Proverò a raccontare la strana storia di un uomo maldestro. G soffriva e soffre di una rara malattia genetica autosomica chiamata la “Sindrome di De Clerambault” in psichiatria è un tipo di disturbo delirante in cui il paziente ha la convinzione infondata e ossessiva che un'altra persona provi sentimenti amorosi nei suoi confronti.
Una delle sfortunate conseguenze di questa sindrome è stata la successiva comparsa deformata dell'individuo, che potrebbe portare il Nostro ad una netta sensazione di isolamento. Inoltre, la sindrome i De Clerambault, quasi sempre è stata mal diagnosticata perché presenta una gamma infinita di sintomi, e a volte è stata trattata in maniera inappropriata.
G alla ricerca di una soluzione, concepì un progetto che contemplava un viaggio che gli avrebbe fatto attraversare l'Atlantico e il Pacifico, al fine di costituire un gruppo di sostegno e contribuire a riunire e sensibilizzare scienziati, medici e malati d’Amore come lui.
Durante il viaggio su di una nave mercantile, G ebbe modo di riflettere sull’influenza della malattia sulla propria persona e sulle persone a lui care. "Potrei far fronte ad essa sapendo di essere solo io a soffrirne”, ma rendersi conto che senza volerlo la stessa stava avendo degli effetti negativi anche su altre persone, lo rendeva ancora più triste.
In mancanza di una cura, G decise di aver fiducia in un nuovo trattamento: 'la terapia fotodinamica', in grado, così si diceva in giro, di ostacolare l’oblio a cui questa sua sindrome lo avrebbe portato come ultimo approdo. In realtà la terapia era nata per far fronte alla cheratosi, ma gli era stato detto da varie fonti, che altre applicazioni erano possibili per far fronte alla strana malattia che assillava M.
La terapia sopracitata fa uso di soluzioni chimiche applicate sulle cheratosi e di speciali fonti luminose. Impiegata anche per altre condizioni dermatologiche (come acne, lesioni da invecchiamento cutaneo e persino lesioni tumorali), si basa su due azioni: quella di sostanze farmacologiche applicate sotto forma di crema e le radiazioni luminose. Insieme sono in grado di produrre una reazione ossidativa a carico delle sole cellule malate permettendone l’eliminazione e la loro progressiva sostituzione con cellule sane.
G, svegliatosi una mattina molto presto nella propria piccola cabina del mercantile che l’aveva preso a bordo, uscito dalla cabina, si trovò davanti ad una rosa di Natale senza nessun biglietto d’accompagnamento. G non desiderava una rosa a Natale più di quanto potesse desiderare la neve a maggio.
G aveva una predilezione per l’uso intensivo di modelli retorici, il costante ricorso a parallelismi e comparazioni, come strumenti d’indagine e l’impiego di tali artifici stilistici e semantici quali mezzi espressivi. Ciò assunse una funzione critica: “smascherare” l’utilizzo convenzionale di tali caratteristiche formali in stridente contrasto con le forme di espressione dei “veri sentimenti”.
Tutto ciò si dipanò in estrema ed efficace sintesi nella forma, nella struttura di questo suo Amore, che venne scambiato per null'altro che frivolezza; ma allorquando G si rivelò definitivamente in tutta la pienezza dei suoi sentimenti, un altro messaggero gli comunicò la notizia della morte di quel sentimento.
Una volta compresa la sincera natura del sentimento del nobile G , una donna avrebbe potuto metterlo alla prova con un decennio di eremitaggio, alla fine del quale, se il proponimento fosse rimasto immutato, a G sarebbe stato consentito di amare, una volta curato dalla strana sua malattia.
Se G avesse scritto della bellezza degli occhi di una donna, e cantare con nuovi versi tutte le sue grazie, il Futuro si sarebbe pronunciato dicendo che G poeta mente, perché mai un volto ebbe tali sembianze sulla terra. "Ama chi ti ama, non amare chi ti sfugge. Ama quel cuore che per te si strugge". Questa citazione è molto spesso attribuita a William Shakespeare, ma si tratta di una semplice facezia di un autore sconosciuto. Tuttavia nell'opera del grande drammaturgo inglese “Le allegre comari di Windsor”, esiste una frase molto simile citata da Shakespeare come adagio: "L'amore fugge come un'ombra l'amore reale che l'insegue, inseguendo chi lo fugge, fuggendo chi l'insegue"
L’Amore che porta scompiglio, sconvolgimento, mette sotto sopra la mente quanto il fisico di G, lo affatica e, in alcuni casi, lo arresta in un limbo di impotenza, di morte della ragione, di follia.
Niente di surreale, niente di inventato dagli animi vaganti di poeti d’altri tempi. Amare G o odiarlo, entrambi sarebbero a suo favore. Se lo si amerà, sarà per sempre nel cuore di lei; se lo si odierà, sarà sempre nella sua mente. G avrà sempre un cuore che si agita in petto, che sembra scalpitare ed uscire fuori dalle poche parole scritte su un papiro d’altri tempi, e a distanza di secoli batterà ancora come se un unico sentimento, una comunanza viscerale di sensazioni, tenesse legato tutto il genere umano, poeti e meno poeti.
Il sentimento amoroso e i suoi sintomi, sarà sempre lo stesso. Qualcosa di crudo, reale, che si radica nei sensi e non ha niente di trascendente: fuoco che brucia sotto la pelle, orecchie che ronzano, fronte bagnata di sudore e pallore improvviso.
Gigino A Pellegrini & G elTarik