Nell’operazione “Bada bene” della Guarda di Finanza scoperti 230 collaboratori domestici evasori totali.
Badanti sconosciuti al fisco che hanno omesso di dichiarare i redditi ma chiedevano Naspi e sussidi sanitari.
Una colf ha omesso di dichiarare oltre 100.000 euro di reddito in soli 5 anni
L’utilizzo sempre più frequente nelle famiglie italiane di bandati e collaboratori domestici, sopratutto per accudire anziani, malati e persone con gravi handicap, rappresenta una vera e propria manna da cielo.
Un aiuto indispensabile ma non si tratta di un’attività di volontariato ma di un vero e proprio rapporto di lavoro e come tale soggetto a tutti gli obblighi di legge.
Succede troppo spesso però che i collaboratori, spesso stranieri, siano invisibili al fisco ed omettano di dichiarare le somme percepite con tute le conseguenze del caso.
E la Finanza ha iniziato a vederci chiaro. Nell’ambito di un’operazione denominata “BADA BENE”, effettuata in Liguria le fiamme gialle di La Spezia hanno individuato, al momento, 230 collaboratori domestici, risultati evasori totali poiché, pur avendo percepito redditi superiori alla soglia di esenzione, non hanno provveduto alla presentazione della prevista dichiarazione dei redditi.
Omettevano sistematicamente il reddito percepito
Il servizio è scaturito nell’ambito dei controlli sulla percezione di prestazioni sociali agevolate, laddove emergeva che le richieste provenienti da lavoratori/lavoratrici, per lo più stranieri, in prevalenza provenienti dall’est Europa o dal Sud-America, operanti nell’ambito del lavoro domestico quali “colf” e badanti, omettevano sistematicamente di indicare il reddito percepito dall’attività lavorativa allatto della richiesta dell’agevolazione.
Per questa particolare categoria di lavoratori, va ricordato che il datore di lavoro non rientra tra i sostituti d’imposta e che lo stesso ha quindi solo l’obbligo di rilasciare una dichiarazione dalla quale risulti l’ammontare delle somme erogate nell’anno e di dare comunicazione all’INPS dell’assunzione del lavoratore.
Permane, invece, l’obbligo dichiarativo in capo al collaboratore domestico.
Invisibili al fisco ma richiedevano NASpI e agevolazioni
L’attività ispettiva ha consentito di sottoporre a controllo 230 collaboratori familiari che, per gli anni d’imposta dal 2014 al 2017, non hanno presentato la dichiarazione di redditi derivanti da lavoro dipendente, omettendo di dichiarare redditi per un importo complessivo superiore agli 11 milioni di euro e sottraendosi, così, al pagamento di imposte per circa 3 milioni di euro.
Inoltre, taluni soggetti controllati, maturavano una posizione contributiva che gli consentiva a fine rapporto di richiedere il sussidio di disoccupazione (c.d. NASpI) che in molti casi superava i 5.000 euro, oltre che naturalmente l’assistenza sanitaria e tutto ciò, senza versare alcuna imposta allo Stato.
In un caso, una sola colf ha omesso di dichiarare oltre 100.000 euro di reddito in soli 5 anni.
Tutti i lavoratori interessati hanno, comunque, ammesso la “dimenticanza” ed hanno manifestato la volontà di voler sanare al più presto la propria posizione con il Fisco: emblematico il caso di una lavoratrice che si è presentata mostrando la propria carta di credito, poiché voleva saldare immediatamente quanto dovuto.
Alcuni dei lavoratori domestici controllati non solo avevano “nascosto” al fisco i propri redditi, ma avevano anche fatto richiesta di agevolazioni per la fruizione di prestazioni o servizi sociali e assistenziali, come, ad esempio, l’iscrizione a scuola dei figli o all’università, il servizio mensa o l’esenzione del ticket sanitario, in realtà non spettanti per effetto dei redditi conseguiti.