e la guerra fredda. Poi, finalmente dopo tanti anni d’attesa, il famoso muro cadde e così abbiamo assistito all’unificazione della Germania e le altre nazioni appartenenti al blocco comunista e al Patto di Varsavia cominciarono a respirare la libertà. La libertà ch’è si cara. Ora, purtroppo, sono stato costretto ad assistere ad un'altra aggressione. Le aggressioni della Germania nazista alla Polonia, dell’Unione Sovietica all’Ungheria, del Giappone all’America ( Pearl Harbor ce lo siamo dimenticato?), le abbiamo dimenticate. Adesso ho dovuto assistere all’aggressione sovietica all’Ucraina. L’Europa questa volta non è stata a guardare. Le nazioni europee tra cui l’Italia e l’America sono intervenute massicciamente fornendo al popolo Ucraino, selvaggiamente aggredito, armi e munizioni, per evitare questa volta che i carri armati sovietici potessero arrivare a Kiev, detronizzare il Presidente Zelensky e sostituirlo con un governo fantoccio. Fino ad oggi non ci sono riusciti, ma la guerra non è ancora finita. Si combatte ancora, i missili cadono sulle città ucraine distruggendo tutto, provocando disastri, feriti, morti e evacuazione. Più di nove milioni di ucraini sono stati costretti ad abbandonare le loro case e ancora non si sa quando faranno ritorno nella loro amata Patria. E le sofferenze continuano, non si fermano, aumentano di giorno in giorno. In alcune città manca l’acqua, manca la luce, mancano cibi e medicinali. Ma non solo il popolo ucraino paga il prezzo di questa vile e sciagurata aggressione, lo paghiamo anche noi occidentali e l’Italia in particolare: aumento del gas, della benzina, della luce, dell’inflazione, della povertà, dei generi alimentari, dei trasporti. Mettiamo da parte questa valutazione che appartiene ormai alla storia e guardiamo in faccia la realtà di oggi. Questa guerra noi non l’abbiamo voluta. E’ stata la Russia di Putin che un giorno di febbraio dello scorso anno si è svegliato e ha ordinato al suo esercito di invadere l’Ucraina senza dichiararle guerra. Noi, occidentali e l’America in particolare, abbiamo deciso di sostenere l’Ucraina e difendere la sua libertà ch’è si cara. Ma ora, dopo un duro anno di guerra e di distruzioni immani, dopo l’invio di armi e munizioni, vale la pena cominciare a fare qualcosa di diverso, cominciare a fare pure qualche domanda. Ne è valsa la pena? Quando potrà finire l’invasione? In che modo? Chi sarà il vincitore? Nessuno sarà il vincitore. In una guerra così crudele nessuno potrà cantare vittoria. Le guerre portano solo sconfitte, miseria, fame, distruzione e morte. Quanti militari giovani d’ ambo le parti sono morti in battaglia? Migliaia di morti. E anche le madri russe piangono i loro figli che mai più rivedranno. Quanti innocenti sono morti nel fiore della vita; quanti giovani stanno soffrendo negli ospedali e nei campi di battaglia. Tutti quei baldi giovani che giocavano a pallone come noi, che correvano nei prati come noi, che ridevano come noi, che cantavano e guardavano la Tv come noi, sono piombati nel fango, eppure fino allo scorso anno erano ancora pieni di speranze. Le madri russe li avevano messi al mondo per andare a morire in Ucraina? Per questo li avevano cullati e vezzeggiati? Per vederli gettati in faccia al nemico che poi la maggior parte parlano la stessa lingua?

Ma la guerra continua e i missili sovietici continuano a flagellare l’Ucraina provocando ulteriori distruzioni e morti. E il piano di pace proposto dal Premier Cinese che fine ha fatto? E’ rimasto nel cassetto. Non se ne conoscono particolari e tempi. E cosa fa nel frattempo il Presidente Zelensky? Visita le truppe al fronte e chiede all’Occidente più armi, munizioni, aerei moderni e missili a lungo raggio. Bisogna fare presto, ammonisce le forze della Nato, perché ogni ritardo provoca più morti e allunga la guerra.

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goodLe differenze tra Nord e Sud Italia sono le opportunità di trovare lavoro e la qualità dell’occupazione. In particolare, l’instabilità e le basse remunerazioni, indicati come aspetti problematici da oltre la metà dei giovani occupati nel Meridione.

Va sottolineata anche la sfiducia, delle nuove generazioni meridionali, verso le classi dirigenti regionali e nelle prospettive future di miglioramento. Ciò che ne deriva è che per i giovani del Sud risulta molto più perentoria la decisione tra rimanere, ma dover rivedere al ribasso le proprie aspettative lavorative e i propri obiettivi di vita, o invece andarsene altrove.

Sono giovani e meno giovani, ci sono chi studia e chi lavora, molti che si arrangiano. Sono un pezzo di questa parte dell’Italia, quelli che producono la ricchezza che altri si dividono, quelli che fanno andare avanti le cose, quelli che si mantengono onesti mentre pochi arraffano tutto. Sono quelli che non sono mai ascoltati, che non hanno amicizie importanti, che non hanno un partito politico di riferimento.

Questi giovani credono nell’impegno e nella collettività, e per questo ogni giorno militano in centri sociali, associazioni, comitati di base, collettivi, sindacati, portando avanti attività sociali, doposcuola gratuiti, ambulatori e palestre popolari, mettendo su reti contro la povertà, cercando di difendere i territori e i centri storici dalle devastazioni, attivandosi quando c’è un terremoto o un’emergenza.

