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GRILLODottoressa carissima, coloro che hanno la mia stessa età ricorderanno gli anni dell’immediato dopoguerra, Guglielmo Giannini e il suo Fronte dell’Uomo Qualunque. E quel manifesto famoso affisso sui muri delle case dove un torchio stritolava il povero cittadino vittima dei soprusi dei governi e dalla cui bocca uscivano soldi. E più vicino a noi Antonio Di Pietro, l’Italia dei Valori e la bianca colomba. Che fine hanno fatto? Scomparsi. Subito dissolti. Ma per alcuni anni sono stati al centro dell’interesse nazionale. Il giornale fondato da Giannini nel 1946 vendeva oltre 600 mila copie. Giannini è scomparso grazie al consolidamento della Democrazia Cristiana nelle elezioni politiche del 1948. All’inizio, sia Giannini sia Di Pietro, sembravano destinati a sempre maggiori successi, poi quando gli italiani hanno capito che la protesta, il non ci rompete più le scatole, il sempre dire no a tutto non avrebbe portato da nessuna parte, li hanno mollati. Ed ora, a distanza di tanti anni, , gli italiani stanno mollando il movimento del vaffa………. Cosa resterà del Movimento 5 Stelle dopo aver conseguito nelle elezioni politiche del 4 marzo 2018 una vittoria schiacciante il cui botto si è fatto sentire a Roma, eccome, e l’ ha portato alla guida del paese? Resterà ben poco, viste le sconfitte di fila in Friuli Venezia Giulia, Trento, Bolzano, Molise e Abruzzo. Le altre già si annunciano in Sardegna, Basilicata, Piemonte, Calabria e alle Europee del prossimo maggio. I motti grillini: Vaffa……., L’onestà andrà di moda, Siete circondati, Pdioti, Renzusconi, ora che il Movimento è al Governo non hanno portato fortuna a Di Maio e a Di Battista. E le mancate promesse fatte in campagna elettorale hanno fatto il resto. Cosa resterà di Di Maio,di Di Battista, di Fico, di Toninelli, di Taverna, di Lezzi, di Fraccaro? Qualche tweed sui social, qualche selfie che li mostri seduti sugli scranni di Palazzo Madame o di Montecitorio o perfino sui banchi del Governo. Resterà magari il reddito di cittadinanza Salvini permettendo. Ma visti le centinaia di emendamenti proposti dalla Lega resteranno soltanto le briciole. E il sedicente Governo del cambiamento con le pive nel sacco ritornerà nella fogna perché non ha cambiato un bel nulla. E quelli che fino ad ieri li hanno votati hanno cambiato partito. Non vogliono più prendere una bella fregatura. Si sono accorti, dopo essere stati ubriacati dalle notizie false e gonfiate, di essere stati ingannati. Il vento ha cambiato direzione. Fino ad ieri la propaganda ha funzionato alla perfezione. Il no Tav, la Francia, il Venezuela, Macron, la Merkel e la Germania, l’Unione Europea, i burocrati nullafacenti, i migranti, gli sbarchi, la nave Diciotti, Salvini, hanno distolto gli italiani dai problemi reali. Ora, però, i nodi sono venuti al pettine. Gli italiani vogliono lavorare, le industrie vogliono produrre, i pastori sardi vogliono vendere il loro latte ad un prezzo giusto, gli ammalati pretendono legittimamente di essere curati in ospedali sicuri e non fatiscenti, i lavoratori pendolari pretendono treni e autobus sicuri, gli automobilisti benzina meno cara e ponti sicuri, gli scolari e gli insegnanti vogliono scuole ed edifici non pericolanti, i vecchi vogliono una vita serena, gli agenti della Forza Pubblica pretendono dallo Stato di essere tutelati e che i ladri e i malfattori quando vengono arrestati devono marcire nelle patrie galere, i giovani non vogliono più vedere i mestieranti di chiacchiere e infine che i Magistrati facciano fino in fondo il loro dovere senza intromettersi negli affari governativi. Cosa allora resterà ai grillini della vittoria dello scorso anno? Anni vuoti come lattine abbandonate là, così cantava Raf. Di Giannini è rimasto solo il motto: Non ci rompete più le scatole. E di Peppe Grillo?: Il Vaffa Day! Lei, dottoressa cara, è d’accordo?

