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La pace e' molto lontana

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bandiera paceMala tempora currunt, dicevano i latini. Tempi duri, tempi durissimi, tempi terribili stiamo attraversando. Ci sono nel mondo tantissime guerre che la stampa e la televisione le ignorano. Molta gente coinvolta nelle guerre scappa, lascia la propria terra e chiede un rifugio altrove. Le nostre coste calabresi ogni giorno accolgono emigranti africani che chiedono asilo, soggiorno e pace. Sono trascorsi tre lunghi mesi e la guerra in Ucraina continua. I cannoni sparano, gli aerei bombardano, i carri armati distruggono, i contadini abbandonano le loro case e le loro terre, non seminano più, non raccolgono e il grano accumulato marcisce. Per la pace bisogna ancora aspettare. E così la guerra tra Russia e Ucraina continua e continuerà fino a quando Putin non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi, fino a quando il campo avrà dato tutti i suoi verdetti. E anche quando Putin e Zelensky si siederanno intorno ad un tavolo per parlare di pace o di tregua, scordiamocelo, tutto non sarà più come prima. Potranno tacere i cannoni, potranno i belligeranti scambiarsi i prigionieri di guerra, potrà Putin apparire in televisione e annunciare ai suoi patrioti che la Russia ancora una volta ha sconfitto i nazisti che occupavano le terre del Bombass, potrà Zelensky arringare la folla plaudente di aver fermato l’avanzata russa e che Kiew e le altre città ucraine sono salve, ma nessuno potrà fermare in Europa e nel mondo le nefaste conseguenze di questa guerra assurda. Tutto è aumentato, tutte le materie prime che noi importiamo sono aumentate e di conseguenza è aumentato il costo della benzina, della luce, del gas, del pane, della frutta e di tutti i generi alimentari. Ma la conseguenza maggiore e forse la più importante di questa guerra è la crisi alimentare. Ancora da noi, grazie a Dio, non è arrivata. Ci vorrà del tempo, ma arriverà. Arriverà quando mancherà sulla nostra mensa il pane e allora la guerra del pane potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Il grano prodotto dall’Ucraina c’è, è accatastato nei silos, ma le navi addette al trasporto del grano, sono bloccate nel porto di Odessa a causa dei bombardamenti. Ma c’è di più. Gli agricoltori non hanno seminato, non raccoglieranno e se la guerra dovesse ancora continuare a lungo i silos si vuoteranno. Ho appena accennato alla guerra del pane. Non voglio esagerare, ma la vedo brutta. Il rischio c’è, eccome! Alcuni paesi africani non hanno più risorse e la carestia è dietro l’angolo perché i loro terreni stanno diventando aridi e deserti. Allora bisogna muoversi. Tutti dicono che il grano c’è ma non arriva al posto giusto. Allora facciamolo arrivare in tempo e che nessuno resti senza grano, altrimenti ci sarà il grave rischio di una guerra che nessuno potrà fermarla. Io me le ricordo alcune rivolte del pane. Basta leggere il capitolo 12 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, Ma io me ne ricordo una, molto più piccola, alla quale partecipai anche se ero un ragazzo con i pantaloncini corti. C’era ancora la guerra, la seconda guerra mondiale. L’Italia non era stata ancora liberata, ma la gente soffriva, pativa la fame perché non c’era più niente da mangiare. Il mio paese, San Pietro in Amantea, era invaso dagli sfollati. Ognuno di noi aveva la tessera annonaria ma quando ci recavamo nei negozi a prelevare la merce come pasta, latte, pane, burro, zucchero, gli scaffali erano completamente vuoti. Quando, però, i contadini e le massaie, seppero che in un magazzino di Via Margherita un negoziante di Amantea aveva accumulato una grande quantità di farina, si ribellarono. La folla inferocita sfondò la porta del magazzino e si impossessò della farina. Tutti vennero denunciati, io no, ero troppo piccolo. Fu un giorno memorabile per il piccolo borgo. Io me lo ricordo come fosse stato ieri. E’ passato tanto tempo, ma non vorrei oggi all’età di 90 anni assistere a qualche rivolta del pane con l’assalto ai forni, per causa della carestia e per la mancanza di farina per via della guerra in corso.

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