Stavo riflettendo, in particolare su alcune cose che mi venivano “spiegate” qualche giorno fa da una persona che stimo moltissimo e mi consigliava: "Osserva di più e lascia stare i poeti…". E così ho pensato di scrivere quanto segue e chiedendo, a chi avrà l’incoscienza, la coscienza e la costanza di leggere, una spassionata opinione. Niente di particolarmente impegnativo e pesante, e certamente non obbligante. La “discussione” alla quale mi riferivo verteva, fra l’altro, sulla paura, l’isolamento come traguardo. La lontananza può essere una fonte di guarigione che rende la vita degna di essere vissuta. Il parlare è spesso un tormento e si potrebbe sentire il bisogno di molti giorni di silenzio, senza ospitare la futilità delle parole.
Jean-Paul Sartre diceva: “Se sei triste quando sei da solo, probabilmente sei in cattiva compagnia”. Il termine solitudine, oggi più che mai, viene infatti associato a quello di isolamento e abbandono. Non potrebbe essere altrimenti. Oggi stiamo vivendo una pandemia che ci sta privando di tutto ciò che ci rende umani; l’abbraccio, i baci, le carezze, il contatto fisico. La solitudine può venire a farci visita durante le nostre fasi di crescita, o meglio durante quelle tappe evolutive grazie e all’ interno delle quali riusciamo a consolidare le nostre certezze.
Tra queste tappe abbiamo sicuramente quella dell’adolescenza, una fase questa fondamentale, delicata che porta con sé molti cambiamenti sia a livello fisico che psicologico e sociale.
Non da meno è la fase della prima giovinezza o quella della mezza età o ancora quella della vecchiaia, che sicuramente porta con sé la necessità di consolidare ed accettare determinati cambiamenti.
Insomma la solitudine come la si intende oggi, potrebbe non essere negativa. Anzi, sarebbe uno spazio che ci si può concedere per avanzare nella nostra crescita e non ha necessariamente a che a vedere con l’abbandono, la tristezza.
“E allora non è notte se ti guardo in volto, e perciò non mi par di andar nel buio, e nel bosco non manco compagnia perché per me tu sei l'intero mondo. E come posso dire d'esser solo se tutto il mondo è qui che mi contempla?”. William Shakespeare.
Sarà malinconia, sarà solitudine, ma recentemente è uno di quei periodi in cui sarebbe meglio tirare dritto e ricordare poco e niente... e invece si ricorda, e si ricorda anche meglio dei bei ricordi. Si ricordano tutte le sensazioni... le orribili percezioni: la tristezza, l'angoscia, la mancanza.
Allora pascola sulle labbra; e se le troverai asciutte, girovaga più in basso, “dove si trovano le fontane del piacere”. Ancora Shakespeare
Gigino A Pellegrini & G elTarik