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Vi proponiamo un importante articolo che difficilmente udirete sui nostri TG:

“Draghi ha ragione: euro significa un unico governo e un superstato europeo, e fingere il contrario è intellettualmente infantile.

La Banca Centrale Europea si trova ad affrontare una vera e propria crisi di leadership. L'autorità di Mario Draghi sta venendo meno, con importanti implicazioni per i mercati finanziari e il destino a lungo termine dell'unione monetaria.

Sia Die Zeit che Die Welt hanno riportato che tre membri su sei del comitato esecutivo della BCE si sono rifiutati di firmare le ultime dichiarazioni di Draghi, un ammutinamento senza precedenti nel sancta sanctorum che decide la politica economica della BCE.

I dissidenti sono la tedesca Sabine Lautenschläger, il lussemburghese Yves Mersch e, fatto più sorprendente, il francese Benoît Coeuré, un segnale che Parigi spera ancora di evitare una rottura delle relazioni con Berlino sulla gestione dell'UEM.

La realtà è che ben sei mesi dopo che Draghi ha parlato per la prima volta liberamente di un blitz da € 1000 miliardi per scongiurare i rischi di deflazione, di concreto non è accaduto quasi nulla. Il bilancio della BCE si è ridotto di oltre € 100 miliardi.

Le sue parole hanno portato a un euro più debole, ma questo non è uno stimolo monetario. Non compensa il ritiro di 85 miliardi di dollari di acquisti netti di obbligazioni da parte della Federal Reserve degli Stati Uniti per l'economia globale nel suo complesso. E' una dinamica a somma zero.

Lo scontro arriva in un momento delicato in cui la stampa italiana riporta che Draghi potrebbe presto tornare a casa per assumere la presidenza italiana, con l'89-enne Giorgio Napolitano che si prepara a dimettersi. Un esito di questo genere è improbabile. Eppure non c'è dubbio che Draghi abbia pressanti motivi familiari per tornare a Roma, oltre al fatto che ormai riesce a nascondere a malapena la sua irritazione verso Francoforte.

Questo articolo incendiario sulla ARD Tagesschau dà l'idea di quel che si dice in Germania. Giustamente o meno, Draghi è accusato di perdere le staffe, di non voler ascoltare le obiezioni, di tagliar fuori il capo della Bundesbank Jens Weidmann e di ritirarsi in un "gabinetto ristretto".

L'ultima disputa riguardava un cambiamento nel testo della dichiarazione della BCE sul suo bilancio. Anche se sembra una questione semantica e banale - se l'aumento di € 1000 miliardi fosse "previsto" o "programmato" - lo scontro che ci sta dietro è serio. I falchi non si lasceranno trascinare in un vero e proprio quantitative easing  prima di essere pronti. Stanno palesemente giocando contro il tempo, continuando a sperare che il Rubicone non sarà mai attraversato.

Mrs. Lautenschläger ha generato un certo scalpore lo scorso fine settimana contravvenendo alla regola del silenzio che precede i meeting, per dire che la guardia sul QE resta ancora molto alta. Ha criticato l'"attivismo" per il gusto di fare e ha avvertito che a questo punto il QE farebbe più male che bene: gli acquisti di titoli di Stato equivalgono a dei trasferimenti fiscali e creano un "serio problema di incentivi".

Lei è naturalmente sostenuta da Jens Weidmann della Bundesbank, il quale stamattina ha detto che la politica monetaria è troppo allentata per le esigenze della Germania - anche se la Bundesbank dimezza le sue previsioni di crescita economica della Germania per  il prossimo anno all'1pc, e anche se la quota delle merci tedesche in deflazione dei prezzi raggiunge il 31.2pc. Weidmann sostiene che il crollo dei prezzi del petrolio è un "mini-stimolo", e sembra implicare che questo riduce quindi la necessità del QE.

I tedeschi sospettano che Draghi stia cercando di puntare sul QE sovrano in modo che ci possa essere un prestatore di ultima istanza per le obbligazioni del Club Med il prossimo anno,  quando le banche venderanno le loro partecipazioni a seguito del rimborso dei prestiti della BCE (LTRO).

