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La nave della ong spagnola si trova da sette giorni in mare con 121 persone a bordo: Spagna Malta e Italia,non vogliono accoglierla

La nave Open Arms, della ong spagnola ProActiva Open Arms, è in mare da sette giorni con a bordo 121 persone salvate nel Mediterraneo tra l’1 e il 2 agosto.

 

Come successo in casi simili negli ultimi mesi, il governo italiano si è rifiutato di fare entrare la nave nelle sue acque territoriali e di fare sbarcare le persone a bordo; in base al “decreto sicurezza bis”, se la Open Arms dovesse violare il divieto rischierebbe l’arresto del suo equipaggio, la confisca della nave e una multa fino a 1 milione di euro.

Per ora nessun altro governo si è fatto avanti offrendo aiuto.

La Open Arms quindi si trova in attesa al largo di Lampedusa.

L’1 agosto, pochi giorni dopo aver ripreso la navigazione dopo una sosta per un problema tecnico, la Open Arms aveva recuperato 52 persone alla deriva su un piccolo gommone a largo della Libia. Il giorno seguente, in piena notte, erano state salvate in circostanze simili altre 72 persone. In tutto a bordo della Open Arms c’erano quindi 124 persone, tutti migranti partiti dalla Libia: tra loro c’erano anche due donne all’ottavo e nono mese di gravidanza e due bambini molto piccoli.

Open Arms aveva scritto inoltre che molte delle persone salvate avevano «evidenti segni di tortura».

Già dopo il primo salvataggio, la Open Arms aveva chiesto un “porto sicuro” per poter attraccare e fare sbarcare i naufraghi salvati.

L’Italia si era rifiutata e il governo aveva fatto sapere che era stato firmato un decreto che vietava all’imbarcazione l’ingresso e il transito nelle acque territoriali italiane.

Le due donne in gravidanza e la sorella di una di loro erano state fatte sbarcare per ragioni mediche, ma a bordo, ha spiegato il Manifesto, sono rimasti 32 minori, tra cui due bambini di 9 mesi.

Negli stessi giorni il governo italiano aveva firmato un decreto simile relativo alla nave Alan Kurdi, che aveva salvato 40 migranti e cercava un porto sicuro per sbarcare.

I migranti sulla Alan Kurdi, gestita dalla ong tedesca Sea Eye, sono sbarcati domenica a Malta dopo un accordo tra il governo maltese e quello tedesco per la loro ricollocazione in Europa.

La ong ProActiva Open Arms si trova però in una condizione più complicata, e non ha il sostegno del governo spagnolo.

La Open Arms ha detto di aver ricevuto minaccia di una multa fino a 900.000 euro anche da parte della Spagna, che vuole vietare la prosecuzione delle attività di soccorso tra la Libia e l’Italia e si è detta indisponibile ad accogliere altri migranti salvati.

Al momento non è chiaro cosa succederà alla Open Arms. Il governo italiano non sembra intenzionato a cedere e accogliere i 121 migranti a bordo, così come il governo maltese e quello spagnolo.

La situazione, come in altri casi recenti, potrebbe sbloccarsi grazie a un accordo tra i governi europei per il ricollocamento dei migranti o se la Open Arms decidesse di violare il divieto italiano, con tutti i rischi conseguenti. ProActiva Open Arms ha fatto intanto sapere di aver presentato ricorso al Tribunale dei minori di Palermo per chiedere che venga stabilito lo sbarco dei minorenni a bordo della sua nave.

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"Su richiesta della Germania, #Malta consentirà a 40 migranti sulla nave tedesca Alan Kurdi di essere trasferiti su mezzi delle forze armate e di entrare in porto - scrive in un tweet il premier maltese Joseph Muscat.

 

 

 

 

Il governo tedesco e la Commissione europea hanno organizzato la distribuzione di tutte le persone tra gli Stati membri dell'Unione. Nessun migrante rimarrà a Malta".

Malta autorizza lo sbarco dei 40 migranti a bordo della nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea-Eye.

Sea-Eye aveva lanciato un appello a Malta chiedendo il permesso di fare attraccare la nave dopo essersi vista negare l'ingresso in Italia.

A lanciare l'appello alle autorità maltesi è stata Barbara Held, a capo delle operazioni di salvataggio.

"Non ci abbandonate", ha chiesto in un video Held, che ha detto di contare su una "soluzione umanitaria".

Intanto il sindaco di Valencia, Joan Ribó, ha annunciato oggi di voler accogliere la Open Arms, imbarcazione della Ong spagnola Proactiva, che giovedì aveva tratto in salvo 55 persone nel Mediterraneo e venerdì altre 69 con "segni inequivocabili della violenza" subita in Libia.

Tra loro, due donne incinte evacuate dalla Guardia Costiera italiana.

Valencia, ha affermato il sindaco, "è una città di accoglienza, aperta e con il dovere etico e umano nei confronti delle persone che rischiano la vita per fuggire dal terrore, la guerra o la miseria".

Il primo cittadino ha annunciato in un comunicato che la giunta municipale, assieme alla Generalitat, solleciterà il governo di Madrid perché apra il porto a questa imbarcazione con 122 migranti.

Le autorità cittadine hanno concordato di offrire a nome del porto di Valencia l'accoglienza alla nave della Ong nel caso in cui questa non trovi un porto più vicino e sicuro dove sbarcare.

Nel pomeriggio di oggi le unità del Salvamento marittimo e della Guardia Civil spagnole hanno tratto in salvo 30 persone a bordo di due barconi nel Mare di Alboran - la porzione più occidentale del mar Mediterraneo, compresa fra la Spagna a nord e il Marocco a sud - vicino Almeria.

Sale così a 89 il numero dei migranti soccorsi oggi nelle acque dell'Andalusia. Nel pomeriggio 59 persone avevano infatti raggiunto il porto di Algeciras.

Ecco le soluzioni finali.

Da qui il senso di responsabilità di chi autorizza il soccorso a proprie navi.

Insomma il Mediterraneo è di tutti , non solo di Italia e Malta ed allora raccomandiamo all’Italia, che ha già dato, di non mandare la Guardia Costiera a soccorrere i migranti fin sulle coste della Libia.

Lo faccia la marina europea non quella italiana. Chi parte dalla Libia conta su questi soccorsi. Se sapesse di non riceverli i migranti non partirebbero e potrebbero essere aiutati direttamente in Libia senza i rischi di morire sui barconi.

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Trentotto anni fa ero davanti alla televisione e con trepidazione seguivo come del resto milioni di italiani una ininterrotta trasmissione RAI.

Un bimbo era precipitato in un pozzo artesiano molto stretto e centinaia di persone provenienti da ogni parte d’Italia stavano cercando di tirare fuori quel bimbo di nome Alfredino Rampi da quell’inferno umido, buio e stretto in cui era precipitato.

C’era anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che in silenzio seguiva da vicino i lavori degli speleologi e le fatiche dei soccorritori.

Purtroppo i soccorritori non sono riusciti a salvare il piccolo Alfredino.

Quando dopo numerosi tentativi sono giunti ad afferrarlo Alfredino era già morto.

Ora a distanza di quasi quaranta anni mi è toccato di rivivere le stesse ansie, le stesse trepidazioni, lo stesso dolore di allora.

Un bambino spagnolo di nome Julen anche lui è caduto in un pozzo ed è morto.

Aspettavo un miracolo, per questo ho pregato a lungo.

Le mie preghiere non sono servite a niente e il miracolo non si è verificato.

Quando i soccorritori, che hanno lavorato ininterrottamente per lunghi dieci giorni lo hanno raggiunto scavando un altro pozzo lateralmente, Julen era già morto.

Niente miracolo. Solo dolore e sconforto.

Tutti abbiamo pregato e sperato che il piccolo fosse ancora in vita, purtroppo all’1 e 25 di ieri notte è giunta la ferale notizia: Julen è morto.

Niente lieto fine, niente anche questa volta miracolo.

Solo un miracolo poteva salvare Julen.

Le cose,purtroppo, sono andate come per il piccolo Alfredino di Vermicino, vicino a Roma, 40 anni fa.

Allora, dopo aver appreso la sua orribile morte, avvenuta certamente per soffocamento, andai a letto dopo aver spento la televisione senza dire una parola, senza fare rumore per non svegliare i miei marmocchi che dormivano tranquilli in un letto caldo accanto alla loro mamma,   due calde e grosse lacrime rigavano il mio volto stanco e assonnato, perché non avevo chiuso gli occhi per tutta la notte neppure per un istante.

Sono stato sempre incollato al televisore aspettando il miracolo.

Ora, caro Julen anche tu ci hai lasciato.

Sei morto anche tu come Alfredino.

