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Giappone, Corea, Cina.

 

Il primo allarme è di aprile scorso e viene proprio dal Giappone.

E' allarme in Giappone dallo scorso aprile.

Tra il 2013 e il 2014 il virus H5N8 è stato identificato quale causa di infezione in uccelli domestici e selvatici in alcuni Paesi dell'Asia Orientale, quali Corea del Sud, Cina e Giappone, ma fino al novembre scorso non era mai stato identificato al di fuori di questa area.
Due settimane fa, il governo giapponese ha ordinato l'abbattimento di 4 mila volatili in un pollaio, a 100 chilometri di distanza, nella stessa prefettura di Miyazaki.

Le autorità locali hanno chiuso le fattorie circostanti e hanno bonificato l'area.
In questi giorni le autorità giapponesi hanno ordinato l'abbattimento di altri 42mila polli, dopo la conferma del secondo focolaio di influenza aviaria in meno di un mese.

I test del dna hanno confermato che si tratta di un ceppo H5 del virus, lo stesso rilevato nella fattoria di Miyazaki, nel sudovest del Paese, dove sono morti numerosi polli.

Germania
Due settimane fa, il virus dell'influenza aviaria H5N8 è stato nuovamente rilevato anche in Germania, nel Land della Bassa Sassonia, dopo i casi in Meclemburgo-Pomerania occidentale e nei Paesi Bassi dello scorso novembre.

I 19mila volatili allevati nell'azienda coinvolta sono stati uccisi, insieme a altri 12mila di un allevatore vicino. 

Italia.
Lo scorso 16 dicembre è stato accertato un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità anche in un allevamento di tacchini da carne del comune di Porto Viro (Rovigo).

La Sezione veterinaria e sicurezza alimentare della Regione ha provveduto ad adottare tutte le misure di contenimento del caso, compresa la definizione delle relative zone di restrizione, l'abbattimento e distruzione delle carcasse, lettiere, mangime e letame dei capi presenti nell'azienda, il divieto su tutto il territorio regionale di svolgere fiere, mostre e mercati con avicoli.

Il ministero della Salute, ha quindi varato misure per evitare il propagarsi della malattia nel Nord Italia, ossia dal Veneto al Piemonte, passando per Lombardia ed Emilia Romagna: le regioni dove è concentrata la maggioranza dei polli italiani

Libia.

Quattro persone sono morte nei giorni scorsi in Libia dopo aver contratto il virus dell'influenza aviaria. Lo ha confermato il ministero della Salute del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, aggiungendo che una quinta persona e' ricoverata in ospedale a Tobruk, nell'est, con sintomi riconducibili a quelli del virus.

Tre delle quattro vittime sono morte a Tripoli e la quarta a Tobruk.

Il ministero non ha precisato di quale dei due ceppi conosciuti si tratti.

Una delegazione inviata dall'Organizzazione mondiale della sanità è arrivata oggi in Libia.

L'influenza aviaria (H5N1) ha causato, dal 2003, più di 400 morti, principalmente nel sud-est asiatico.

Un altro ceppo della stessa influenza l'H7N9, scoperto nel 2013, ha ucciso invece più di 170 persone.

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La Grecia sembra fare il battistrada. Incredibile, in Grecia, patria della democrazia diretta nata ad Atene nel 508 con la riforma politica promossa da Clistene e successivamente consolidata con le riforme di Efialte e Pericle, il primo ministro Samaras durante una "intervista" alla TV di stato, rilanciata tante volte come una vera e propria propaganda allarmista in vista del 'voto di fiducia' finale di lunedì, si è scatenato nella serie di commenti più insani e disgustosi di cui sia mai stato capace.

 

"Non è questione di ciò che sia bene per me o per Nuova Democrazia. E' meglio per il paese che non ci siano elezioni anticipate."

Tyler Durden, 27 Dicembre 2014 per Zero Hedge così la traduce : non avete bisogno di nessuna fetente democrazia, abbiate fiducia in noi – i vostri governanti benevoli – perché noi faremo ciò che è meglio per il popolo greco.

* LE ELEZIONI ANTICIPATE GETTERANNO LA GRECIA NEL CAOS, DICE SAMARAS (e la BCE)

* SAMARAS: IL PIU' GRANDE PROBLEMA DELLA GRECIA E' L'INCERTEZZA POLITICA: (lasciate perdere la disoccupazione giovanile, la povertà, e i tassi di suicidio, e l'emigrazione giovanile alle stelle)

* SAMARAS DICE CHE QUESTO E' IL MOMENTO DI LASCIAR LAVORARE IL PARLAMENTO (ignorate le grida di dolore del popolo, votate per i burocrati dell'Unione Europea)

E con il partito greco (anti-UE) Syriza ora in vantaggio di 2.5 punti percentuali negli ultimi sondaggi, non c'è da stupirsi che Samaras stia tirando fuori le minacce sul "caos" che ne seguirebbe. "Il popolo greco non vuole le elezioni", rimprovera.

Per "popolo greco", si suppone che egli intenda i “burocrati europei non eletti”.

Ci chiediamo se la Grecia non stia semplicemente facendo il battistrada per quanti altre nazioni sia sulla strada di rendersi autonome rispetto alla burocrazia euro tedesca

Parliamo di quella burocrazia allargata anche al FMI di Lagarde che pretende di imporre le sue amare medicine

In Grecia lo stipendio base è di 400 euro eppure nessuno ha investito e si sono avute solo privatizzazioni di industrie pubbliche : questa è la verità!

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Nella foto la ipersvalutazione della Repubblica di Weimar, quando per comprare un kg di pane occorreva una carriola intera di marchi.

 

Quando si stampavano tagli da 100.000.000.000.000 di marchi, quando con un dollaro americano si comprava 4200 miliardi di marchi( novembre 1923)

Scrive Jeremy Warner sul Telegraph:

“Di tutte le instabilità che preoccupano gli investitori internazionali – dalla caduta del prezzo del petrolio al collasso del rublo e al rallentamento dell'economia cinese, che ora si sta velocemente trasformando in una crisi sistemica dei mercati emergenti – la Grecia è quella che li preoccupa di meno.

Se per caso sei un greco, oppure se possiedi obbligazioni greche, ovviamente sei molto interessato agli ultimi eventi, ma per la maggior parte del mondo esterno essi sembrano un problema isolato e in gran parte irrilevante, diversamente dal tracollo greco del 2011/12, che ha portato l'intera eurozona vicino al collasso. Questa è storia passata, ora eclissata dalla più grave minaccia di una fuga di massa dai mercati emergenti, gravati da eccessivi debiti in dollari.

Le cose sono piuttosto cambiate da allora - o almeno questo è ciò di cui si sono autoconvinti i leader dell'eurozona - il sistema bancario è più forte, e ci sono meccanismi per prevenire il contagio derivante da un default greco o da un’uscita greca dall’euro, tra cui – fondamentale - il fondo di acquisto dei titoli di stato della Banca Centrale Europea.

Con una certa malignità,  in effetti alcuni accoglierebbero con favore un tale sviluppo, ritenendo che servirebbe da avvertimento per gli altri, ridando energia ai programmi di riforma malamente impantanati e spingendo la BCE a mettere da parte le sue divisioni per imbarcarsi in un QE su vasta scala.

Si tratta di un’ipotesi quasi convincente, ma anche eccessivamente ottimista e che sottovaluta molto la capacità degli eventi di uscire fuori controllo. Una volta che una reazione a catena è avviata, è difficile da fermare. Nell’ambito di una struttura intrinsecamente instabile e interdipendente come la moneta unica, fermare la reazione può essere quasi impossibile, persino se si dispone di tutte le armi di cui dispone la BCE. La natura politica della rinnovata crisi della Grecia rende il tutto ancora più imprevedibile.

In sostanza la Grecia, e un certo numero di altre nazioni dell'eurozona, hanno in realtà urgentemente bisogno di uscire dall'euro - ma non nel modo politicamente caotico che si verificherebbe nel caso di una vittoria elettorale di Syriza. Essere costretti a uscire a causa di un fallimento unilaterale sarebbe un risultato profondamente distruttivo.

Non siamo, naturalmente, ancora in questa fase, e credo che forse non ci si arriverà. Se si arrivasse alle elezioni, l'attuale vantaggio  di Syriza nei sondaggi probabilmente svanirebbe non appena i greci dovessero rendesi conto della situazione e valutassero le conseguenze di uno sviluppo di questo tipo.

crisi-grecia

Ma ammettiamo che Alexis Tsipras, leader di Syriza, ne esca vittorioso, cosa succederebbe? Non c’è quasi nessuna probabilità che il resto dell'eurozona possa accettare un'altra ristrutturazione del debito greco, e assolutamente nessuna possibilità se Syriza dovesse perseguire seriamente il resto della sua agenda politica, compresa la retromarcia sui tagli a salari e pensioni, riforme strutturali e così via.

Tuttavia, il Signor Tsipras sembra pensare di poter ottenere quello che vuole semplicemente minacciando ancora una volta di far saltare l'euro. Se l’approccio ha funzionato in passato, può funzionare ancora, egli immagina. Ma si sbaglia. Se il resto dell'eurozona pensa di essere sufficientemente preparato a resistere a un default greco senza incidenti significativi, il suo bluff verrà chiamato. Quindi il Signor Tsipras dovrà fare del suo peggio o fare la figura dell’uomo di paglia.

Un momento dopo il ripudio dei debiti, la BCE rifiuterebbe di rinnovare il sostegno di liquidità al sistema bancario greco, che ammonta a circa 40 miliardi di € in questo momento, una somma equivalente al 20% del PIL greco. Questo causerebbe un altro crollo della produzione e richiederebbe una rapida uscita dall'euro, in modo da permettere alla Banca Centrale Greca di “attivare la stampante” per colmare la carenza di fondi e pagare le bollette del governo.

La nuova moneta crollerebbe di valore, l'inflazione salirebbe e ben presto i greci sarebbero in una situazione simile al completo collasso economico descritto nel terrificante libro di Adam Fergusson sull'iper-inflazione della Germania di Weimar– "Quando i soldi muoiono".

Il Signor Tsipras pensa di poter fare default e rimanere nell'euro, pensa di poter, per dirla in un altro modo, ripudiare i suoi debiti e allo stesso tempo mantenere il valore del suo patrimonio. Purtroppo, non funziona in quel modo. Le due cose vanno di pari passo.

Questo non significa che il signor Tsipras si sbaglia a cercare un’ulteriore ristrutturazione del debito. Non c'è alcuna possibilità per la Grecia, o  per diverse altre economie della periferia dell’eurozona, di ripagare i propri debiti. Per la Grecia, questo succederà, con o senza la bislacca agenda politica del signor Tsipras. Solo le nazioni creditrici del Nord si rifiutano di riconoscere questa realtà. La situazione attuale è completamente insostenibile.

Una nuova ricerca dell'agenzia di rating Standard & Poor sostiene con forza questa tesi. Nonostante cinque anni di aggiustamenti e ricalibrature indotti dalla crisi, gli squilibri di debito all'interno dell'Eurozona sono di fatto peggiorati, non migliorati. S & P stima che Spagna, Italia, Grecia e Portogallo – le 4 nazioni con maggiori debiti esteri dell'Eurozona – saranno debitori di un totale di 1.850 miliardi di € verso non residenti entro la fine del 2014, rispetto agli 875 miliardi di un decennio prima. I disavanzi delle partite correnti sono stati sostanzialmente chiusi a livello aggregato, ma all'interno dell'Eurozona essi persistono a livelli relativamente alti, causando un continuo aumento dell’inter-indebitamento.

In ogni caso, l'euro non sembra offrire a questi paesi alcun modo credibile per uscire dai guai. Quando la Grecia e gli altri paesi in via di sviluppo sono stati velocemente integrati in quella che era allora la Comunità Economica Europea, è stato essenzialmente per ragioni politiche e strategiche, per promuovere la democrazia, la non-aggressione, l’integrazione europea e i valori liberali. Queste erano nobili ambizioni. La grande ironia è che, con l'avvento dell'euro, esse sono state ribaltate. L'Unione Europea oggi sta producendo l'effetto contrario. Instabilità e frammentazione hanno sostituito il consenso e la cooperazione.

5stelle fuorieuro

La sfida per i leader europei è quella di riconoscere i propri errori, smettere di trattare l'euro come una sorta di  simbolo del progresso e della modernità donato da Dio e iniziare un processo di reintroduzione di tassi di cambio liberamente fluttuanti per le parti dell’eurozona che ne hanno bisogno. Poiché correggono gli squilibri nel commercio, nei debiti e nella competitività, i movimenti dei tassi di cambio forniscono un meccanismo naturale di mercato per ciò che i politici sembrano incapaci di raggiungere attraverso la negoziazione e politica pubblica. Gli aggiustamenti di valuta provocano anche automaticamente le necessarie perdite ai creditori.

La situazione richiede l'emergere di politici consapevoli, moderati, pronti ad articolare queste realtà, quello che Keynes chiamava un periodo di "spietato svelamento della verità". Ora che è praticamente tornata ad un’eccedenza delle partite correnti e ad un bilancio primario in pareggio, la Grecia è di nuovo in grado di finanziarsi internamente. Fatta correttamente e con il sostegno del FMI, un’uscita della Grecia dall'euro non deve essere necessariamente quel caotico disastro minacciato dall'elezione di Tsipras, ma un nuovo inizio per un'economia portata sull’orlo della catastrofe dalle follie di grandezza dell’Europa.

Si tratta di una possibilità realistica? Non nel prossimo futuro, purtroppo. Jeremy Warner”

E l’Italia, dove va?

 

In Italia l'iniziativa del Movimento 5 Stelle per uscire dall'Euro

il link: http://www.beppegrillo.it/fuoridalleuro/

 

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