Da quando Draghi ha lanciato il suo primo carry trade da 1000 miliardi di € tre anni fa, gli istituti di credito italiani hanno raddoppiato il loro portafoglio di titoli di Stato italiani (BTP) a circa € 400 miliardi. Mediobanca si aspetta che il portafoglio scenderà a € 100 miliardi nel 2015. Chi acquisterà questo diluvio di offerta sul mercato, e a quale prezzo?

Draghi ha reso chiaro che in caso di necessità la BCE può ignorare il voto contrario della Germania sugli acquisti di obbligazioni. "Non abbiamo bisogno di avere l'unanimità", ha detto, anche se difficilmente avrebbe potuto rispondere diversamente se interrogato espressamente sul punto. Si può immaginare lo scandalo se avesse suggerito, invece, che la Germania ha un diritto di veto.

Ma è difficile capire come possa andare avanti una BCE profondamente divisa – come ha fatto di recente la Banca del Giappone con una stretta maggioranza di 5: 4 voti a favore della Abenomics II - su una questione di così grande portata politica e giuridica come un pieno QE. (Un QE minimale è un altro discorso, ma non farebbe alcuna differenza).

Come ho scritto ieri sera, un'azione del genere sarebbe una bella fonte di reclutamento per il partito tedesco anti-euro AFD e metterebbe in pericolo il consenso popolare e politico tedesco per l'unione monetaria. La Verfassungsgerichtshof ha già dichiarato che il precedente piano di sostegno per l'Italia e la Spagna (OMT) "vìola manifestamente" i Trattati ed è probabilmente Ultra Vires. Questo problema non è ancora risolto alla Corte europea.

I professori euroscettici tedeschi stanno già preparando una nuova causa contro il QE, sostenendo che esso fa ricadere grandi responsabilità sui contribuenti tedeschi,  è politica fiscale de facto, e vìola la sovranità di bilancio del Bundestag. Sentenze precedenti da parte del Verfassungsgerichtshof suggeriscono che molti dei giudici potrebbero essere d'accordo. Né è chiaro se la Bundesbank potrebbe partecipare al QE una volta che venisse presentata una denuncia del genere, questione che non riceve quasi nessuna attenzione da parte dei mercati.

Sia chiaro, io non critico Mario Draghi. Ha fatto miracoli, dati i vincoli della politica. La sua gestione della BCE è stata niente meno che eroica. Concordo pienamente con la logica - anche se non l'obiettivo - del suo grido d'allarme in Finlandia di una settimana fa. Il successo finale dell'UEM, ha detto, "dipende dal riconoscimento che la condivisione di una moneta unica è un'unione politica, e quindi dal saperne trarre le conseguenze".

Oppure, per dirla in un altro modo, una volta che avete lanciato una unione monetaria, avete automaticamente lanciato anche un'unione politica. Questo è ciò che significa l'UEM. L'euro significa un unico governo e un superstato europeo,  e implicitamente l'abolizione della Germania come stato indipendente pienamente sovrano. Fingere che non sia così è intellettualmente infantile. Resistere a questa verità – e continuare comunque a procedere ostinatamente con l'UEM - condanna l'Europa a delle crisi ricorrenti e a una depressione permanente.

Su questo Draghi ha perfettamente ragione, ed è questo il motivo per cui quelli di noi che eravamo euroscettici a Maastricht - e ho scritto io l'editoriale del Daily Telegraph la notte dell'infame Trattato, esattamente 23 anni fa – si sono sempre opposti all'UEM con inflessibile determinazione, e hanno grande simpatia per quei tedeschi che vogliono tirarsi fuori dall'UEM per salvare il proprio stato sovrano, prima che sia troppo tardi.

Altrettanto ha ragione Weidmann a pensare - come pare che faccia - che la carica a testa bassa verso la mutualizzazione del debito e l'unione fiscale di fatto realizzata con mezzi monetari sia una minaccia mortale per la democrazia tedesca e per lo stato di diritto.

