Mario Monicelli in vita è stato sicuramente una delle pochissime voci coraggiose della cultura italiana.Nel cinema italiano e non solo veniva definito il padre di tutti gli indignati e forse il personaggio più scomodo insieme a Pier Paolo Pasolini.Monicelli, un Romano de Roma è stato uno dei più geniali registi della cinematografia mondiale. Uno dei massimi esponenti della commedia all'italiana, che contribuì a rendere nota anche all'estero con film come Guardie e ladri, I soliti ignoti, La grande guerra, L'armata Brancaleone e Amici miei e ognuno dovrebbe almeno una volta nella vita vedere il Suo “I Compagni” del 1963.
Ho incontrato Monicelli un paio di volte nei corridori di Viale Mazzini 14 della Rai. In una gli sentii dire a qualche dirigente della Rai: “Beh bisogna vedè che storia, ci sono storie brutte, storielle, storiacce. Il fatto di essere storia non è mica una cosa positiva di per sé!”.E aggiungeva: “Gli italiani vogliono sempre qualcuno che pensi per loro. Inoltre, in maniera pacata diceva: “I nostri intellettuali, come pure gli artisti, sono poco coraggiosi. Lo sono sempre stati. Sono stati 20 anni sotto un governo fascista ridicolo con un pagliaccio che stava lassù. Avete visto quello che ha combinato: ci ha dato un impero, ci ha mandato le falangi romane lungo via dell’impero; ha fatto le guerre coloniali, ci ha mandato in guerra. Eravamo tutti contenti perché c’era uno che guidava lui, pensava lui: Mussolini ha sempre ragione! Lasciamolo lavorare! Tutti stavano buoni e zitti”. Anche prima di togliersi la vita sosteneva che gli italiani son rimasti gli stessi e continuano a dire “Vedete c’è questo grande imprenditore, c’è questo imprenditore che ha detto: lasciatemi governare, votatemi perché io mi sono fatto da solo, sono un lavoratore, sono diventato miliardario, vi farò diventare tutti milionari. Benissimo! Hai voglia! E avanti! Sono 15 anni che tutti quanti aspettano, che credono. Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro e poi se va bene va bene, se va male poi l’impiccano a testa sotto. Questo è l’italiano”, sempre prontoa chinare il capo pur di mantenere il posto, di guadagnare; a sopraffarci, a intrallazzare. Uno la prima cosa che fa è di mettersi d’accordo con un altro per superare le difficoltà. “Non c’è nessuna dignità da nessuna parte, perciò sto parlando. È proprio la generazione che è corrotta, che è malata, che va spazzata via, non so da che cosa, non so da chi o, meglio, io lo saprei, ma lasciamo andare…”
Per Monicelli la speranza era ed è una trappola, una brutta parola, che non si dovrebbe mai usare. Era ed è una trappola inventata dai padroni. La speranza è sempre appartenuta “a quelli che dicono che Dio…state buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà. Intanto, perciò, adesso, state buoni: ci sarà un aldilà. Così dice: state buoni, tornate a casa. Siete dei precari, ma tanto fra 2 o 3 mesi vi riassumiamo ancora, vi daremo il posto. State buoni, andate a casa e…stanno tutti buoni. Mai avere speranza: la speranza è una trappola, una cosa infame inventata da chi comanda”.
Monicelli non sapeva come sarebbe finita la nostra storia. Si augurava, prima di buttarsi in silenzio da una finestra dell’ospedale San Giovanni di Roma, chefinisse in una specie di…quello che in Italia non c’è mai stato: “una bella botta, una rivoluzione che non c’è mai stata in Italia. C’è stata in Inghilterra, c’è stata in Francia, c’è stata in Russia, c’è stata in Germania, dappertutto, meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo italiano che è sempre stato asservito. Sono 300 anni che è schiavo di tutti e, quindi, se vuole riscattarsi…il riscatto non è una cosa semplice: è doloroso, esige anche dei sacrifici, sennò vadano in malora, come già stanno andando da tre generazioni”.
Gigino A Pellegrini & il fantasma di G el Tarik