L'opposizione venezuelana non molla e continua a resistere in piazza.
Il simbolo della protesta è la donna fotografata mentre, avvolta nella bandiera nazionale,
blocca da sola un blindato della Guardia Nazionale su un'autostrada di Caracas.
Un'immagine che immediatamente ha inondato i social e la rete riportando alla mente la foto-icona di Tienanmen con il ragazzo che fronteggia un carro armato.
La protesta, che ha già un bilancio di tre morti, ha riportato in strada anche oggi migliaia di persone che a gran voce chiedono la fine del governo di Nicolas Maduro.
Le rivendicazioni restano le stesse - elezioni anticipate, restituzione dei poteri al Parlamento, liberazione dei prigionieri politici, corridoio umanitario per cibo e medicine - così come non cambia la risposta del governo: unità antisommossa hanno cominciato a caricare i manifestanti quando ancora si stavano concentrando in diversi punti di Caracas.
«Cercano di evitare che la gente si riunisca, ma a noi non importa, aspettiamo che arrivi la gente e intendiamo marciare fino all'ufficio dell'Ombudsman», ha detto il deputato dell'opposizione Jorge Millan da uno di questi punti di raccolta, nel quartiere di Paraiso. Stesso scenario a San Bernardino (nord), Santa Monica (ovest) e Santa Fe (est).
Nel frattempo, il governatore dello stato di Tachira, José Vielma Mora, ha detto che la 23enne morta ieri a San Cristobal (capitale dello stato, nell'ovest del Paese) è stata uccisa da un militante dell'opposizione, contrariamente a quanto affermato da altre fonti locali.
Secondo Vielma Mora, la giovane donna è stata uccisa da un «militante oppositore» che «ha sparato dalla finestra del suo appartamento contro un gruppo di motociclisti che passavano per la strada». Ma testimonianze e video delle persone residenti nella zona - diffusi su Internet - raccontano un'altra versione: ad ucciderla sarebbero stati invece gli stessi motociclisti, in realtà militanti chavisti dei cosiddetti "colectivos".
E in questo clima di caos e violenza è arrivata dagli Stati Uniti la notizia che la General Motors ha deciso di sospendere tutte le sue operazioni in Venezuela, dopo che il governo ha «inaspettatamente sequestrato» la sua fabbrica locale, con una misura definita «arbitraria» ed «illegittima» dall'azienda americana.
Il costante degrado della situazione in Venezuela è stato commentato dal presidente colombiano e Premio Nobel per la Pace, Juan Manuel Santos, che in un tweet è lapidario: «Sei anni fa glielo dissi a Chavez: la rivoluzione bolivariana è fallita».
Domani sabato 22 aprile si terrà la "Marcia del silenzio" per i caduti nelle proteste fino alla conferenza episcopale venezuelana.
Il vicepresidente del Parlamento di Caracas, Freddy Guevara, ha chiesto agli oppositori di "sfilare in silenzio e vestiti di bianco verso le sedi della conferenza episcopale a Caracas e in tutto il Paese" sabato, per rendere omaggio alle persone uccise - almeno cinque- durante le manifestazioni dei giorni scorsi, compreso il sergente della Guardia Nazionale morto ieri nei dintorni della capitale.
E per lunedì 24 sarà il "grande buca" è previsto il blocco delle principali autostrade del Paese.
In quanto a lunedì prossimo, Guevara ha detto che l'opposizione organizzerà "blocchi autostradali che fermeranno il traffico su tutte le principali arterie del Paese durante l'intera giornata".
Registriamo le forti preoccupazioni degli italo venezuelani ritornati in Italia per la sorte dei propri cari ancora in Venezuela.
Il presidente Maduro ha detto che sono stati "gli Usa, il dipartimento di Stato a dare il semaforo verde, l’approvazione al colpo di Stato per intervenire in Venezuela".
L’accusa che è stata liquidata come "infondata" dal rappresentante ad interim americano nell’Organizzazione degli Stati americani, Kevin Sullivan.
Il ministro degli Esteri venezuelano, Delcy Rodriguez, che ha denunciato che "Il mondo e il Venezuela sono profondamente preoccupati per le bombe lanciate dagli Usa su Siria e Afghanistan".