La posta in gioco è molto alta. Una prova di forza arriverà sicuramente nei prossimi mesi, in un modo o nell'altro.

di Ambrose Evans Pritchard, 5 Dicembre 2014

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Fortissime le proteste per la soppressione del cane Excalibur Ebola che aveva il solo difetto di essere entrato in contatto con l’infermiera recentemente contagiata dal virus Ebola.

Anche negli USA un animale era entrato in contatto con un ammalato del virus Ebola

Ma negli USA questo animale è stato messo in quarantena

Le autorità iberiche invece hanno optato per l’esito letale.

Non solo gli animalisti a protestare.

Furioso il proprietario Javier Limon : “Excalibur era quel “ figlio” che non abbiamo mai avuto”. Poi aggiunge “ E’ stato impossibile entrare in contatto con le autorità che sono rimaste sorde a ogni richiesta di spiegazione”.

Anche gli esperti esprimono dubbi su una misura così drastica.

La quarantena, infatti, avrebbe permesso di raccogliere dati preziosi sul virus negli animali.

Tutto è iniziato qualche settimana fa, quando un’infermiera spagnola è stata contagiata dal virus Ebola nell’assistere un paziente proveniente dall’Africa.

Come prassi in questi casi, le autorità hanno ricostruito i contatti della donna durante il periodo di esposizione e, fatto salvo il marito, fra i possibili infettati è stato annoverato il cane Excalibur. L’esemplare dodicenne, pur non mostrando alcun segnale d’infezione, è stato soppresso d’ufficio senza possibilità di ulteriori verifiche.

L’esatto contrario di quello che sta accadendo Dallas: Bentley, altro quadrupede di proprietà di un’infermiera statunitense, è stato posto in quarantena e sta fornendo dati preziosi sulla risposta degli animali domestici al virus.

Al momento la scienza no sa se gli animali domestici possano trasmettere il virus Ebola all’uomo.

Nel loro organismo però si segnala la presenza di una risposta anticorporale.

Lo ha dimostrato uno studio condotto in Gabon nel biennio 2001-2002, ad esempio, si è appreso come circa 300 cani presentassero gli anticorpi di un possibile contagio, tuttavia in forma del tutto asintomatica.

La questione è quindi scoprire se i fluidi corporei, tra cui urina e feci, possano fungere da veicolo di contagio.

Un’ipotesi al vaglio proprio in quel di Dallas, un’occasione forse persa in Spagna.

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Russia Usa Guerra vicinaÈ un momento importante per la civiltà. Sono tali e tanti gli stravolgimenti geopolitici in atto (ed anche potenziali) da far ritenere questo periodo uno di quelli nei quali si scrive la storia. Le due superpotenze muovono le loro mosse, coinvolgendo l’Europa. Un coinvolgimento tale da far pensare che lo scenario del prossimo conflitto sarà proprio il vecchio continente.

 

Sulle motivazioni si è scritto di tutto, come anche sul fatto che i piani sono stati preparati, da entrambe le parti, già da tempo. Un interessante articolo in merito è stato pubblicato dal blog comedonchisciotte.org, a firma di Chris Barlati, e ripreso un po’ ovunque nella rete sui siti di controinformazione.

Un buon articolo, ricco di fonti, con un conteggio sulle forze in campo, sui punti di forza e debolezza, e sulle strategie per entrambi gli schieramenti, e con le previsioni sul’evoluzione degli equilibri geopolitici in Asia, Europa, ed Africa.

Si chiede l’autore se alla Russia interessi vincere, o se sia l’America che stia già vincendo. Una descrizione delle origini del conflitto tra Russia ed America, e sulle relative cause.  Poi si passa a ciò che ci riguarda direttamente, lo scenario attuale.

