Nel circo globale a comandare sono i buffoni, innaturali e incapaci di un sorriso, e di far ridere. Gli stranieri, i colleghi, la vicina di casa, lo sconosciuto sul tram, il tizio che ti taglia la strada, spesso sopportare le altre persone non è affatto semplice. Siamo tanti, troppi e il contatto con gli altri può diventare un fastidio. E non solo gli sconosciuti, a volte anche i genitori, i figli e addirittura il partner fanno venire voglia di rinchiudersi in un manto protettivo di solitudine. A tale proposito, si dice che la solitudine può insegnarci più cose rispetto a qualsiasi compagnia. Anche se siamo creature sociali e abbiamo bisogno dell’interazione per crescere e imparare a vivere. Spesso la solitudine è il prezzo della libertà, ma non per questo deve essere considerata negativa.
Un uomo di cultura, dell’appena passato secolo, ha cercato di capire perché l’essere umano non riesce a liberarsi dalle catene che lo affliggono da millenni. Erich Fromm era arrivato a delle conclusioni che, certamente miravano a far riflettere e stimolare l’umanità a ribellarsi a questo suo stato di segregazione.
“L'uomo crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura. Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni e le decisioni comportano rischi.° l’uomo avrebbe paura della libertà. Perché dovrebbe “decidere” e questo comporterebbe ovviamente dei rischi.
Se invece rimane , come lo è di fatto, sottomesso ad una autorità allora, gli rimane solo la religiosa “speranza” che l'autorità gli dica ciò che è giusto fare. E ciò vale tanto più se c'è un'unica autorità, come è spesso il caso (Tutte le dittature, anche quelle camuffate da “liberal-democrazie”), che decide per tutta la maggioranza “silenziosa” ciò che è utile e ciò che è nocivo. Gli uomini che non la pensano così, chiaramente non sono ben “accetti” Vengono additati come “estremisti”. La cosiddetta società non li vuole.
E poi quali sono i criteri su cui può basare le sue decisioni? L´uomo è abituato che gli si dica cosa deve pensare anche se gli si dice che deve essere veramente convinto di ciò che pensa. Ma l'uomo sa che questo è un trucco, perché ci si aspettano da lui cose ben determinate. Ciò dipende dalla situazione sociale. Deve cioè pensare ciò che è più utile al funzionamento della collettività, non deve pensare ciò che può essere dannoso o che crea troppe frizioni. Certo, deve poter fare un po’ di critica affinché non pensi che non abbia critiche da fare, ma ciò deve essere limitato, in modo che non vada sabbia negli ingranaggi.”
E questo perché, Questi uomini, pochi, vanno in giro “vaneggiando” nello spiegare che lo scopo del Potere non è realizzare l’uomo; lo scopo del potere costituito è il profitto del capitale investito. Almeno fino a pochi decenni fa. Con l’avvento della nuova tecnologia digitale, il potere costituito ha introdotto delle nuove varianti che non contemplano il profitto. La cosa interessante è il rapido decadimento di questa prospettiva, oggi la grande emergenza planetaria non è più la crescita della popolazione mondiale, ma la sua implosione.
I grandi cambiamenti, nella storia dell’umanità, hanno causato spesso enormi discriminazioni e hanno creato fratture profonde tra coloro i quali erano pro e colori i quali erano contro. Basti pensare all’invenzione della carta e agli innumerevoli detrattori a favore del papiro.
Gli stessi uomini, ciascuno nel proprio campo del sapere, hanno scritto e continuano a farlo, dicendo che l'uomo è sempre stato capace di conformarsi a qualsiasi tipo di potere, perfino alla dittatura più estrema, chinando il capo in cambio di miseri contentini: cibo, giochi, e il consumismo in generale.
Le cose, in una società globalizzata e capitalista, non sono più associate ai fini pratici, al loro utilizzo, a creare appartenenza a gruppi elitari, a riempire di superficialità le insoddisfazioni e, molto evidente, le profonde carenze culturali in cui siamo sprofondati.
Mai come oggi si era raggiunto un livello di schiavitù mentale di così vaste proporzioni, un controllo di massa attuato in maniera così effimera e allo stesso tempo arguta, da impedire all'individuo di essere libero di pensare.
Potrebbe essere giunto il momento di chiedersi se questa forma di schiavitù sia dovuta esclusivamente alla bravura del Potere di lobotomizzare, attraverso distrazioni di massa al punto tale da impedire alle persone qualsiasi atto di ribellione, o all'incapacità di molti individui che, per mancanza dei mezzi necessari, non comprendono il reale funzionamento del sistema socio-economico di cui fanno parte, oppure si tratta della "paura della libertà" come la definiva Erich Fromm, oppure ancora se sia semplicemente indifferenza ed alienazione a tutto ciò che accade intorno all’uomo.
Probabilmente la risposta sarà data da tutte queste cose messe insieme , come un veleno che scorre nelle vene della maggior parte delle persone che le persuade ad accontentarsi di ciò che hanno, pensando che magari potrebbe andar ancora peggio di così e che tutto sommato non stanno poi così male. Questo veleno ha solo un antidoto: la forza analitica, e non solo, delle persone che può condurle verso la conoscenza di se stessi e del sistema in cui sono immerse, con il conseguente desiderio di aspirare ad un mondo migliore di quello nel quale vivono. Probabilmente, solo mettendosi in gioco continuamente e di rischiare di perdere tutto che si può percorrere la strada verso una autentica libertà; a tutti gli altri non resta che chinare la testa e uniformarsi alle regole del sistema, possibilmente senza lamentarsi troppo.
Gli esseri umani dovranno fare uno sforzo enorme per far finta di non capire che l’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione delle persone dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dal potere economico e dal suo braccio operativo, le amministrazioni politiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire alle persone d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere le persone impegnate, impegnate, impegnate, senza lasciar loro il tempo per pensare, mentre tornano dal lavoro verso la propria casa o verso il bar più vicino. L’interesse del potere costituito è che l'individuo si uniformi agli altri, abbia gli stessi gusti e le stesse aspirazioni degli altri e solo in questo modo diventa facile ingabbiarlo nel vortice della schiavitù: Lavorare, Guadagnare, Consumare. Perseguendo questo stile di vita imposto dall'alto, si arriva a fine giornata senza il tempo e le risorse necessarie per "pensare". L'obiettivo dell'oligarchia è proprio questo: privare le persone del tempo per pensare. Il metodo che viene utilizzato è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte della maggioranza delle persone, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi(l’Italia è maestra in questo) con lo scopo che il popolo sia chi richiede leggi più restrittive sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà e addirittura costringendolo ad atti di razzismo. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici tanto cari alla liberal-democrazia in tempo di vacche grasse. Tutto questo sta portando l’umanità verso l’Agorafobia. Un termine composto: deriva dal greco agorà che significa piazza. Nella Grecia classica l’agorà era il luogo degli incontri fra i cittadini liberi e phòbos che significa appunto paura. Quindi, presa alla lettera la definizione sembra essere molto precisa: l’agorafobia è la paura di essere o di divenire liberi.
Certamente la definizione dell’agorafobia come paura della libertà rimane molto generica e non priva di contraddizioni: ma libertà da cosa? “Se si considera il fenomeno con più attenzione, la condizione di angoscia e di panico agorafobico si realizza non solo in senso generico, cioè avvicinandosi a spazi e luoghi aperti, ma anche in senso specifico, allontanandosi quindi da quei luoghi o quelle persone che integrano l’identità del soggetto. Infatti si può vivere una sensazione agorafobica anche da soli a casa, nel momento in cui si percepisce la propria radicale solitudine e l’assenza di consueti rumori di riferimento.
Un esempio di questo è lo sviluppo orizzontale delle città, come si può osservare nelle città dell’Ovest canadese. Questo tipo di esperienza indica che l’oggetto dell’angoscia non è la libertà intesa in senso generico. Questa angoscia sembra essere la paura della umanità di trovarsi in situazioni da cui non sia possibile fuggire né ricevere aiuto in caso di pericolo.
È una condizione complessa che non riguarda solamente, come comunemente si crede, la paura degli spazi aperti. L’oggetto dell’angoscia agorafobica è la libertà intesa come isolamento dal proprio contesto umano di riferimento. In realtà non si teme quello che c’è fuori di sé, ma di perdere il controllo della situazione e di sé stessi, di non riconoscersi più se si cambia rotta. Se per arrivare al miliardo di persone c’è voluto dall’inizio dei tempi fino ai primi del
XIX secolo, oggi per aggiungere un miliardo di esseri umani agli abitanti del mondo bastano solo 13-14 anni. Si stima che la popolazione mondiale toccherà i 9,2 miliardi entro il 2050, a seconda dei tassi futuri di natalità e di mortalità. Quest'ultimo aspetto interessa molto chi gestisce il mondo.
Gigino A Pellegrini & G elTarik