Il processo "Falsa politica", inizia a produrre i suoi "frutti".
Oggi, infatti, le prime decisioni dei giudici Reggio Calabria per lo stralcio in abbreviato.
7 anni e 6 mesi di condanna per l'ex consigliere provinciale di Reggio Calabria Rocco Agrippo, nonostante la più aspra richiesta del pm Antonio De Bernardo, che avrebbe voluto una condanna a 10 anni.
6 anni di carcere per l'ex consigliere comunale di Siderno, Giuseppe Tavernese, a fronte di una richiesta di 9.
7 anni per Salvatore Commisso 7 anni, invece di 10 anni richiesti da PM.
6 anni in luogo dei 9 richiesti per Cosimo Figliomeni.
6 anni al posto degli 8 richiesti per Pietro Futia e Pasquale Romanello.
Le indagini avevano fatto emergere una serie di rapporti tra il boss Giuseppe Commisso e alcuni esponenti politici della locride.
Per il pm Antonio De Bernardo, che ha diretto l’indagine, sono tutti coinvolti in quel sistema che avrebbe preso in ostaggio l’amministrazione pubblica di Siderno e l’avrebbe resa schiava dei voleri del clan.
Le 'ndrine – ha svelato l'inchiesta della Dda reggina, che completa ma non conclude il filone investigativo sul quale sono state tessute indagini come "Il crimine", "Recupero-bene comune" e "Locri è unita" – erano arrivate fino ai gangli della vita politica del paese della Locride.
A determinare i destini di un’intera comunità era infatti il clan Commisso, la cui benedizione era necessaria per tentare la scalata in politica. Per questo, politici di ogni colore si presentavano con il cappello dal boss Giuseppe Commisso, “U mastru” che da dietro il bancone della sua lavanderia "Ape green" dispensava buoni consigli e ricordava le regole che nessuno poteva permettersi il lusso di infrangere. Tutte conversazioni registrate e analizzate dagli investigatori e destinate a pesare su un procedimento che si candida ad essere prima di tutto una fotografia impietosa della politica e della società della Locride e non solo. Cosimo Cherubino – ha svelato infatti l’inchiesta sfociata nel processo che a breve lo vedrà alla sbarra nel filone che si svolge con rito ordinario – era l’uomo che i clan avevano scelto come proprio rappresentante in consiglio regionale.