Uno scenario dominato dal capitalismo, da un’America con un debito pubblico spaventoso, da storie di spionaggio ai danni dei paesi del blocco NATO, dalla possibile fine dell’egemonia dei petrodollari, e da una Russia che cerca di sperimentare “un modello del tutto nuovo di sviluppo, fondato sulla cooperazione tra i paesi asiatici in rapida ascesa”. Il fine dei Russi è quello di contrastare l'egemonia degli USA in Europa, Africa, Asia e nei mercati internazionali. Ciò, ovviamente, influenza pesantemente le relazioni internazionali. Le cooperazioni tra Russia, Cina, Iran, Siria, Cuba, Venezuela, Argentina, Brasile, e Sud Africa nascono a tal fine.

Ma fin qui c‘è poco di nuovo. L’autore dell’articolo, però passa in rassegna le efficienze e le inefficienze americane. Tra le prime un apparato militare “temprato attraverso numerosi conflitti”, mentre tra le seconde le difficoltà delle forze di terra di occupare punti strategici e di respingere eventuali milizie e resistenze popolari. Da ciò deriva che le scelte americane di invasione della Russia non sono perseguibili per tre ordini di motivi: una presunta superiorità aerea russa, la potenza missilistica russa, e la possibilità che in caso di guerra nucleare i paesi europei potrebbero non seguire gli USA.

russia-cina-guerraSecondo l’autore le possibili strategie perseguibili dagli Usa per un intervento bellico sono 6, e sono alternative tra loro:

utilizzare l'ISIS come giustificazione;

finanziare sommosse e disordini;

insidiare i rapporti con Cina e Iran, modificando gli equilibri geopolitici,

indire un blocco economico-commerciale;

occupare l'Africa per completare lo ''scudo spaziale'';

distruggere l'esistenza stessa, come stato, della Russia de-frammentando il suo territorio .

Ciò che, però, sorprende di più in questo articolo è il confronto tra le potenzialità militari delle due supernazioni. Nessuno parla di queste cose, nessuno si spinge a tanto.

Secondo Barlati i punti di forza dell’America sono i seguenti:

Miglior intelligence

Alleanza militare più forte del pianeta

Numero maggiore di soldati

Grande potere di condizionamento dell'opinione pubblica

Alleanza con Israele in medio oriente

Europa come zona d'influenza quasi completamente statunitense, con Francia e Inghilterra come alleati nucleari.

Mentre i punti di debolezza sono i seguenti:

Sviluppo di una corrente politica marcatamente antiamericana e nazionalista

Attriti con la Germania per via degli scandali riguardanti lo spionaggio

Declino economico e debito pubblico stellare

Estenuante pressione delle lobby

Per quanto riguarda la Russia, invece, i punti di forza sarebbero:

Crescita della popolarità in Europa per via dell'aumento dei sentimenti anti-europeisti tra la popolazione(non tra i governi)

Partenariato commerciale con i paesi del BRICS/BRIC/BRICST, più avvicinamento all'Iran, all'Argentina, alla Siria, a Cuba e Venezuela

Riserve di gas che potrebbero essere usate come minaccia contro ulteriori prese di posizioni da parte dell'Ue

Progetto della costruzione del gasdotto che aggirerebbe l'Ucraina e che potrebbe destabilizzare la fedeltà dei paesi dell'est Europa, nei confronti degli Stati Uniti

Miglioramento dell'esercito e in alcuni settori superiore a quello NATO

Accordo con Israele per il ritiro delle truppe e degli armamenti Israeliani lungo il confine ucraino

Mentre i punti di debolezza sarebbero:

Scarsa presenza in Africa e debole influenza nelle zona

Accerchiamento quasi completato dai paesi NATO

Economia suscettibile alle fluttuazioni dei mercati internazionali

Timore di una presunta inferiorità tecnologica (come dimostrato dalla possibilità di chiudere internet in caso di necessità).

Passando alla consistenza delle truppe Barlati indica la consistenza paese per paese.

L’alleanza Usa (NATO) comprenderebbe 28 paesi: Albania, Belgio, Bulgaria, Canada, Croazia, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Turchia, Regno Unito, Stai Uniti, e Islanda. Per un totale di 12.697.317 soldati.

