Ho rivisto il film 'I Basilischi' degli inizi degli anni '60, di Lina Wertmüller. E' un documento sociologico, in bianco e nero, oltre che cinematografico. Girato a Minervino Murge, in Puglia, mostra una popolazione, soprattutto di giovani "combattuta" si fa per dire, tra l’emigrazione per trovare lavoro ed il desiderio di non staccarsi dalle proprie tradizioni e dal proprio territorio. Ritratto di una generazione di vitelloni meridionali che si perpetua dunque ed in questo senso la visione del film mostra, più di tanti racconti, la cultura che blocca certe aree del Sud. Questa pellicola rappresenta in maniera efficace la mentalità di paese, ma di paese meridionale. I giovani protagonisti sono affetti, come molti ancora oggi, da una inettitudine e una pigrizia che è tipica, è un ritornello, una consuetudine. In questa vita trascorsa tra nostalgie politiche e nuove spinte di rivoluzione sociale, il massimo a cui un giovane di paese può aspirare è laurearsi e tornare a casa, per poi attenersi agli schemi sociali prestabiliti; sposarsi, avere qualche figlio, ecc. Al contrario una via di scampo fa capolino come in passato, quella di andare via, fuggire da tale situazione e tentare di riscattarsi, ma non tutti hanno realmente questa voglia e coraggio nell'affrontare l'ignoto futuro.
Molti Calabresi hanno preferito relegare l’Ulisse in loro, negli spazi più reconditi della loro anima. Del loro carattere. Si scoraggiano facilmente lasciando che tutto scorra, accantonando la ricerca del senso perduto.
Gli è sfuggita l’immagine della terra che li ha partoriti: la “Magna Grecia”, una delle maggiori culture d’Italia e del mondo, la terra dei filosofi sulla quale per primo l’uomo vide che la somma dei quadrati sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa.
“Un poeta non è un uomo normale! Egli vede il colore del vento, ascolta il tramonto del sole, odora i cirri, gusta il sapore del cielo e tocca il canto dell’usignolo… Quel giorno il vento aveva un intenso color Bleu! Di tanto in tanto si chetava, si chinava sull’enorme tavolozza dello Stretto, rubava ad essa un po’ di tinta non ti scordar di me e fuggiva contento, come un uccello che abbia il becco pieno”. Kazimiera Alberti
Il Meridionale ha abbandonato la ricerca della propria identità personale, ha perduto il senso di appartenenza alla propria cultura lasciandogli orme indelebili da ripercorrere di quella grande civiltà che fu la Magna Grecia e che lo condurrebbe a riscoprire la propria identità autentica. Tracce che lo accompagnerebbero verso la Sila ‘greca’, ricca di vestigia del mondo classico, che gli permetterebbe di raggiungere il giusto equilibrio per una serenità nella propria vita che però richiede impegno e rottura con il “bene” e la “sicurezza” che lo avvolge e circonda fin dalla più tenera età.
Ci si mette molto tempo per diventare giovani, diceva Pablo Picasso. Oggi quest’affermazione necessita un aggiornamento radicale, dato che si impiega molto tempo, troppo tempo, per diventare adulti.
Oggi, non essere consapevole di tutto questo e di quello che sta succedendo alle nostre non più libere esistenze e collocarle presso la loro reale concessione o dono corrisponde al non capire chi veramente siamo in un contesto non creato da noi e nel quale ci viene ‘accordato’ di vivere.
Gigino A Pellegrini & le spalle di G elTarik sulle quali piangere.