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Bologna. La Dia: sequestra 1,5 milioni ad un “fantasma” mezzo francese e tutto calabrese

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Gli uomini della Dia oggi guidati dal generale dei Carabinieri Giuseppe Governale riescono anche in questo: sequestrate 1,5 milioni ad un fantasma mezzo francese e tutto calabrese!

La storia merita di essere raccontata dalla fine.

La Dia di Bologna ha appena dato esecuzione a un decreto di sequestro di beni, emesso del Tribunale di Reggio Emilia su proposta del Direttore della Dia, nei confronti di Salvatore Cappa, imprenditore edile 55enne originario di Cutro (Crotone), da anni nel nord Italia. Prima a Reggio Emilia e da ultimo ad Arcole (Verona).

Il provvedimento scaturisce da indagini che hanno consentito di acclarare una netta sproporzione, non giustificata, tra i redditi dichiarati rispetto all’ingente patrimonio riconducibile a Cappa. Il sequestro, oltre 1,5 milioni, ha interessato diversi rapporti bancari e veicoli, nonché quattro immobili, tra cui un appartamento con autorimessa.

Cappa è stato già condannato dalla Corte d’appello di Bologna il 12 settembre a 9 anni di reclusione nell’ambito del processo “Aemilia”, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, reimpiego di beni di provenienza illecita ed estorsione.

Appare il fantasma

E veniamo ora alla “genialata” che aveva pensato Cappa con la speranza di sottrarsi ad un eventuale sequestro. Cappa aveva intestato l’appartamento con autorimessa, in maniera fittizia, attraverso l’utilizzo di documenti falsi, a tale Celestino Sassi, nato in Francia ma residente in Italia, a Campomarino (Campobasso).

Ma il tizio, dopo ulteriori accertamenti svolti anche con l’aiuto delle autorità francesi, è risultato essere inesistente. Insomma, aveva un’identità fittizia.

L’importanza di Campomarino

La residenza a Campomarino non deve essere considerata un caso.

Vediamo infatti cosa scrive la Dia nella relazione sul secondo semestre 2016: “Quelli che venivano indicati come segnali, per quanto qualificati, di una presenza delle cosche in Abruzzo e in Molise, grazie alle evidenze investigative raccolte con l’operazione Isola Felice, sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno appetibili“.

Nell’inchiesta ‘Isola felice’, condotta dai Carabinieri con l’esecuzione di 25 misure cautelari, è stata fatta “piena luce sull’operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) in Abruzzo e in Molise“. “Il capo ‘ndrina – si legge ancora nella relazione – non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni, ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani (famiglia Marchese di Messina) che operava tra San Salvo, Campomarino e Termoli“.

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Redazione TirrenoNews

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