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Inaugurato monumento per Lea Garofalo. Chi era ?

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Monza.Inaugurato monumento per Lea Garofalo .Una porta in cemento, fregiata dai pugni di Lea Garofalo, la donna uccisa perché ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno 'ndranghetista, e di diventare testimone di giustizia. E' questa l'opera a lei dedicata dalla città di Monza nel cimitero del quartiere San Fruttuoso, inaugurata oggi alla presenza delle autorità cittadine. In quel quartiere furono ritrovati i resti carbonizzati della donna, torturata ed uccisa nel 2009. L'opera è intitolata”'Le porte del dolore”.

Ma chi era?

Lea Garofalo (Petilia Policastro, 1974 – Milano, 24 novembre 2009) è stata una testimone di giustizia, vittima della 'Ndrangheta.

Lea Garofalo era una testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, quando aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. L'azione di repressione del clan Garofalo si concretizza il 7 maggio 1996, quando i carabinieri di Milano svolgono un blitz in via Montello 6 e arrestano anche Floriano Garofalo, fratello di Lea, boss di Petilia Policastro dedito al controllo dell'attività malavitosa nel centro lombardo.

Floriano Garofalo, nove anni dopo l'arresto e dopo l'assoluzione al processo viene assassinato in un agguato nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro l'8 giugno 2005. In particolare, Lea, interrogata dal pm Antimafia Sandro Dolce, riferì dell'attività di spaccio di stupefacenti condotta dai fratelli Cosco grazie al benestare del boss Tommaso Ceraudo. Inoltre, Lea dichiara al pm «L'ha ucciso (Floriano ndr) Giuseppe Cosco, mio cognato, nel cortile nostro», attribuendo così la colpa dell'omicidio al cognato, Giuseppe, detto Smith (dal nome di una marca di pistole) e all'ex convivente, Carlo Cosco, e fornendo anche il movente. Ammessa già nel 2002 nel programma di protezione insieme alla figlia Denise e trasferita a Campobasso, si vede estromessa dal programma nel 2006 perché l'apporto dato non era stato significativo. La donna si rivolge allora prima al TAR, che le dà torto, e poi al Consiglio di Stato, che le dà ragione. Nel dicembre del 2007 viene riammessa al programma, ma nell'aprile del 2009 – pochi mesi prima della sua scomparsa – decide all'improvviso di rinunciare volontariamente a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, per poi trasferirsi di nuovo a Campobasso in una casa che le trova proprio l'ex compagno Carlo Cosco.

Il tentativo di rapimento

Il 5 maggio 2009, a causa di un guasto alla lavatrice, la donna decide di chiamare l'ex compagno Carlo Cosco, residente a Milano per metterlo a corrente della situazione e l'uomo le invia nell'abitazione Massimo Sabatino.
Si tratta però non di un idraulico ma di un trentasettenne recatosi sul posto per rapire e uccidere Lea Garofalo. La donna riesce a sfuggire all'agguato grazie al tempestivo intervento della figlia Denise e informa i carabinieri dell'accaduto ipotizzando il coinvolgimento dell'ex compagno. Lea Garofalo conosceva, infatti, molti segreti della faida fra le famiglie Garofalo e Mirabelli di Petilia Policastro e si sarebbe dovuta recare, nel mese di novembre del 2009, a Firenze per depositare la sua testimonianza in un processo. In quella occasione avrebbe potuto svelare situazioni nelle quali il suo ex compagno era direttamente coinvolto. A pochi giorni dalla scomparsa è il giudice per le indagini preliminari di Campobasso, Teresina Pepe, a dichiarare immediatamente i sospetti a carico di Cosco disponendone, insieme a Massimo Sabatino, l'ordine di custodia cautelare: «È possibile affermare che Cosco avesse un interesse concreto sia a vendicarsi di quanto la Garofalo aveva già detto, sia ad evitare che potesse riferire altro».