Sei volato in cielo e sono sicuro che gli Angeli e gli Arcangeli ti accompagneranno alla Santa Gerusalemme.

Riposa in pace.

Dove sei ora non troverai più pozzi, non troverai un buco di appena 25 centimetri, freddo e buio. Troverai un sole caldo che riscalderà le tua membra e potrai in pace con la schiera degli Angeli e con Alfredino di Vermicino mangiare e gustare le caramelle che avevi in mano quando sei caduto nel pozzo.

Ciao Julen.

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Gli enormi sforzi delle squadre di soccorso sono stati vani. Julen, il bimbo di due anni caduto in un pozzo a Totalán (Málaga) domenica 13 gennaio, è stato trovato morto.

"Disgraziatamente ...nonostante tanti sforzi da parte di tanta gente, non è stato possibile

 

...#RIPJulen", si legge in un post su Twitter della Guardia Civil, che rivolge ai familiari "le più sincere condoglianze".

Il ritrovamento è avvenuto all'1,25 di questa mattina, si legge su 'El Paìs', dopo quasi due settimane di incertezza prima e di delusione poi, non appena ci si è scontrati con le diverse avversità delle ricerche.

Dal pomeriggio di domenica 13 gennaio, le squadre di soccorso hanno lavorato giorno e notte per trovare il bambino, caduto nel pozzo costruito illegalmente di circa 110 metri di profondità e 25 centimetri di larghezza).

Resta aperta l'inchiesta della Guardia Civil per appurare come il bambino di due anni sia potuto cadere nel pozzo.

I genitori del piccolo, José Roselló e Victoria García, sono conosciuti dai vicini nel quartiere di El Palo, a Malaga, ai piedi delle montagne dove si trova Totalán.

Nel 2017 hanno perso un altro figlio, Óliver, morto improvvisamente a 3 anni mentre camminava lungo la spiaggia con i suoi genitori.

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(ANSAmed) – MADRID, 20 NOV – Il premier spagnolo Pedro Sanchez chiede al Marocco di ridurre la migrazione irregolare, per inviare un “messaggio categorico alle mafie”, riferisce oggi El Pais.

“Se non lo facciamo, saranno i nostri figli a morire nello Stretto“,

ha avvertito il presidente del governo socialista, dopo l’incontro a Rabat col suo omologo Saadedin el Otmani.

La pressione migratoria sulla Spagna è in costante aumento: al 15 novembre scorso erano 55.949 i migranti sbarcati da inizio anno sulle coste iberiche, dei quali oltre il 90% provenienti dal Marocco, divenuto il nuovo crocevia della rotta del Mediterraneo occidentale utilizzata dai trafficanti, stando ai dati diffusi dal governo di Madrid.

Il dato equivale a un aumento del 142% dei flussi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Il governo del Marocco ha promesso di “rafforzare le politiche di rimpatrio” degli immigrati irregolari dalla Spagna, come ha confermato Sanchez al termine della riunione.

Dopo aver manifestato “piena soddisfazione” per la risposta di Rabat sui respingimenti, Sanchez ha concordato di aumentare la quota dei rimpatri quotidiani, che era stata ridotta nelle ultime settimane dai 25 iniziali ai 10 accettati ogni giorno da Marocco alle frontiere delle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla.

Da inizio dell’anno, il Paese magrebino ha accettato il rimpatrio di 3.400 marocchini, a fronte dei 4.450 accettati lo scorso anno.

Dopo l’incontro con Saadedin el Otmani, Sanchez è stato ricevuto in udienza dal monarca Mohamed VI.

Nel corso del colloquio, durato un’ora, sono state affrontate alcune questioni pendenti, come la visita di Stato dei monarchi spagnoli in Marocco, prevista agli inizi del 2018 ma sospesa da Rabat all’ultimo momento e ora nuovamente programmata per il 2019.

Sempre nel 2019 si svolgerà una riunione di alto livello e il forum imprenditoriale ispano-marocchino.

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Madrid- «Ci sono già vari morti e moriremo tutti se non viene nessuno a salvarci».

È stato l’ultimo appello raccolto domenica pomeriggio da Helena Maleno, l’attivista della Ong Caminando Fronteras, da un barcone semi-affondato con a bordo 60 persone, fra le quali 20 donne e tre bambini, prima che si consumasse una nuova tragedia umanitaria al largo delle coste marocchine.