Appartengono a quell’Italia che la televisione e i mass-media in genere non raccontano, perché fa più comodo rappresentare un paese di individui isolati, depressi e arrabbiati che si fanno la guerra fra di loro, piuttosto che il paese solidale, che nella crisi sta imparando l’aiuto reciproco, a rispondere insieme ai bisogni, a denunciare gli speculatori, i politici corrotti, le inefficienze, gli sprechi.

Questi giovani non sognano di partecipare al “Grande Fratello” o diventare “tronisti” alla corte di Maria De Filippi. Non fanno comodo a nessuno. Chi li governa, dall’Europa al più piccolo paese, vorrebbero farli sparire. Ma esistono, sono vivi e attivi su tanti territori, si fanno e si faranno sentire, diventeranno sempre di più il riferimento che le persone non trovano e non troveranno nelle istituzioni.

Sebbene l'emigrazione sia sempre stata una prospettiva sempre presente per gli italiani, soprattutto per coloro che hanno lasciato il paese all'inizio del Novecento. Oggi, sempre più giovani meridionali pensano che lasciare il proprio paese d'origine sia l'unico modo per sfuggire alle difficoltà economiche e sociali. Questi giovani, però, non sono contadini e braccianti poveri, ma brillanti laureati e altri giovani di talento.

Molti di loro vogliono andare in posti più ricchi, come la Scandinavia o la Germania, ma sono anche disposti ad andare altrove. La maggior parte di loro esprime un senso di infelicità e frustrazione. Non sono sicuri in quale direzione stia andando il loro paese e non si sentono più orgogliosi di essere italiani.

Se ne vanno anche perché pensano che trovare un buon lavoro sia possibile in altri paesi dove tutte le porte sono aperte se sei giovane e dinamico, mentre in Italia tutto è noioso e antiquato. Il sistema economico italiano è in gran parte basato su strutture familiari e anziani che non vogliono rinunciare al potere. La corruzione è anche uno degli incubi duro a morire. Molti esperti di economia affermano che l'Italia sta facendo molto per i suoi anziani ma molto poco per i suoi giovani.

Coraggio amico: questo non sarà un addio, sarà solo non ci rivedremo mai più!

Addio, terra sorgente dall'acque di Ulisse, monti elevati al cielo; cime inuguali, semplici e familiari a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, torrenti, dei quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci antiche delle sirene; casolari sparsi e albeggianti sul pendio, come pecore pascenti; addio!

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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giggino pellSe abbraccio la mia stessa arroganza, quella altrui non mi potrà turbare: potrò notarla, ma non avrà alcun effetto su di me. La letteratura, come sempre, offre una espressione meno patologica anche se altrettanto efficace. Si tratta di una favola di Esopo che narra di una volpe cui una tagliola mozzò la coda. La bestiola si vergognava, così deturpata nella sua eleganza, e gli altri animali, suoi amici, decisero di farle una coda di paglia. La coda era così bella che, chi non sapeva della disgrazia, non avrebbe mai potuto sospettare fosse finta.

Un giorno un gallo si lasciò scappare il segreto e la notizia della volpe con la coda di paglia arrivò fino all’orecchio dei contadini. Conoscendo il punto debole della volpe, questi accesero dei fuochi vicino ai pollai, perché non potesse più rubare i loro polli. La volpe sapeva che la paglia prende fuoco facilmente, e per paura di bruciarsi non si avvicinò più ai pollai.

Da qui “avere la coda di paglia”, che significa temere ogni tipo di critica per un comportamento, o un difetto, su cui si teme che gli altri possano infierire. Come dice un proverbio toscano: “Chi ha la coda di paglia ha sempre paura che gli pigli fuoco”. Di conseguenza, è sempre sospettoso per timore di essere scoperto; la versione tradizionale (e un po' in disuso) del più recente e “mediatico” avere uno scheletro nell'armadio.

Oltre il proprio naso si può cercare l’altro in estate, nel caldo bagliore delle stelle cadenti. Lo si può cercare in autunno nei cangianti colori delle foglie appassite. Lo si può cercare in inverno nel candido bianco dei fiocchi di neve. Lo si può cercare in primavera nel dolce profumo dell'erba che nasce. Lo si può cercare invano senza sapere che era in ogni stagione.

Il tempo delle bugie sembra essere finito, si continua a ripetere,… ma per contrastarle basta citare i dati, quelli veri ed attendibili. Oggi, che scrivo, avverto nell’aria che gli uomini sono stanchi di subire e di essere "cornuti e mazziati", non possono e non devono più tacere.

Certamente l’affaticamento che affligge l’umanità in questo momento mostra il limite di questo mito antropologico. Mostra il filo conduttore del sogno narcisistico di diventare padroni di noi stessi, di realizzare la nostra persona a prescindere da quello dell’Altro. Questa ultima grande crisi economica mostra tutti i segni della gravissima patologia che affligge la civiltà occidentale.

‘L'orrore!! L'orrore!! L'orrore!!’ Urlava Kurtz in "Cuore di Tenebra"; mostrando che, addirittura, lui stesso avesse percepito la folle crudeltà del proprio operato, consegnandoci il messaggio più autentico: la consapevolezza delle aberrazioni di cui l’uomo è capace di macchiarsi, spinto dalle proprie brame e privo dei freni della civiltà.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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