L'agguato e l'omicidio

Nel novembre del 2009 Cosco attirò l'ex compagna in via Montello 6 con l'intento di parlare del futuro della loro figlia Denise. Alcune telecamere inquadrarono madre e figlia nelle ore del pomeriggio lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale: sono gli ultimi fotogrammi prima della scomparsa definitiva di Lea Garofalo. Il piano per il rapimento era stato organizzato quattro giorni prima: il noleggio del furgone da un cinese di via Paolo Sarpi, l'arma del delitto, il magazzino dove svolgere l'interrogatorio e l'appezzamento dove la donna è stata successivamente fatta sparire. Sabatino e Venturino rapirono la donna in strada e la consegnarono a Vito e Giuseppe Cosco, i quali la torturarono per ore per farla parlare e poi la uccisero mediante strangolamento. Il corpo venne portato in un terreno nella frazione di San Fruttuoso (Monza) ed in quel luogo venne bruciato all'interno di un bidone metallico e poi sepolto.

Le indagini e il processo

Per la scomparsa e l'omicidio di Lea Garofalo, due mandati di arresto sono stati notificati in cella, nell'ottobre 2010, a Carlo Cosco coinvolto già in inchieste alla fine degli anni novanta a Milano e a Massimo Sabatino, 37 anni - spacciatore di Quarto Oggiaro. I due erano già stati arrestati a febbraio per il precedente tentativo di sequestro a Campobasso. Il 24 febbraio dello stesso anno erano già state arrestate in Molise altre due persone per aver messo a disposizione alcuni capannoni nel milanese dove la donna sarebbe stata portata dopo la scomparsa. Gli altri quattro destinatari del provvedimento sono i fratelli Giuseppe «Smith» Cosco e Vito «Sergio» Cosco, Carmine Venturino e Rosario Curcio.

Il processo vede come testimone chiave la presenza della figlia della donna che ha deciso di testimoniare contro suo padre. È il 23 novembre 2011 che il processo riparte dall'inizio, con la notizia della nomina del Presidente della Corte Filippo Grisolia come Capo di Gabinetto del ministro della Giustizia Paola Severino. I due incarichi risultano incompatibili e così la difesa degli imputati, avendone facoltà, ha chiesto che l'intero processo fosse annullato e ricominciato dal principio, comprese le dichiarazioni dei testimoni.

Il 30 marzo 2012 il processo si conclude con la condanna di tutti i 6 imputati e il riconoscimento delle accuse di sequestro di persona, omicidio e distruzione di cadavere, ma non l'aggravante mafiosa: i giudici condannano all'ergastolo con isolamento diurno per due anni Carlo Cosco e suo fratello Vito, all'ergastolo e ad un anno di isolamento Giuseppe Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise.

Il 28 maggio 2013 la Corte d'assise d'appello di Milano conferma 4 dei 6 ergastoli inflitti in primo grado. Conferma l'ergastolo per Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino; 25 anni di reclusione per Carmine Venturino e assoluzione per non aver commesso il fatto per Giuseppe Cosco; inoltre la Corte ha disposto risarcimento dei danni per le parti civili: la figlia, la madre e la sorella di Lea Garofalo e il comune di Milano.

Memoria

Lea Garofalo è ricordata ogni anno il 21 marzo nella Giornata della Memoria e dell'Impegno di Libera, la rete di associazioni contro le mafie, che in questa data legge il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia e fenomeni mafiosi.

Con una cerimonia di commemorazione, il primo aprile 2012 il Comune di Monza ha raccolto l'appello di Daw-blog.com e ha posato una targa in ricordo di Lea Garofalo presso il cimitero di San Fruttuoso, a pochi passi dal luogo dove è stata torturata, uccisa e ridotta in cenere.

Nel dicembre 2012 esce il libro sulla vita di Lea Garofalo, Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la 'ndrangheta.

Il 19 ottobre 2013 si svolgono, a Milano in piazza Beccaria, i funerali civili di Lea Garofalo. In piazza erano presenti migliaia di persone, l'associazione Libera e famose personalità come Don Luigi Ciotti e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Nel pomeriggio del 19 ottobre è stato intitolato, a Lea Garofalo, un giardino pubblico in via Montello a Milano. da Wikipedia

Redazione TirrenoNews

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