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Redazione TirrenoNews

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Amantea arriva la DDA ed i Ris

Venerdì, 08 Novembre 2013 22:26 Pubblicato in Comunicati - Sport - Giudiziaria

Il paese si interroga su quanto occorso in questi giorni.

I carabinieri non mollano la presa e continuano a tenere Amantea sotto controllo.

Anche ieri una pattuglia dei carabinieri della locale Caserma hanno attivato la sirena raggiungendo due giovani su un ciclomotore ma ponendo il centro cittadino in fibrillazione e pronto a chiedersi cosa altro stesse succedendo.

Ai carabinieri si aggiungono però gli agenti della Direzione Distrettuale Antimafia.

Ed a tal punto il dilemma che corre sotto pelle nella cittadina è destinato probabilmente a restare segreto ancora per poco.

Ci si chiede se il blitz sia legato allo spaccio della droga, come taluni sussurrano, mentre parlano di gole profonde che stanno descrivendo la rete degli spacciatori di Amantea.

Oppure è connesso agli eventi incendiari che hanno interessato una cooperativa ed un professionista?

O piuttosto l’Arma e la procura della repubblica di Paola stanno tentando di verificare la nuova geografia criminale del territorio a distanza di 6 anni dagli eventi del dicembre 2007?

Altre voci però parlano di una serie di intimidazioni dirette perfino alle Forze dell’Ordine e che hanno determinato questa decisa e si dice duratura riaffermazione della presenza dello Stato.

Certo è che il rinvenimento di armi è stata una sorpresa.

Sia per la sua entità. Si parla di 2 pistole e di una mitraglietta oltre a 122 proiettili

Armi rinvenute, stando a quanto si dice, in un pozzetto di fognatura posto in un sottoscala dello stabile Ex Hotel Riviera , nella centrale via Margherita, nel quale furono allocati anche il Comando della Polizia Municipale, stranamente delocalizzato nella lontana via Degli Stadi, e la Guardia Costiera, spostata addirittura nella lontana Campora SG.

Armi, sembra, localizzate grazie al cane pastore antidroga dei Carabinieri che ha fiutato la cocaina conservata nello stesso luogo delle armi.

Ora le armi sono state inviate al Reparto Investigazioni Scientifiche dell’Arma ( RIS) per la ricerca di impronte e per verificare se le stesse abbiano sparato, giungendo alla comparazione con altri eventi delittuosi, omicidi compresi.

Ma non sembra che la presenza dei CC abbia davvero ridotto il consumo di droghe minori.

Forse occorrono forze di Polizia in borghese che vivano tra i giovani.

Se c’era qualcuno che pensava che Bassolino non fosse ancora un potente politico si sbagliava.

Ha deciso di scendere in Calabria per presentare il suo libro “Le Dolomiti di Napoli – Racconti di politica e di vita” e c’è una ode a suo nome.

A Catanzaro raramente si è visto un parterre del tipo di quello presente all’appuntamento di presentazione del libro di Bassolino, un appuntamento coordinato dal commissario della Provincia Wanda Ferro a cui sono intervenuti il segretario del Circolo Centro Enzo Lauria del Pd Pasquale Squillace, l’ex preside del Liceo Giannasio “Pasquale Galluppi” Armando Vitale, il segretario della Cgil Calabria Michele Gravano e il sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza, i rappresentanti sindacali Alfredo Iorno, Tonino Meliti, Luigi Veraldi, Michela Avenoso, Bruno Talarico, Daniele Carchidi, gli esponenti Democratici Enzo Bruno, Pino Maida, Nuccio Iovene, Rosario Olivo, Mario Paraboschi, Michele Drosi, Pino Franzé, Pino Soriero, Lino Puzzonia, Roberto Galiano, Elena Bova, Emanuela Neri e Piero Caprari ed ancora per i partiti e dei movimenti della sinistra catanzarese Tonino Cimino, Carla Silipo ed Eugenio Occhini.

A Cosenza un incontro, moderato dalla giornalista Rai Annarosa Macrì, introdotto da Giovanni Donato, segretario della Cgil di Cosenza con la partecipazione di Matteo Cosenza, direttore del Quotidiano della Calabria, Michele Gravano, segretario della Cgil Calabria, e Mario Oliverio, presidente della Provincia di Cosenza.

Ma la cosa più importante è stata la presenza a sorpresa del vescovo Nunnari il quale ha dicharato: “'Sono venuto a salutare il mio amico Antonio Bassolino e non ho esitato per questo a rinviare una Messa. Non potevo mancare a questa occasione anche se l'ho saputo per caso leggendo un manifesto''

Non si sono però comprese le ragioni della presenza a sorpresa.

Insieme a tanta stima, anche tanta disistima da parte dei Campani

Non riportiamo per mera decenza le email postate dai campani, ma solo gli esiti del sondaggio de Il Mattino: Come giudichi l'operato di Bassolino in Campania?

Ecco i risultati:

 

Ottimo

6.3%

         
       

Soddisfacente

13.7%

         
       

Fallimentare

80.0%

         
       
           

Il processo "Falsa politica", inizia a produrre i suoi "frutti".

Oggi, infatti, le prime decisioni dei giudici Reggio Calabria per lo stralcio in abbreviato.

7 anni e 6 mesi di condanna per l'ex consigliere provinciale di Reggio Calabria Rocco Agrippo, nonostante la più aspra richiesta del pm Antonio De Bernardo, che avrebbe voluto una condanna a 10 anni.

6 anni di carcere per l'ex consigliere comunale di Siderno, Giuseppe Tavernese, a fronte di una richiesta di 9.

7 anni per Salvatore Commisso 7 anni, invece di 10 anni richiesti da PM.

6 anni in luogo dei 9 richiesti per Cosimo Figliomeni.

6 anni al posto degli 8 richiesti per Pietro Futia e Pasquale Romanello.

Le indagini avevano fatto emergere una serie di rapporti tra il boss Giuseppe Commisso e alcuni esponenti politici della locride.

Per il pm Antonio De Bernardo, che ha diretto l’indagine, sono tutti coinvolti in quel sistema che avrebbe preso in ostaggio l’amministrazione pubblica di Siderno e l’avrebbe resa schiava dei voleri del clan.

Le 'ndrine – ha svelato l'inchiesta della Dda reggina, che completa ma non conclude il filone investigativo sul quale sono state tessute indagini come "Il crimine", "Recupero-bene comune" e "Locri è unita" – erano arrivate fino ai gangli della vita politica del paese della Locride.

A determinare i destini di un’intera comunità era infatti il clan Commisso, la cui benedizione era necessaria per tentare la scalata in politica. Per questo, politici di ogni colore si presentavano con il cappello dal boss Giuseppe Commisso, “U mastru” che da dietro il bancone della sua lavanderia "Ape green" dispensava buoni consigli e ricordava le regole che nessuno poteva permettersi il lusso di infrangere. Tutte conversazioni registrate e analizzate dagli investigatori e destinate a pesare su un procedimento che si candida ad essere prima di tutto una fotografia impietosa della politica e della società della Locride e non solo. Cosimo Cherubino – ha svelato infatti l’inchiesta sfociata nel processo che a breve lo vedrà alla sbarra nel filone che si svolge con rito ordinario – era l’uomo che i clan avevano scelto come proprio rappresentante in consiglio regionale.

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