Sono rimasti alla deriva per due giorni, in attesa di soccorsi mai arrivati. «34 morti, fra i quali un neonato e un bambino, su un barcone con 60 persone che l'altro ieri è naufragato di fronte al Marocco», ha scritto oggi la Maleno nel suo account in Twitter, che rimanda all’hashtag #Fronterasur.

«Hanno chiesto aiuto per 24 ore e li hanno lasciati morire lentamente", ha aggiunto.

La Valero aveva lanciato domenica in Twitter l'allarme sulla scomparsa di un'imbarcazione "salpata dalle coste marocchine con 60 persone a bordo».

E ieri, sull'account della Ong Caminando Fronteras della rete sociale aveva inviato il messaggio urgente: «Sono già sette le persone morte e nessuno vuole andare a salvarle.

Esigiamo a Marocco e Spagna di coordinarsi per evitare una grande tragedia umana».

Secondo l'attivista e portavoce della Ong, l'imbarcazione, sulla quale viaggiavano una sessantina di persone di origini subsahariane, fra le quali 20 donne e tre bambini, salpata sabato sera da una spiaggia marocchina, è rimasta per due giorni alla deriva.

La cooperante spagnola, che fa base a Tangeri, in Marocco, aveva ricevuto la prima richiesta di aiuto dal barcone semi-affondato da parte degli stessi migranti, alle 5 di domenica 30 settembre, dopo che avevano già lanciato un Sos alle autorità marittime marocchine.

«L'ultimo contatto che abbiamo avuto con queste persone è stato alle 17,00 di domenica.

Erano disperate perché nessuno li soccorreva e dicevano che almeno dieci compagni erano già morti», ha spiegato la Maleno, citata dal quotidiano on line Publico.

Un portavoce del Salvataggio marittimo spagnolo ha assicurato a media iberici di aver offerto collaborazione e coordinamento alle autorità marocchine «per la ricerca e il salvataggio di questo barcone in acque marocchine, ma di non aver ricevuto risposta».

Ieri fonti della Marina marocchina aveva informato della localizzazione di un'imbarcazione diretta verso le acque spagnole con a bordo 17 persone originarie della regione magrebina del Rif, fra i 19 e i 30 anni di età, e di aver intercettato domenica altri due barconi con a bordo 112 marocchini, provenienti dalla stessa zona.

di Paola Del Vecchio

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Madrid- Le prostitute spagnole sul piede di guerra reclamano le dimissioni in blocco del governo di Pedro Sanchez.

Non si placa la polemica sul neonato sindacato delle lucciole iberiche, Otras (Organizacion de Trabajadoras Sexuales), il primo del genere in Spagna, autorizzato e poi sconfessato dall’esecutivo socialista.

Le promotrici esigono ora le dimissioni dell’intero Consiglio dei ministri, perché non accettano la messa fuorilegge del sindacato, dopo il via libera alla costituzione ufficiale, pubblicata sul Bollettino dello Stato, e il successivo dietrofront del Psoe.

Ieri, la ministra del lavoro, migrazioni e previdenza sociale, Magdalena Valerio, nell’annunciare un’impugnazione dell’atto istitutivo, che lo scorso 31 luglio aveva ricevuto il via libera proprio dal suo ministero, aveva ammesso: «La mia stessa squadra ha fatto autogol.

Non avrei mai dato il nulla osta.

Non avalleremo un sindacato di un’attività illegale, che viola i diritti delle donne.

Non lo farà un governo socialista e femminista».

E oggi, al termine del Consiglio dei ministri la portavoce, Isabel Celáa, ha ribadito che l’esecutivo socialista «non accetterà in nessun caso l’esistenza di un sindacato delle lavoratrici del sesso».

Per cui, l’Avvocatura dello Stato «sta lavorando su varie ipotesi per annullare la risoluzione pubblicata sul Bollettino dello Stato e sceglierà quella più rapida».

Ma le prostitute non rinunciano al braccio di ferro. E hanno letto oggi un comunicato a Barcellona, dove ha sede legale Otras, in cui giurano che andranno avanti nella battaglia legale, per ottenere un riconoscimento dei propri diritti lavorativi.

«Basta con l’emarginazione di questo collettivo, il più penalizzato socialmente», ha tuonato la portavoce, Concha Borrell.

«Esigiamo gli stessi diritti di qualunque altro cittadino spagnolo e vogliamo regolarizzare la nostra attività, per ottenere diritti basici, come quello alla malattia, alla maternità, allo stipendio mensile e alla pensione, per non essere sfruttate», ha reclamato.