Dall’altra parte 7 paesi: Argentina, Brasile, Cina, Cuba, Iran, Venezuela e Russia per un totale di 11.009.445 soldati.

Sono interessanti, infine, le riflessioni personali dell’autore sui modelli americano e russo.

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Il modello americano è “fondato su di un fanatismo mistico-religioso di ascendenza cristiano-giudaico” e ricerca, capitalisticamente, “nuovi e indotti bisogni”, “nuove e sempre più numerose necessità”.  Per l’autore c’è un collante in questo modello ed è il simbolismo che richiede e presuppone processi di identificazione e stereotipizzazioni che poggiano su componenti emotive e che sono supportate da operazioni di manipolazione e condizionamento dell’opinione pubblica basate sull’opera dei media. Da qui le considerazioni sulla globalizzazione non solo come superamento del modello capitalistico in chiave prettamente economica ma anche come nuovo modello sociale. In parole più semplici il nuoco corpo sociale è alienato, deresponsabilizzato e non consapevole. Diventa, infatti, un corpo condizionato e manipolato che si fa “oggetto” e che si adatta alle scelte (politiche) necessarie allo sviluppo della società stesse. Si chiedono dei sacrifici che la società accetta ed anzi ritiene necessaria allo svilupppo della stessa. “Qui sta il merito e l'astuzia dell'elite americana: nell'aver creato e indotto una necessità; prima bisogno e poi necessità ed ora divenuta componente ''umana'', di un essere materiale che nulla ha più umano, ma che continua vacuamente ad essere”.

Il modello russo deriva dal disfacimento di un modello feudale che è passato per un modello progressista e rivoluzionario fino ad arrivare ad un modello promiscuo dopo la fine della guerra fredda. Oggi la Russia è potenza militare ed economia capitalista. Ha fermo il senso di rimanere unita spegnendo ogni rivendicazione autonomista. È forte in Russia un controllo  pseudo autoritario su politica, esercito e sulla stessa economia. 

La criminalità organizzata è tollerata nella misura in cui aiuta a controllare il territorio, e la società è permeata di un sentimento patriottico, cristiano-ortodosso, antiamericano, non anticapitalista. 

Ciò che avviene in Russia è meglio comprensibile rispetto a ciò che avviane in America. La Russia, dice Barlati, “non maschera la sua reale essenza dietro l'ipocrisia politica, la retorica, l'elaborazione di principi, il fanatismo patriottico e, alle volte, le ''convergenze parallele''. Non ha bisogno dell'eurocomunismo, né della finta alternativa partitocratica”. Nonostante la presenza soffocante dell'autorità e della proverbiale corruzione, il 90% di consenso di cui gode Putin è attribuibile alla sua realpolitik, a favore e protezione, non di mercati, interessi, lobby e privati, ma solo ed esclusivamente del popolo Russo, della sua ortodossia e delle sue minoranze nei territori limitrofi”.

EuropeInfine Barlati si sofferma sull’Europa definendola come “realtà concettuale inesistente”, geograficamente e storicamente legata all'Asia, e sull’Italia, “una vittoria russa consisterebbe nell'adottare a livello internazionale il principio di non ingerenza, ovvero, l'abbandono dell'Italia al suo ruolo di sempre, alla deriva tra Francia, Germania e Inghilterra. Seppur l'eliminazione completa delle classi dirigenti USA in Europa porterebbe all'ascesa dei nazionalismi conservatori, questi, privi di esperienza e di coraggio, sarebbero fagocitati, inevitabilmente, dalle decisioni delle nazioni che contano di più, sia a livello economico, sia militare. Detto in poche parole, il destino dell'Italia è oramai segnato; solo Germania e Francia potrebbero condurre, da uniche reali potenze europee, ad una totale riorganizzazione degli equilibri, ma tutto ciò alla Russia non interessa. Al massimo potrà provvedere all'instaurazione di un governo simpatizzante, ma non sarà mai alleata di una ex colonia yankee”

Fonte: www.comedonchisciotte.org

Autore: Chris Barlati

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