Da qualche giorno il dibattito sui giornali regionali e nazionali verte su se e come si potrà festeggiare il Natale. Nell’Italia perduta del Covid oggi il problema vero per molti italiani non è la fame, non sono i posti di lavoro perduti, non sono i bar, le pizzerie, le rosticcerie, i ristoranti, le gelaterie, i negozi di abbigliamento che chiudono, i morti negli ospedali, ma il cenone di Natale e come si potrà festeggiare in famiglia. Ci si dimentica facilmente del Coronavirus, dei contagiati, dei morti, dei letti che mancano negli ospedali, dei letti improvvisati montati nelle navate delle chiese, dei pazienti attaccati alle bombole di ossigeno nelle macchine ferme in fila nei parcheggi degli ospedali, dei malati di Covid trovati morti nei bagni del pronto soccorso, dei poveri, dei senzatetto, delle file di uomini e donne davanti le mense della Caritas, degli operai che hanno perso il posto di lavoro. Ci preoccupiamo, invece, del cenone, di Babbo Natale, della Befana, dei regali, dello shopping, dei riti consumistici. E del mondo che sarà dopo la pandemia neppure un cenno. Il problema principale è il cenone. Ma come sarà davvero in Natale di quest’anno, il Natale 2020, il Natale dell’epoca Covid-19? Sarà un Natale responsabile e rigoroso ripetono come un mantra il Premier, i Ministri e gli esperti. Sarà un Natale diverso forse come quei Natali che noi vecchietti abbiamo vissuto quando ancora eravamo povera gente e non conoscevamo ancora la parola shopping. Sarà un Natale con cenone e festa in famiglia, però in forma ridotta. Speriamo che sia almeno sereno con il Coronavirus in calo e nessun paziente in terapia intensiva. Allestiremo come tutti gli anni il presepe e nel salotto l’albero di Natale meno scintillante. Mangeremo il panettone, il pandoro e i torroncini. E se i Sindaci delle nostre città quest’anno non abbelliranno le nostre piazze e le nostre vie di luci e di colori non addoloriamoci poi tanto e non sentiamoci troppo amareggiati di un Natale con pochi festeggiamenti. E se non ci saranno gli zampognari che venivano da lontano e che allietavano tutta la buona, povera gente, non fa niente. Non ci saranno i mercatini di Natale? Rimandiamo le compere al prossimo anno sperando che sia migliore di questo. I viaggi all’estero? Non ce li possiamo permettere. Mancano i soldi. Dimentichiamoci le grandi feste, i balli, le grandi abbuffate, le lunghe tavolate, le interminabili tombolate, lo scambio dei regali, che poi il più delle volte erano regali riciclati, come la classica sciarpa di lana, i guanti di pelle, i calzini corti, l’inevitabile IRGE pigiama. E la messa di mezzanotte? Ci sarà. Ma nelle chiese potranno accedere solo un numero limitato di fedeli. Io ho bellissimi ricordi dei miei Natali da bambino. Si respirava un’aria diversa e il clima natalizio non era quello di oggi: frenesia per lo shopping, per i regali, per le luminarie, per il cenone, per le abbuffate, etc. Ricordo con nostalgia il caminetto acceso, le frissurate dei turdilli e dei cullurielli, il fuoco acceso nel sagrato della chiesa, la processione del Bambinello, le canzoncine e le recite, le letterine ai genitori nascoste sotto il piatto, la messa di mezzanotte, lo stare insieme agli altri intorno al falò, sparare qualche tric-trac. Le tradizioni sono ormai un dolce ricordo dell’infanzia e i racconti degli animali che parlavano la notte di Natale, le piante che fiorivano e che davano frutta prelibata, le fontane che versavano olio e vino, l’acqua dei fiumi che si trasformava in latte e miele, sono soltanto una invenzione della nonna e si perdono nella realtà del presente. Tutto è stato spazzato via inesorabilmente dal progresso tecnologico.