La Borrell ha accusato l’esecutivo ”che si dice socialista operaio” di nascondersi «dietro l’intoccabile tela del femminismo bianco, eterosessuale e borghese, che cova un odio viscerale contro le prostitute».

E di «connivenza con settori cui interessa che le prostitute non abbiano alcuna copertura legale».

Va ricordato che in Spagna la prostituzione si trova in una situazione di sostanziale a-legalità, sebbene punita penalmente nei casi di sfruttamento e tratta delle persone.

È infatti esercitata soprattutto nei ‘club de alterne’, i così detti ‘puti-club’, che pullulano in periferia, lungo le autostrade e alla frontiera franco-catalana di La Junquera, la cui attività non solo non è considerata fuorilegge, ma è inserita nel computo globale del Pil nazionale.

E il dibattito sociale è incandescente fra abolizionisti e fautori di una regolarizzazione, come in Olanda.

Tra i primi, la Plataforma por la Abolicion de la Prostitucion, secondo la quale «non è possibile che il lavoro consista nell’essere sfruttati sessualmente»; e l’Asociacion para la prevencion, reinsercion y atencion a la Mujer Prostituida, che ricorda come siano «le donne in situazione di marginalità a essere sfruttate da madame e prosseneti, vittime della violenza di genere e della riduzione in schiavitù».

Anche per il principale sindacato spagnolo, l'Union General de Trabajadores (Ugt), la prostituzione non è un lavoro e regolarizzarla equivale ad alimentare le reti di trafficanti di esseri umani, in cui cadono minorenni e immigrati.

Intorno all’80% delle donne che la esercitano in Spagna lo fa contro la propria volontà, stando a un rapporto della Fondazione indipendente basca Anesvad.

Tuttavia, per il neonato sindacato Otras, «si tratta di donne e uomini lavoratori come tutti gli altri, con l’abissale differenza che i loro diritti lavorativi sono una pura utopia».

ILMattino

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Il governo di Berlino ha raggiunto un accordo con la Spagna che si è impegnata a riprendere i migranti arrivati in Germania ma già registrati sul suo territorio.

Lo ha annunciato il portavoce del ministero tedesco dell'Interno.

 

In base all'accordo, che è stato firmato lunedì e che entrerà in vigore l'11 agosto, i migranti "saranno rimandati in Spagna entro 48 ore", ha detto la portavoce Eleonore Petermann, aggiungendo che Madrid "non ha chiesto alcuna contropartita".

L'intesa riguarda tutti i migranti arrivati in Germania ma già registrati in Spagna, sulla base dei dati europei.

Il governo tedesco aveva già indicato a fine giugno che la Spagna aveva dato il suo consenso di principio, così come la Grecia.

I colloqui con Atene, così come con l'Italia, "non sono ancora finiti, le trattative sono aperte", ha detto la portavoce in conferenza stampa.

Ma gli accordi con questi due paesi sono "importanti perché le (loro) pressioni migratorie sono le più forti", ha affermato.

Roma è stata finora riluttante, chiedendo un maggiore controllo delle frontiere esterne dell'Ue prima di qualsiasi accordo sui migranti già in Europa.

Resta da capire cosa farà poi la Spagna dei profughi non aventi diritto a restarci

8 agosto 2018

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Scrive Nicodemo Nazzareno Oliverio:

“Produciamo olio extra vergine di oliva che è una rarità, forse la migliore qualità al mondo.

Ma la produzione non è sufficiente a rispondere alla domanda nazionale e globale.

 

Occorrono investimenti per far ripartire il sistema produttivo, occorre un grande piano irriguo e un miglior sistema infrastrutturale.

Per arrivare a risultati concreti ci vorranno anni, ma è necessario cominciare.

Servono investimenti importanti.

I cambiamenti climatici ci obbligano a irrigare l'olivo, se vogliamo produrre e dare reddito agli agricoltori.

Il mancato rinnovamento dell’olivicoltura italiana spiega la perdita della leadership del nostro paese nella produzione di olio che oggi appartiene alla Spagna, che ha investito enormemente nel settore.

L’Italia è tra le nazioni tradizionalmente produttrici di olio che hanno approfittato meno del raddoppio dei consumi che si è avuto negli ultimi 20 anni a livello mondiale, grazie alla crescente diffusione della dieta mediterranea ed al riconoscimento dell’alto valore nutrizionale dell’olio di oliva.

In effetti dai primi anni novanta ad oggi i consumi di olio di oliva sono raddoppiati.

Inoltre, il drammatico calo produttivo registrato nella campagna olivicolo-olearia 2014-15 (-52% rispetto alla precedente) e quello della campagna 2016-2017 rappresentano un’ulteriore evidente manifestazione di difficoltà che la filiera olivicola italiana sta vivendo da molti anni.

In effetti, tali cali sono stati determinati anche da carenze nella gestione degli oliveti. 

Ma c'è anche da garantire una giusta tutela del consumatore.

Per questo è indispensabile una adeguata informazione per evitare influenze dall’esterno che inducano a scelte alimentari indotte e non più consapevoli.

L’etichetta rappresenta la carta d’identità del prodotto ed è da considerare come la prima vetrina espositiva per il consumatore.

L’olivicoltura italiana necessita perciò di essere rilanciata anche grazie all’aiuto della ricerca (Piano Olivicolo Nazionale) e degli incentivi pubblici che possono svolgere un ruolo fondamentale in tal senso attraverso la valorizzazione del germoplasma italiano; il recupero e la gestione degli oliveti tradizionali; la realizzazione di nuovi impianti intensivi .

È quanto affermato dal Capogruppo del Pd in Commissione agricoltura della Camera Nicodemo Oliverio in occasione della prima festa dell'olio in svolgimento a Locri e promosso dal locale GAL.

Locri, 2 dicembre 2017

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Era evidente che prima o dopo la questione dei migranti sarebbe scoppiata.

Ci siamo!

 

L’Onu prevede che i flussi provenienti dalla Libia non sono destinati a diminuire.

Il papa chiede all’Europa maggiore solidarietà con i migranti.

L’Italia è al limite e minaccia di chiudere i porti alle navi delle ong.

Francia e Spagna, le uniche nazioni europee sul mediterraneo, secondo fonti da Bruxelles riportate dall’Ansa, diranno no all’apertura dei loro scali marittimi alle navi delle ong cariche di migranti.

E Prodi si arrabbia con Macron!

 

Intanto l'Austria blinda il Brennero e Roma convoca l'ambasciatore.

Il ministro degli esteri Kurz: 'Pronti a difendere i nostri confini' schierando l'esercito al Brennero.

Il ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil ha annunciato che "molto presto saranno attivati controlli alle frontiere e ci sarà bisogno di un dispiegamento dell'esercito fino a 750 uomini - indispensabile se l'afflusso di migranti dall'Italia non diminuisce".

 

In quest'ambito, sono già stati portati al Brennero quattro mezzi corazzati Pandur delle Forze armate austriache che potrebbero essere impiegati nelle operazioni di controllo sull'immigrazione.

Come scrive l'agenzia austriaca Apa, il dispositivo potrebbe essere attivato nel giro di tre giorni e comprende 750 militari, 450 dei quali saranno messi a disposizione da reparti stanziati nella regione del Tirolo, mentre i restanti verrebbero dal comando militare della Carinzia.

Il ministro degli esteri austriaco Kurz chiarisce: "I preparativi per i controlli alla frontiera con l'Italia non sono solo giusti ma anche necessari. Noi ci prepariamo e difenderemo il nostro confine del Brennero se ciò sarà necessario".

 

Secondo Kurz, l'Unione Europea deve chiarire che un soccorso attuato nel Mediterraneo non è un ticket per l'Europa e i profughi vanno respinti, oppure vanno fermati alle frontiere esterne e vanno portati su isole come Lampedusa.

Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, alla seduta plenaria del Parlamento europeo, ha sottolineato che con quanto la Commissione europea delibererà oggi in materia di migrazioni "dimostreremo con i fatti che vogliamo rimanere solidali, soprattutto con l'Italia che dimostra un atteggiamento eroico. La solidarietà è d'obbligo".

Intanto l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) dichiara che dall'inizio del 2017 al 3 luglio scorso, un totale di 101.210 migranti e rifugiati ha attraversato il Mediterraneo, quasi l'85% è giunto in Italia (85.183), mentre il resto degli arrivi è suddiviso tra Grecia (9.290), Cipro (273) e Spagna (6.464).

Sempre l'Oim stima a 2.247 il numero di persone morte in mare nello stesso periodo.

Toc, toc. Dov’è l’Europa?

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