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saleCari amici, oggi pigliando spunto da una nota canzone di Lucio Dalla e per divertirmi e distrarmi un po’, vi voglio parlare di un “fattariellu” curioso per riderci un po’ sopra. Per Lucio Dalla la grossa novità era che per il nuovo anno ci sarebbe stato tre volte Natale, ci sarebbe stato mangiare per l’intero anno, che i preti si sarebbero potuti sposare ma soltanto ad una certa età. Tutto questo, però, Lucio se lo era inventato, per riderci sopra e per far dimenticare evidentemente le cose brutte che accadevano giornalmente nel mondo. E quale sarebbe questo “fattariellu” curioso ripescato nei meandri della mia memoria che mi ha riportato indietro nel tempo agli anni del dopo guerra? Camminando per Corso Mazzini, la via principale della città di Cosenza, fui attratto da alcuni cartelli pubblicitari affissi alle eleganti vetrine di alcuni negozi:- Extra Sale, Super Sale, 4 Sale -. Mi sono fermato, ho preso il telefonino, ho scattato alcune foto e mi son messo a ridere a crepapelle come si suol dire. Se qualche passante non distratto ha osservato la scena certamente avrà detto:- Ma quello è nu scemu. E’ vero, ai suoi occhi sono passato per un ciuotu e nu scemu. Uno che ride a crepapelle davanti ad un negozio deve essere evidentemente un pazzo. Non ci sono altre spiegazioni. Non potrà mai capire cosa ho provato dentro di me nel vedere quei cartelli con la scritta “Sale”. Già, oggi ci crediamo di essere tutti bravi e intelligenti, tutti facciamo finta di conoscere le lingue, al telefonino rispondiamo “Hello” e “O.K.”, al computer usiamo il Desk Top, Messenger, Facebook, Whats App, etc. Tutto questo oggi, ma ieri? Nell’immediato dopoguerra io e mia madre raggiungemmo il mio papà negli Stati Uniti d’America che lavorava in una miniera di carbone, The Ebensburg Coal Mine Company, in Colver, un paesino dello Stato della Pennsylvania. Era un paese piccolo e per andare a fare la spesa settimanale nelle cittadine vicine necessariamente dovevi prendere la macchina. Lungo il tragitto mia madre osservava attentamente il paesaggio, molto diverso dal paesaggio calabrese, per coglierne ogni piccola sfumatura e si soffermava a leggere a suo modo i diversi cartelli affissi ai muri delle case. Un giorno mi disse:- Frank, ( non ero più Ciccio, in America avevo cambiato nome ) in America vendono sale dappertutto. Da noi, in Calabria, il sale si vende esclusivamente nelle rivendite di Sali e Tabacchi perché è Monopolio di Stato. E te ne danno pure 4 pacchetti -. La mamma si era soffermata ad un cartello dove c’era scritto “4 Sale”. Oggi ci facciamo tutti “ Sbierti” perché sappiamo che quella scritta vuol dire “Si vende”, ma io sto parlando del lontano 1948 e mia madre aveva frequentato appena la seconda elementare e non poteva conoscere le preposizioni ed i verbi. Per lei e per noi emigranti allora “Sale” era il sale da cucina che serviva per condire le pietanze.

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Riceviamo e pubblichiamo:

Foibe. Chi se ne fotte dell’Anpi. Un fumetto e un film per ripartire dalla memoria e dalle scuole.

Ogni anno bisogna scongelare il presidente Mattarella, sperando che dica qualcosa di pienamente sentito e rappresentativo per l’occasione.

 

Come ogni anno, bisogna sperare che il parlamento italiano ricordi di aver varato, nella sue galeoniche movenze, una legge nazionale nel 2004 che tutela e riconosce un giorno di celebrazione comune delle “vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra (1943-1945)”. Ogni anno bisogna sperare che la pacchiana italianità, ancor più maleodorantemente virtuale, ci eviti la gara a chi ce l’ha più grosso, a quali morti pesano di più, come se la morte di una madre per mano di un assassino, valga di meno di quella di un’altra.

