Il panettone della costa Tirrenica calabrese lo vogliono e lo amano tutti. Se non ce l’hai per Natale sei uno sfigato.
La cittadina calabrese di Amantea spopola, rubando lo scettro ai signori pasticceri delle nebbie lombarde. Tutti gli Amanteani hanno deciso di “creare” panettoni. Panettoni a bizzeffe sfornati non solo da pasticceri ma da impiegati, muratori, maestri elementari, meccanici, disoccupati, contadini e venditori. Saranno oltre 500.000 panettoni ad essere immessi sul mercato.
Perché mai? Cosa è successo di fondamentale in questi ultimi anni? Cosa o chi ha spostato inesorabilmente il baricentro del dolce lievitato a latitudini più meridionali?
Sì, perché che vi piaccia o no, è successo: quest’anno, per dire solo l’ultima in ordine cronologico, l’artigiano salernitano Sal De Riso ha indossato la corona da Re Panettone , mentre Vincenzo Tiri da Potenza si è aggiudicato il nostro personale tributo del cuore.
Città misteriosa, Amantea; intrigante, di truffe e imbrogli ma anche di radicate tradizioni. Città nella quale un’usanza natalizia d’origine calabro-magrebina raggruppa intorno al ciocco di Natale il meglio del cucuzzaro.
Davanti al camino nel salone principale del Castello (ex meraviglioso castello), il Capoccia bagnerà con il vino il grande tronco che deve durare fino all’Epifania. Sempre il capoccia taglierà 3 pani, di cui una fetta sarà conservata fino al prossimo Natale come simbolo di continuità.
La storia Amanteana del panettone è avvolta nella leggenda o meglio nelle leggende. Si narra di un amore non corrisposto tra il cacciatore Ughino di Lago e la bella MariaConcetta, figlia di un fornaio. Per conquistarla, Ughino si fa assumere dal panettiere come garzone. Il panettiere è in crisi, per cui Ughino decide di vendere due dei suoi fucili da caccia per acquistare burro, uvetta, zucchero, uova, cedro e arancia canditi.
Il pane che ne viene fuori, risolleva le sorti del forno e il fornaio dà a Ughino le chiavi per il cuore di MariaConcetta. È stato così che il panettone ha lasciato la sua vecchia residenza per trasferirsi in tutte le case calabresi con un forno a disposizione; abbandonando la storia lombarda, un tantino banale che narra come fino al 1395, i panettieri di Milano potevano produrre pani da ricchi, ossia tutti quelli di frumento, solo a Natale (ne era escluso il Prestino dei Rosti, fornitore dei più abbienti). Per Natale, quindi, c’era l’usanza di consumare pani di qualità e il panettone ne fu la naturale evoluzione.
Ho provato a capire il perché di questo ribaltamento di ruoli, poi alla fine ho fatto spallucce e ho capito che, per rispondere a questioni annose come questa, ci vogliono dei maghi.
Oggi, però, qualche Amanteano ha cominciato a chiedersi come faranno i suoi concittadini a vendere le migliaia di panettoni prodotti nella città di Amantea che ha spodestato Milano?
Uno di questi miei concittadini, il cugino Perego, ha deciso di mettere su un’attività di distribuzione temporanea su tutto il territorio calabrese per smaltire le centinaia di migliaia di panettoni.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik