Nella foto: Turisti cinesi indossano le mascherine per proteggersi dal virus Mers, nel centro di Seoul, in Corea del Sud, il 5 giugno 2015. I produttori locali ma anche i fornitori internazionali di maschere di protezione non hanno prodotti a sufficienza. “Siamo in grado di vendere al massimo 600 maschere al giorno a fronte di una richiesta di circa 1.000”-riferisce un farmacista di Seul.
Sei persone sono morte in Corea del Sud per aver contratto il virus Mers (sindrome respiratoria mediorientale).
L’ultimo decesso, un uomo di ottant’anni, è avvenuto ieri 8 giugno a Daejeon, 140 chilometri a sud di Seoul.
Sono in tutto 96 le persone che hanno contratto la malattia.
Si tratta dell’epidemia di Mers più grave in un paese non mediorientale.
Più di 2.300 persone sono state messe in quarantena.
Quasi 1.900 scuole sudcoreane sono state chiuse.
La sindrome respiratoria mediorientale è causata da un tipo di coronavirus, lo stesso genere di virus a cui appartiene la Sars (sindrome acuta respiratoria grave).
Il primo caso di morte da Mers è stato registrato in Arabia Saudita nel giugno 2012.
La malattia si manifesta con febbre, tosse e difficoltà respiratorie, e in alcuni casi anche con polmonite e insufficienza renale.
Secondo gli esperti, il virus si trasmette attraverso un contatto diretto e non per via aerea.
Il tasso di mortalità è del 36 per cento e non esiste ancora un vaccino o una terapia specifica.( Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, i nuovi casi registrati in Corea del Sud hanno fatto salire il bilancio degli infetti di Mers in tutto il mondo a 1.236, tra questi i decessi sono almeno 445).
Oltre all’Arabia Saudita e alla Corea del Sud, altri casi sono stati registrati in altri paesi mediorientali, tra cui Giordania, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Yemen e Libano.
In Corea del Sud il primo caso di Mers è stato quello di un uomo che si è ammalato durante un viaggio in Arabia Saudita, nel maggio del 2015.
Il governo e le autorità sanitarie sudcoreane sono state criticate per la poca trasparenza con cui hanno affrontato l’epidemia, spesso tenendo la popolazione all’oscuro dei nuovi casi di contagio.
Con un ritardo di due settimane il governo sudcoreano ha pubblicato la lista dei 24 ospedali in cui sono ricoverati i pazienti affetti dal virus, la maggior parte dei quali si trovano a Seoul e nella provincia di Gyeonggi.
Il sindaco di Seoul, Park Won-soon, ha accusato il governo di non aver fornito abbastanza informazioni sul virus ai cittadini.
Il ministro della salute Moon Hyung-pyo ha però risposto di non voler creare panico nella popolazione. Secondo il vicepremier Choi Kyung-hwan non ci sono ragioni per temere che il virus possa ulteriormente diffondersi nel paese.