Come ogni anno, bisogna sperare che una pagina Facebook realizzi meno meme dell’anno precedente, colta dalla consueta frigidità digitale che intercorre, caprona e banale, tra i Marò, le foibe e il Duce appiccato per le gambe.

Di anno in anno, bisogna sperare che qualche studente di terza media sia riuscito a sentir pronunciare, anche solo per sbaglio, la parola “foiba”.

Anno dopo anno, bisogna constatare che l’Anpi continua a manifestare la propria inutilità alla crescita del Paese, pur gradendone i fondi per la sussistenza, ora in discussione, anteponendo la direttiva di una continua resistenza, anche in assenza di fascismo storico e tangibile – poiché chiamare fascisti i leghisti non corrisponde, di certo, a reale minaccia per l’incolumità del Paese, né a una forma di accrescimento e superiorità culturale -, come di partigiani comunisti, socialisti e democristiani, ormai mobilia polverosa di una stanza del museo di ciò che fummo, al rispetto della memoria collettiva.

L’Anpi che, proprio di anno in anno, dopo anno, annualmente, come ogni anno, non perde occasione per dare prova della propria trinariciutesca volontà di ferro di dimostrarsi forzatamente rispettosa del Giorno del Ricordo, ma zitta, zitta, prova a instillare nel sistema, insinuazioni di negazionismo (le foibe sono un’invenzione, vedasi Basovizza), giustificazionismo (i massacri delle foibe furono una reazione a vent’anni di regime fascista), relativizzando, sminuendo, o circoscrivendo le urla di dolore dei morti ammazzati, violentati, torturati, e poi infoibati, che fossero italiani, fascisti, antifascisti, serbi o croati.

Per verificare questo, occorre solo fare una ricerca su google, o poco più. Non ultima l’Anpi di Rovigo, secondo cui le foibe sono un’invenzione (dei fascisti). Santa resistenza martire, unica e assoluta patrona della democrazia in Italia, culto sostitutivo laico di Stato. Tutto il resto è fandonia.

Non c’è pace. Prendiamoci la pace. E non prendiamoci in giro: l’Italia non ha affatto memoria delle vittime delle foibe. Ancora no, o, quantomeno, non sufficiente.

Troppi sono, infatti, coloro i quali vorrebbero relegare quei morti a una dimensione privata. A una cappella in fondo al cimitero.

Vorrebbero scrivere col sangue una frase da poster con cui arredare il nostro ghetto.

Il nostro, poi, di chi? Che pretenderebbero di ridimensionare la storia a una questione ideologica di parte.

E questo accade perché pur essendosi invertita la rotta politica di questo Paese, almeno al momento e almeno in apparenza, la strada della generazione della cultura di massa è pienamente tortuosa, primato dell’egemonia pensante che fa capo alla sinistra.

La prima generazione al governo, anticonformista rispetto alla sinistra, gettò le basi per il riconoscimento ufficiale del dramma delle foibe; la seconda, ora, ha il dovere di cristallizzare la memoria.

Per questo ogni strillo di dolore, ogni pianto disgraziato di Norma Cossetto tenuta ferma e stuprata dai suoi aguzzini slavi (poi costretti a vegliare la salma, una volta catturati, fino ad impazzire), e poi buttata in una foiba, si sentono ancora poco. I nostri giovani sentono ancora poco, i nostri studenti, gli italiani. Sordi, ciechi.

Per questo bisogna esultare di ogni vittoria della memoria e smettere di inseguire la rabbia e la viltà della negazione, della riduzione, del disturbo alla storia, agendo in via istituzionale affinché esso non si ripeta.

Ma il cuore del Paese, deve pensare ad altro. Far festa, nella solennità, contribuendo a costruire la memoria civile di questa terra puttana – che è contemporaneamente edificazione della maturità nazionale nella trista constatazione di una “pacificazione” impossibile -, ancora fortemente rinchiusa nella propria pustolosa adolescenza.

Scansare, rifiutare come droghe in discoteca, le avances decostruttive, la ansie giustificazioniste, le paranoie negazioniste, la riduzione della grande storia, i calci alla memoria degli uomini, delle donne, dei bambini, crepati nelle foibe.

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